Turchia attacca i curdi di Afrin. Grave bilancio di morti e sfollati


Nena News


Oggi a Vienna nuovo round di colloqui tra governo siriano e opposizione.


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E’ salito ad almeno 32 il numero dei civili siriani uccisi dall’inizio, sabato scorso, dell’offensiva militare turca, nota con il nome di ‘Ramoscello d’ulivo’, contro l’enclave curdo-siriana di Afrin. Lo riferiscono fonti locali. A questi, secondo le fonti, si aggiungono almeno 90 combattenti, tra cui 42 delle Ypg, le Unità popolari curde,  e 48 miliziani siriani pagati e armati dalla Turchia (sono rimasti uccisi anche tre soldati turchi). Oltre 5000 sono i civili sfollati. Numeri che non frenano Ankara che sta dispiegando nuove truppe al suo confine con la Siria e inviando altri blindati e carri armati (in gran parte di fabbricazione tedesca). Il premier turco Binali Yildirim riferisce un bilancio di vittime persino più grave. Afferma che dall’inizio dell’offensiva, “sono stati neutralizzati” (uccisi, feriti o catturati) più di 300 combattenti delle Ypg.

Nel pomeriggio il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il capo di stato maggiore Hulusi Akar e lo stesso Yildirim faranno il punto sull’offensiva oltre confine. Il governo turco ha smentito il contenuto del resoconto fatto ieri dalla Casa Bianca riguardo un colloquio telefonico avvenuto tra Donald Trump e Erdogan.  “Non riflette fedelmente” il contenuto della discussione secondo Ankara. Invece  la Casa Bianca sostiene che Trump avrebbe chiesto a Erdogan di “ridurre e limitare l’azione militare” contro i curdi.

Nel pieno di questa nuova crisi in Siria che vede Ankara puntare di nuovo le sue armi pesanti contro il popolo curdo, prendono il via oggi a Vienna due giorni di colloqui mediati dalle Nazioni Unite nel tentativo di dare una soluzione negoziata alla crisi siriana. I negoziati di Vienna seguono gli otto round di colloqui tentati dall’Onu a Ginevra, l’ultimo dei quali a dicembre, senza che mai le parti in conflitto, il governo di Damasco e i rappresentanti dell’opposizione (in gran parte) islamista, riuscissero a parlare tra di loro. Il nodo apparente, dietro il quale si celano di interessi di diversi Paesi, non solo arabi, è il futuro di Bashar Assad di cui i ribelli islamisti chiedono l’uscita di scena immediata nonostante il presidente sia sostenuto da milioni di siriani ed appaia in controllo della situazione sul terreno. I rappresentanti del governo perciò si rifiutano di incontrare la controparte fino a quando non cambierà idea a proposito. Diverse componenti dell’opposizione siriana seguono le indicazioni che ricevono dall’Arabia saudita, il loro sponsor principale e nemica giurata di Assad.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, ha dichiarato ieri che i negoziati di Vienna che prevedono “delegazioni complete” dell’opposizione e del governo e che il “momento è molto, molto critico”. Nasr el Hariri, portavoce della Commissione siriana per i negoziati legata a Riyadh, ha affermato che i prossimi due giorni saranno “un vero test per tutte le parti”. Secondo il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian i colloqui di Vienna rappresentano “l’ultima speranza” per raggiungere una soluzione politica. Da parte sua il presidente Vladimir Putin ha lanciato un’iniziativa diplomatica parallela russa con la conferenza del prossimo 30 gennaio a Sochi. Di questo, tra l’altro, hanno discusso ieri al telefono il ministro degli Esteri Sergey Lavrov e il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson.

Nena News

25 gennaio 2018

 

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