Sri Lanka, bombe su ospedali


Junko Terao


Cinquanta morti è il bilancio del bombardamento di ieri sull’ospedale di Mullivaikal, nella ‘no fire zone’. E’ il 30simo attacco contro le strutture sanitarie stracolme di feriti. Intanto, l’ambasciatore di Colombo in Italia chiede al governo di non concedere asilo ai Tamil srilankesi, anche se non direttamente legati all’Ltte, perchè "contrari alla pace".


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Sri Lanka, bombe su ospedali

Erano sopravvissuti agli attacchi dell’esercito dei giorni scorsi, ma il bombardamento di ieri sull’ospedale di Mullivaikal, dove erano ricoverati, non li ha risparmiati. Sono una cinquantina le vittime civili del nuovo sciagurato raid dell’esercito srilankese sulla ‘no fire zone’, denominazione ormai grottesca ma che continua ad essere usata per indicare la zona dei combattimenti tra esercito e ribelli dell’Ltte (Esercito di liberazione del Tamil Eelam), nell’estremo nord dell’isola. Perchè il governo di Colombo, che nega ogni responsabilità nelle morti civili, continua ad assicurare che “i militari hanno smesso di usare le bombe e l’artiglieria pesante” e che l’esercito si sta limitando ad avanzare nel fazzoletto di giungla dove, dicono, sono asserragliate le teste dell’Ltte, incluso Vilupillai Prabhakaran, il leader fondatore delle Tigri tamil, che latita da oltre 18 mesi. Ma le bombe continuano a cadere, senza risparmiare nemmeno gli ospedali. Quello di ieri è il sesto attacco in tre mesi subito dalla struttura sanitaria di Mullivaikal. L’ultimo e il peggiore per numero di vittime risale al 2 maggio scorso, con un bilancio di 68 morti e 87 feriti. Secondo una stima di Human rights watch, da dicembre sono stati almeno 30 gli attacchi contro gli ospedali della regione di Vanni, dove si combatte. Proprio ieri un’imbarcazione del Comitato internazionale della Croce rossa avrebbe dovuto evacuare i feriti dall’ospedale, dove mancano cibo e medicine, ma l’operazione di soccorso non è stata possibile a causa dei pesanti combattimenti. Non sembra un caso che gli attacchi dell’esercito non risparmino gli ospedali stracolmi di civili feriti: le parole pronunciate ieri dall’ambasciatore srilankese in Italia, Hemantha Warnakulasuriya, sono eloquenti. L’ambasciatore ha chiesto al governo italiano di adottare misure “molto restrittive e severe” riguardo alle richieste di asilo politico da parte degli srilankesi di etnia Tamil, perchè “ostacolano la pace” nel paese. “Anche se non sono coinvolti nelle azioni dell’Ltte, – ha dichiarato – quei cittadini sostengono le azioni dei terroristi e sperano che non si arrivi mai alla stabilità che toglierebbe loro i requisiti per chiedere asilo in Europa”. Il ministero della Difesa di Colombo assicura che a loro “non risulta nessun incidente” all’ospedale e ad ogni modo esclude che l’esercito possa esserne responsabile. Come, del resto, non sarebbe responsabile del massacro dello scorso fine settimana, oltre 400 morti e 1200 feriti. La tattica del governo di Sri Lanka pare ormai chiara: le Tigri sono allo stremo, non potranno resistere ancora per molto, tanto vale continuare a negare l’evidenza, anche perchè la comunità internazionale alza la voce ma, almeno per ora, non prende iniziative concrete. Al Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunitosi ieri in via informale, le posizioni di Cina e Russia, seguite da Vietnam e Giappone, contro una presa di posizione sul conflitto rimangono irremovibili. Una volta finita la guerra, sarà l’ora della ricostruzione e, finalmente, i difensori delle vittime civili – Gran Bretagna, Francia, Stati uniti, Onu – potranno dedicarsi ai pochi sopravvissuti alla carneficina. Allora le porte di accesso al nord del paese, adesso blindatissime, saranno aperte.

Fonte: lettera22.it
13 Maggio 2009

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