Siria, ora la guerra è globale


Umberto De Giovannangeli


Primo scontro diretto tra Israele e Iran. Drone iraniano viola lo spazio aereo ebraico, F16 israeliano abbattuto dalla contraerea siriana


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
droneisraeliano

I caccia israeliani che abbattono un drone iraniano e colpiscono dodici obiettivi dei Guardiani della rivoluzione iraniani e delle forze lealiste in Siria. La risposta dell’esercito lealista siriano che abbatte un F16 dello Stato ebraico. È il primo scontro diretto tra Israele e Iran. La seconda guerra siriana è sempre più una guerra globale che vede impegnate direttamente potenze regionali e globali: Usa, Russia, Turchia, Israele, Iran, con l’aggiunta degli Hezbollah libanesi e, nella Coalizione anti-Assad a guida statunitense, l’Arabia Saudita e le milizie curde siriane dell’Ypg.

I comandi militari di Gerusalemme confermano l’attacco e avvertono: “Non vogliamo una escalation, ma Siria e Iran scherzano col fuoco”. Un fuoco che potrebbe far esplodere la polveriera mediorientale. Cronaca di guerra. L’aviazione israeliana ha colpito questa mattina “12 obiettivi siriani e iraniani in territorio della Siria”. Lo ha detto il portavoce militare israeliano, secondo cui “sono state centrate batterie dell’antiaerea siriana e 4 obiettivi iraniani che fanno parte della rete militare di Teheran approntata in Siria. Nel raid un F16 israeliano è precipitato. Da fonti militari si apprende che “Idf ha attaccato i sistemi di controllo iraniani in Siria da cui era stato lanciato il drone che ha violato lo spazio aereo israeliano. Il massiccio fuoco antiaereo ha abbattuto un F16, che è caduto in Israele. I piloti sono in salvo”.

Il drone di Teharan, e partito dal deserto siriano dalla zona di Tadmor, è stato rilevato dai sistema di allerta israeliana e i suoi spostamenti sono stati seguiti fino al momento dell’intercettamento. Il portavoce militare israeliano, colonnello Jonathan Conricus, ha spiegato che l’esercito ha colpito “il sistema di controllo iraniano che ha inviato il drone in Siria”. Secondo i media, la base da cui è partito il drone iraniano si trova a Tadmor, nel deserto siriano.

Da parte siriana c’è stata “una massiccia risposta di fuoco anti aereo”, che ha causato lo schianto dell’F16. “L’esercito – ha aggiunto il militare – continuerà ad agire contro ogni tentativo di infiltrarsi nello spazio aereo israeliano e reagirà con determinazione”. Le sirene di allarme sono state attivate negli insediamenti ebraici sulle Alture del Golan e anche nella zona di Beit Shean, nel nord della valle del Giordano. Secondo un portavoce di Tsahal l’Iran è “responsabile per questa grave violazione della sovranità israeliana”. Il portavoce ha confermato che il raid di risposta ha avuto successo perché è stato colpito “il sistema di controllo iraniano che ha inviato il drone in Siria”. Durante l’attacco, contro i velivoli israeliani sono stati lanciati numerosi missili di antiaerea. I piloti di un apparecchio hanno abbandonato il loro aereo, in base alle procedure. “I piloti sono atterrati in territorio israeliano dove hanno ricevuto cure mediche”, ha aggiunto la fonte militare, concludendo che sull’incidente è stata aperta un’inchiesta. Da parte delle autorità militari siriane, alleate con l’Iran, c’è la convinzione di aver “colpito più di un aereo israeliano” grazie alla contraerea entrata in azione durante “la nuova aggressione israeliana” contro una base della Siria centrale, recita un comunicato di Damasco.

Al di là delle ricostruzioni di parte, su ragioni ed effetti della battaglia aerea, una cosa è certa: l’internazionalizzazione della guerra siriana. Non più per procura, ma con la partecipazione diretta dei vari attori. In Siria si saldano e/o si ridefiniscono alleanze: da un lato, Russia, Iran, Turchia, nel fronte pro-Assad; dall’altro, Usa, Israele, Arabia Saudita. Ognuno degli attori protagonisti ha i suoi interessi che non sempre coincidono con quelli dei propri alleati: la Turchia, ad esempio, non vorrebbe tra i piedi Assad ma in questo momento il suo maggiore interesse è quello di sconfiggere le milizie curde siriane, armate dagli Usa, ad Afrin per dare un colpo mortale al disegno di un Grande Kurdistan e per realizzare un protettorato turco, presidiato dagli alleati dell’Esercito libero siriano, ai confini tra la Turchia e la Siria. Per far questo, Erdogan ha bisogno del sostegno di Mosca e di una non ingerenza delle forze lealiste siriane.

Più solida, sul piano strategico, sembra essere l’altra alleanza: Gerusalemme e Riyadh, infatti, non hanno mai nascosto di considerare l’Iran come la più grande minaccia nella regione, ancor più dello Stato islamico. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’erede designato al trono saudita, il principe Mohammad bin-Salman, hanno come priorità assoluta contrastare l’affermarsi della mezzaluna sciita sulla direttrice Baghdad-Damasco-Beirut: già da tempo è in atto una collaborazione a livello di intelligence tra i due Paesi ed è indicativo il fatto che nei giorni scorsi sia uscita la notizia, smentita blandamente da Riyadh, del permesso accordato dalle autorità saudite ad aerei con la stella di David per sorvolare lo spazio aereo saudita.

Quanto a Washington i raid Usa che hanno provocato oltre 100 morti tra le forze pro-Assad testimoniano che per l’amministrazione Trump la “red line” è stata superata e l’America, stavolta, non è restata a guardare, agendo a sostegno delle alleate milizie dell’Ypg e dimostrando che la presenza militare statunitense in Siria non solo non verrà meno ma è destinata a crescere e per un tempo indefinito.

In questo scenario da guerra internazionale, ogni appello per un cessate-il-fuoco per ragioni umanitarie, ultimo in ordine di tempo quello dell’Onu, è destinato a cadere nel vuoto. In Siria ha spazio solo la diplomazia delle armi. L’ambasciatore israeliano a Mosca Gary Koren in un’intervista a Interfax ha detto che Israele è pronto alle “misure più estreme” per evitare che la Siria e il Libano si trasformino in un avamposto militare iraniano. I media israeliani hanno sottolineato che è il primo caso di un intervento diretto dell’Iran contro Israele, senza passare per Hezbollah, Hamas o altri gruppi. “Siria e Iran stanno giocando col fuoco” ha avvertito il portavoce di Tzahal, precisando che le operazioni israeliane odierne avevano un “carattere difensivo” e ha così sintetizzato la sequenza temporale degli eventi: ore 4.30 locali (3.30 in Italia): un drone iraniano “in missione militare” viene intercettato e abbattuto presso la città israeliana di Bet Shean, a sud del Lago di Tiberiade. Un’ora dopo l’aviazione israeliana colpisce in Siria a Palmira (Tadmor) la base iraniana da cui era stato lanciato il drone. Contro gli otto velivoli israeliani, viene attivato un fuoco “massiccio” dell’antiaerea siriana. Al ritorno dall’incursione un aereo israeliano F16 si schianta in una zona disabitata nel Nord di Israele dopo che i piloti si sono lanciati dall’abitacolo. “È probabile che ciò sia da collegarsi al fuoco da terra, ma stiamo ancora verificando”. Uno dei piloti “è ferito in modo grave”.

Nella guerra internazionale tutti sono chiamati alle armi nei rispettivi campi. La Siria ha “un pieno diritto a difendere le proprie terre ogni volta che Israele ricorre ad aggressività nei suoi confronti – ha affermato a Gaza il portavoce di Hamas Fawzi Barhoum – è una reazione naturale all’attacco israeliano nel suo territorio, un’aggressione che peraltro continua da tempo”. Nel suo sito in ebraico il braccio armato di Hamas, Brigate Ezzeddin al-Qassam, fa intanto appello all’Onnipotente affinché “colpisca i sionisti e li elimini tutti, uno ad uno, fino a quando non ne restino più”.

Le alleanze si rinsaldano, e la risposta è unitaria. Ecco allora gli alleai del regime siriano, Russia, Iran, Hezbollah, smentire, in un comunicato del loro comando congiunto in Siria, la violazione dello spazio aereo israeliano da parte di un drone, ragione addotta dallo Stato ebraico per la sua rappresaglia. Nessun drone è penetrato “nello spazio aereo della Palestina occupata”, afferma il comando congiunto delle operazioni in Siria, denunciando le “menzogne” d’Israele. “Apprendiamo con grande preoccupazione i recenti sviluppi in Siria. Chiediamo a tutte le parti coinvolte moderazione e di evitare qualunque azione che possa aggravare la situazione”. Così il ministero degli Esteri russo commenta l’escalation militare in atto. “Consideriamo assolutamente necessario rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della Siria e degli altri paesi della regione”, aggiunge il dicastero in una nota pubblicata sul proprio sito, mentre il governo libanese presenta una protesta ufficiale alle Nazioni Unite per la violazione del suo spazio aereo da parte israeliana. E intanto ad Afrin, le milizie curde abbattono un elicottero da combattimento turco: “Pagheranno il prezzo per questo”, tuona Erdogan. I due soldati turchi a bordo del mezzo sono morti. La fine dell’Isis è l’inizio del peggio: il tragico paradosso mediorientale.

huffingtonpost

10 febbraio 2018

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento