Sud Sudan. Migliaia in fuga dalla guerra


Alessandra Muglia - Corriere della Sera


«La gente del Sud Sudan soffre la fame mentre il governo compra armi del valore di 14,5 milioni di dollari dalla Cina».


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An internally displaced man holds his son inside a United Nations Missions in Sudan (UNMIS) compound in Juba December 19, 2013. South Sudanese government troops battled to regain control of a flashpoint town and sent forces to quell fighting in a vital oil producing area on Thursday, the fifth day of a conflict that that has deepended ethnic divisions in the two-year-old nation. REUTERS/Goran Tomasevic (SOUTH SUDAN - Tags: POLITICS CIVIL UNREST)
Una catastrofe umanitaria tra le peggiori al mondo si sta consumando in sordina, lontano dagli occhi del mondo, nel più giovane Stato della Terra, il Sud Sudan. Sono due milioni e mezzo gli sfollati, in fuga da una feroce guerra civile con nessun porto franco. Migliaia i profughi massacrati anche nei posti dove avevano cercato rifugio: il campo Onu, chiese, moschee. La metà dei suoi 8 milioni di abitanti sono oggi a rischio fame e malattie, 50 mila bambini potrebbero morire per mancanza di cibo prima della fine dell’anno. Una crisi umanitaria tra le peggiori al mondo, classificata dall’Onu come «livello 3», lo stesso di quella siriana: eppure non è tra le priorità della comunità internazionale, meno interessante da un punto di vista economico e strategico rispetto a conflitti come quello in Ucraina. L’allarme è stato lanciato da tutte le ong sul campo, da Intersos a Medici senza Frontiere.

È la logistica la maggiore preoccupazione dei soccorritori. I «bisogni sono tanti e i tempi strettissimi — spiega George Fominyen, portavoce a Juba del Programma alimentare mondiale— Le riserve alimentari devono essere predisposte nei prossimi 4 mesi perché poi ripartono le piogge e il Paese diventerà di nuovo impraticabile».
Un Paese al collasso. A due anni dall’indipendenza, ottenuta nel 2011 dopo un conflitto ventennale ingaggiato per separarsi dal nord, è iniziata una guerra di potere tra il presidente Kiir e il ex suo vice Riek Machar che ha riaperto antiche divisioni etniche tra Dinka e Nuer, alimentate dalla lotta per il petrolio di cui la regione è ricca. Non deve illudere il nuovo piano di pace firmato lunedì scorso ad Addis Abeba con la mediazione dell’Igad (l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo). Primo, perché i due leader non hanno ancora raggiunto un accordo su come condividere il potere nel periodo di transizione: una nuova tornata di colloqui inizierà il 14 febbraio. Secondo, perché ci sono già state tre intese che sono diventate presto carta straccia. Scettico il segretario dell’Onu Ban Ki-moon: «Il Sud Sudan non avrà pace finché il presidente Kiir e il leader dei ribelli Riek Machar non metteranno i bisogni dei civili davanti ai propri». Detta con il vignettista Khalid Albaih: «La gente del Sud Sudan soffre la fame mentre il governo compra armi del valore di 14,5 milioni di dollari dalla Cina».

Fonte: www.dirittiglobali.it

5 febbraio 2015

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