Tagli alla sicurezza ma la Difesa tace


Andrea Fabozzi


È di circa 850 euro al mese lo stipendio di un caporale degli alpini, uno qualsiasi dei quattro uccisi in Afghanistan. La missione garantisce invece tra i 25 e i 30mila euro di guadagno supplementare, in sei mesi.


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Tagli alla sicurezza ma la Difesa tace

È di circa 850 euro al mese lo stipendio di un caporale degli alpini, uno qualsiasi dei quattro uccisi ieri in Afghanistan. La missione garantisce invece tra i 25 e i 30mila euro di guadagno supplementare, in sei mesi. Soldi indispensabili per convincere un soldato in ferma prolungata – che non ha alcuna garanzia di mantenere il lavoro alla scadenza dei quattro anni e che anche in caso venisse confermato si troverebbe per i prossimi tre anni con lo stipendio bloccato – a rischiare la vita.
Servirebbero soldi anche per garantire la sicurezza dei soldati in Afghanistan ma le ultime due manovre economiche hanno tagliato un miliardo l'anno alla difesa. Non agli investimenti per l'acquisto di sofisticati sistemi d'arma, ma alle spese generali e al reclutamento. Ragione per cui il ministro La Russa ha cominciato ad annunciare l'invio in Afghanistan dei veicoli blindati Freccia due anni fa – il 28 ottobre 2008, hanno ricostruito il deputato radicale Maurizio Turco e il segretario del partito per i diritti dei militari Luca Comellini – ed è effettivamente riuscito a spostarne 17 nella zona di Shindand solo a luglio scorso. Non i 250 previsti dal programma di acquisto, non i 54 effettivamente ordinati, ma solo i 17 realmente pagati. Risultato: ieri gli alpini italiani erano ancora a bordo del veicolo tattico leggero Lince che non ha resistito all'esplosione.
La Russa ha persino cominciato a mettere in dubbio il programma di sostituzione dei Lince. «Dobbiamo valutare – ha detto -, il Freccia ha meno mobilità e velocità». Raggiunge i 105 Km/h com'è stato spiegato alla parata delle forze armate a Roma, dove il Freccia era in bella mostra. Più che sufficienti per un'operazione come quella che ieri è costata la vita ai soldati italiani, la scorta a una colonna di settanta camion.
Il governo ha trovato i fondi per la mini naja che stava a cuore a La Russa e alla ministra Meloni (20 milioni di euro in tre anni), e ha trovato i fondi per mandare i militari a fare lezione nelle scuole lombarde per «avvicinare gli studenti alle forze armate» (parte delle spese a carico degli studenti). Ma a marzo per risparmiare ha dimezzato la durata dei corsi di indottrinamento propedeutici alle missioni all'estero. Da due settimane a una. Racconta un sottufficiale dell'aeronautica che ha frequentato uno di questi corsi nella sede del Terzo Stormo, l'aeroporto di Villafranca a Verona (dobbiamo concedergli l'anonimato): «In una settimana ci hanno "insegnato" di tutto, dal diritto umanitario alle regole d'ingaggio a nozioni sull'Islam. Alla sicurezza sono stati dedicati due giorni». E in uno di questi giorni, uno soltanto, si è parlato proprio degli ordigni improvvisati: i micidiali Ied che hanno colpito ancora ieri.
«Il corso – racconta il sottufficiale – si basa su una simulazione estrema. Si tratta di trovare uno di questi ordigni lungo un percorso di 2,5 chilometri, sapendo in partenza che effettivamente c'è, è lì nascosto. Nella pratica in Afghanistan si affrontano spostamenti di 300 Km senza nessuna certezza. In più, non avendo mezzi Lince né tanto meno Freccia, il nostro finto convoglio procedeva a bordo di semplici veicoli militari che permettono una perfetta visibilità del suolo. Ovviamente uscendo da quel corso nessuno di noi si sentiva più sicuro – continua il sottufficiale – e in effetti i colleghi che sono già in Afghanistan mi hanno raccontato che in pratica si comportano diversamente. Se si avverte un pericolo la prassi non è più quella di fermarsi e recintare l'area ma semplicemente si torna indietro». Così ai militari in partenza per Herat, Kabul e Shindand è capitato di ricevere consigli molto banali: «Se durante uno spostamento vi accorgete che una strada in genere affollata, magari dove si tiene un mercato, resta invece deserta, state allerta perché potrebbe trattarsi di un agguato».
La situazione è questa, dunque non c'è da stupirsi che per la difesa sia diventato difficile riuscire a coprire i turni della missione in Afghanistan. La disoccupazione resta il miglior alleato dei reclutatori che ultimamente sono stati costretti a spedire in guerra anche i volontari senza esperienza, quelli arruolati per solo due o tre anni. Ma il sistema più sicuro per coprire i buchi è quello di considerare disponibili per le missione in Afghanistan tutti quelli che in passato si erano offerti per una missione all'estero, magari molto meno pericolosa come in Kosovo o in Bosnia. Una volta data la disponibilità a partire non si può più recedere, a meno di non voler rischiare un procedimento disciplinare. E visto che non ci sono i soldi per garantire la sicurezza e la paura aumenta, il governo si è preoccupato di impedire ogni possibile manifestazione di dissenso, vietando ai soldati qualsiasi dichiarazione pubblica su qualsiasi argomento «collegato al servizio», praticamente su tutto. È una disposizione entrata in vigore con il nuovo codice militare giusto ieri, mentre morivano altri quattro caporali.

Fonte: il Manifesto

10 ottobre 2010

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