Spesa militare: nessun diritto di veto, ma dovere di voto del Parlamento


Giorgio Beretta - unimondo.org


Lo afferma con chiarezza un comunicato della Rete italiana per il disarmo in vista del Consiglio Supremo di Difesa convocato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per domani mercoledì 19 marzo.


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Secondo la nostra Costituzione nessuno ha “diritto di veto”, ma sicuramente il Parlamento ha il “dovere di voto”. Lo afferma con chiarezza un comunicato della Rete italiana per il disarmo in vista del Consiglio Supremo di Difesa convocato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per domani mercoledì 19 marzo. La Rete italiana per il Disarmo ricorda come “il luogo deputato e naturale a definire qualità ed entità della spesa per armamenti italiana, oltre che un Modello di difesa del nostro paese sia il Parlamento”.

All’ordine del giorno del Consiglio Supremo di Difesa di domani – si legge nel comunicato del Quirinale – oltre all’evoluzione della situazione internazionale e dei principali scenari di crisi, figurano infatti le “criticità relative all’attuazione della Legge 244 di riforma ed impatto sulla Difesa del processo di revisione della spesa pubblica in corso” e un confronto su “criteri, orientamenti e tempi per l’elaborazione del Libro Bianco della Difesa”.
L’entrata a gamba tesa del Quirinale

E proprio a conclusione di un precedente Consiglio Supremo di Difesa, il Quirinale aveva emesso un comunicato nel quale, trattando della Legge 244 di “riforma dello strumento militare”, per quanto attiene “alle necessità conoscitive e di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate” rilevava che “tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’Esecutivo”. Un modo, nemmeno troppo velato, per mettere un chiaro veto sull’attività e sulle facoltà del Parlamento in materia di difesa.

La presa di posizione del Quirinale venne duramente criticata da autorevoli costituzionalisti, tra cui Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Consulta il quale, senza mesi termini, aveva commentato: “Chissà chi sono i consulenti giuridici che hanno avallato le affermazioni del Consiglio supremo di difesa, che svuotano i compiti del parlamento in materia di sicurezza e politica estera? Un regresso di due secoli, a quando tali questioni erano prerogativa regia”.

Anche la Rete italiana per il disarmo aveva prontamente preso posizione chiedendo al Parlamento “un sussulto di dignità e dimostri la sua centralità su un tema fondamentale come quello della Difesa della Patria”. Una richiesta che Rete Disarmo ribadisce nel comunicato odierno nel quale ricorda che il Parlamento, “nel corso degli ultimi mesi e diversamente da quanto accaduto per anni, ha positivamente iniziato ad occuparsi del tema delle spese militari con una inedita azione approfondita”. “Si tratta – aggiunge la nota – di un’azione da ampliare e consolidare: la nostra Rete esprime invece forte preoccupazione di fronte all’ipotesi di blocco di tale dinamica da parte di veti politici o di prese di posizione di organi che non hanno competenza legislativa o esecutiva in merito.
La revisione dello strumento militare spetta al Parlamento

La Legge delega 244 del 31 dicembre 2012 dispone che sia il Parlamento ad avere l’ultima parola sulle spese militari straordinarie deliberate dal governo e su quelle ordinarie (“gravanti sugli ordinari stanziamenti di bilancio”) che sono destinate “al completamento di programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali”. Lo spirito della legge è quello di realizzare “un sistema nazionale di difesa efficace e sostenibile, informato alla stabilità programmatica delle risorse finanziarie e a una maggiore flessibilità nella rimodulazione delle spese”. In poche parole, lo scopo della Legge 244 è quello di non far lievitare le spese militari, rendendo più semplice la loro razionalizzazione.

Rete Disarmo evidenzia perciò quali siano le vere “criticità” relative all’attuazione della legge 244 che prevede dei piccoli e primi meccanismi di controllo parlamentare sulle acquisizioni armate. “Attualmente a deputati e senatori vengono forniti dati incompleti ed in ritardo: va ricordato come l’ultimo Documento di Programmazione Pluriennale sia stato pubblicato ad aprile 2013 con dati aggiornati al 31/12/2011 e senza fornire nelle schede di ciascun sistema d’arma qualsivoglia elemento di dettaglio utile ad un’analisi seria”. Al riguardo Rete Disarmo ricorda il caso del programma per il caccia Eurofighter, “con un costo aumentato di oltre 3 miliardi in un anno senza che sia stata fornita alcuna giustificazione documentale in merito”.

Rete Disarmo esprime inoltre l’auspicio che “la discussione che si avrà nel punto riguardante l’impatto sulla Difesa del processo di revisione della spesa pubblica in corso significhi che si cercherà di trovare il modo per rendere più efficienti le nostre Forze Armate con una giusta e congrua riduzione della loro dotazione finanziaria. E non certo, al contrario e come invece pare auspicato da più parti, come l’ennesimo tentativo di evitare un taglio alle risorse: evenienza che per altri comparti di spesa pubblica non solo è già in corso ma è risulta essere stata decisa e pesante negli ultimi anni”.
Caccia F-35: “Forse finalmente si è aperta una stagione nuova”

Rete Disarmo ribadisce inoltre che è “assolutamente urgente iniziare il percorso di discussione e ridefinizione del Modello di Difesa del nostro Paese: una richiesta che la nostra Rete avanza da anni e sulla quale registriamo positivamente la disponibilità di lavoro espressa di recente dal Governo (in particolare per voce del Ministro Pinotti) oltre che dal Parlamento”.

Nei giorni scorsi, infatti, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, in una intervista a SkyTG24 (qui il video) ha affermato che sulla questione degli F35 “è lecito immaginare una razionalizzazione, si può ridurre e rivedere”, ma prima “bisogna chiedersi che difesa vogliano, quale tipo di protezione ci può servire. C’è un impegno assunto dal governo, aspettiamo la fine dell’indagine conoscitiva per prendere le decisione”. Il ministro ha però già annunciato la “chiusura di 385 caserme con la creazione di una task force per gestirne la vendita”.

Una dichiarazione che Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo, ha positivamente salutato. “Forse finalmente si è aperta una stagione nuova. Sembra che si siano resi conto di quello che noi diciamo da anni” – ha commentato Vignarca in un’intervista al sito Vita.it. “Se prima non decidiamo che forze armate vogliamo non possiamo decidere se ci servano 150mila, 160mila o 60mila soldati. Questo perché i tagli di Di Paola, ministro di Monti, erano tagli lineari dovuti al fatto che le spese italiane sulla Difesa sono in gran parte rappresentate dalle spese di personale. Ecco spiegata la ratio di quelle soluzioni. Bisogna rivederle”.

E in merito al programma dei cacciabombardieri F-35, Vignarca evidenzia non solo che “è un programma impostato male dall’inizio”, ma soprattutto tutta una serie di falsità che la campagna “Taglia le ali alle armi” ha puntualmente smascherato: “Si è detto – nota Vignarca  – che non è possibile uscire dal programma a causa delle penali. Falso: non dobbiamo pagare nessuna penale. Si è detto che i caccia avranno un ritorno economico superiore all’investimento. Falso: il ritorno economico non supererà il 20%. Si è detto che potrebbero creare più di 10 mila posti di lavoro. Falso: ne nasceranno al massimo 600. Si è detto che nessun Paese è uscito dal programma. Falso anche questo: Stati Uniti, Canada, Olanda, Turchia e Australia hanno rinviato, sospeso o posto dure condizioni al programma. E questo solo per semplificare”. Insomma c’è tutto lo spazio per il Parlamento per prendere seriamente in esame il tema. Consiglio Supremo di Difesa permettendo.

Fonte: www.unimondo.org
18 marzo 2014

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