Torture, scosse con elettrodi, violenze


Huffington Post


Il rapporto Amnesty international sui sit-in pro Morsi.


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squadronipromorsi

Torture, scosse con elettrodi, grida di donne violentate, avversari uccisi a coltellate. Questo succede nei cosiddetti sit in “pacifici” dei sostenitori del defenestrato presidente egiziano Mohamed Morsi. Quello che aveva anticipato il ministero dell’interno egiziano è ora oggetto di un’indagine e di un primo rapporto sintetico di Amnesty International firmato da Hassiba Hadj Sahraoui, vice direttrice per il Medio Oriente e per l’Africa Settentrionale.

Dal 28 luglio sono arrivati all’obitorio del Cairo otto corpi che presentano segni evidenti di tortura. Almeno cinque sono stati trovati vicino ai due sit in permanenti dei Fratelli Musulmani, quello di fronte alla moschea Rabaa al-Adawiya e quello di piazza Nadha, a poche decine di metri dall’Università della capitale.

Mastour Mohamed Sayed, 21 anni, ha raccontato ad Amnesty che il suo gruppetto, una ventina di giovani, è stato assalito il 5 luglio nell’area di Rabaa al-Adawiya. La squadraccia islamista indossava caschi integrali da moto ed era armata di mitra e di coltelli. Qualcuno è riuscito a fuggire. Mastour e altri compagni di convinzioni laiche sono stati catturati: “Ci urlavano infedeli, ci hanno trascinato all’interno del perimetro del sit in trascinandoci per i piedi e ci hanno ammucchiato sotto il podio. Mi hanno picchiato con sbarre e sottoposto a scariche elettriche. Ho perso conoscenza diverse volte. Avevo le mani legate. Ero bendato, ma riuscivo a intravedere le sagome delle persone. Ho sentito le grida di una donna quando, come a me, le infliggevano la corrente con gli elettrodi. Poi una voce femminile ha ordinato di spogliarla. Io ho gridato che era “haram”, che stavano commettendo un peccato. Mi hanno colpito di nuovo alla testa. Ho visto due uomini barbuti che entravano nella stanza dalla quale arrivavano le urla della donna. Ho udito altre grida…”.

Sul pavimento, ha raccontato Mastour, c’era un lago di sangue. Le retate di seguaci del campo che si oppone a Morsi sono avvenute di solito dopo gli scontri più gravi con i fan dell’ex capo dello stato. Karam Hassan, 48 anni, un abitante di Giza, è sparito il due luglio. Miliziani in armi della Confraternita lo hanno rapito e portato in un luogo sconosciuto dopo i tafferugli fra i cittadini del quartiere e i sostentori di Morsi accampati a piazza Nadha. Il suo corpo è stato trovato dalla madre nell’obitorio di Zenhoum il 10 luglio.

Era coperto di lividi e di ustioni nel torace, nella schiena, sulle braccia e sulle gambe. Era stato colpito con un coltello e aveva il cranio fratturato. Secondo Ahmed al-Kelly, un vicino di casa che era con Karam quando è stato sequestrato, i miliziani della Fratellanza sparavano sugli abitanti del quartiere. A conferma della testimonianza ha mostrato due buchi di proiettile su un muro e un pick up sforacchiato dalle pallottole.

Hassan Sabry, 20 anni, ha riferito di essere stato trascinato da barbuti muniti di armi nei giardini Oumran, vicino al sit in di piazza al-Nadha. “Mi hanno legato i polsi – ha raccontato – con fili di plastica e mi hanno picchiato su tutto il corpo con un bastone. Due miei compagni perdevano sangue. A uno hanno tagliato la gola. L’altro è stato colpito con un coltello finché non è spirato. Io mi sono lasciato cadere a terra e ho finto di essere morto. Ho trattenuto il respiro. Hanno creduto che fossi crepato anch’io e mi hanno buttato in una discarica con gli altri due corpi ormai senza vita. Così mi sono salvato”.

Hassiba Hadj Sahraoui giudica queste accuse “molto serie e meritevoli di approfondimenti immediati”. Gli animatori egiziani della campagna “Sono contro la tortura” hanno denunciato ad Amnesty che undici persone sono decedute per effetto delle sevizie dei fan dell’ex presidente dall’inizio della crisi. Queste storie dell’orrore spiegano i retroscena di una recente richiesta del movimento Tamarrod, “i ribelli”, l’organizzazione che ha raccolto 22 milioni di firme per la destituzione di Morsi. Il primo agosto il portavoce Mahmoud Badr aveva invitato il segretario generale della Lega Araba Nabil al-Araby ad appoggiare l’iniziativa intitolata “Piazze senza armi”. “I sit in muniti di strumenti di offesa – aveva denunciato – sono inaccettabili. Trasformarli in arsenali e intimidire la gente è insopportabile. Così come non è lecito usare i bambini come scudi umani”.

Fonte: www.huffingtonpost.it
3 agosto 2013

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