Rai Med: l’esperienza della Redazione di Palermo


Giancarlo Licata, Responsabile Coordinamento Editoriale Tgr per Rai Med e di Tgr/Mediterraneo


Racconto di Giancarlo Licata, responsabile Coordinamento Editoriale Tgr per Rai Med e di Tgr/Mediterraneo.


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Rai Med: l’esperienza della Redazione di Palermo

Accetto con piacere l’invito di Flavio Lotti di raccontare dell’esperienza di Rai Med che ho vissuto fin dal primo momento. Tutto è cominciato nel 2000 quando il Direttore Generale Pierluigi Celli e il Presidente Roberto Zaccaria della Rai decisero, in raccordo con l’allora Ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale, di aprire a Palermo la sede di un nuovo canale, da diffondere anche in arabo. Per questo, al Teatro Politeama del capoluogo siciliano, vennero invitate le più importanti autorità della comunicazione italiana per mostrare come il Servizio Pubblico intendesse avviare la prima esperienza europea di canale bilingue, italiano e arabo. Un successo.

Molti si dissero pronti a collaborare. Anche il Presidente Mediaset, Fedele Confalonieri, si mostrò interessato a entrare in qualche modo in una esperienza che supportasse in una zona strategica, e vicina, l’azione di governo, economia e società italiana, ossia il “sistema Italia”, ma soprattutto riuscisse a far nascere un’ autostrada comunicativa con due corsie, una da nord a sud e l’altra nel senso inverso.

L’impresa non era essere facile perché da una parte occorreva ispirarsi ai nostri valori ma dall’altra bisognava aprirsi per trovare un punto di incontro, una “identità condivisa” –  come mi piace definirla –  nella quale potersi ritrovare per ricercare valori comuni e consolidati, a partire da cultura e società, invece di distruggere rapporti millenari, facendo emergere la paura, lo “scontro fra civiltà”, slogan infelice coniato dallo scienziato politico statunitense Samuel P. Huntington.

Dopo alcuni mesi – siamo a febbraio del 2001 – la Rai decise come si dovesse strutturare Rai Med. Innanzitutto ci sarebbe stato il Tg3 (allora era una testata unica che comprendeva la parte regionale ed era diretta da Nino Rizzo Nervo), poi Rai News 24 (diretta dal compianto Roberto Morrione) e Rai Sat che avrebbe fornito i programmi sottotitolati in arabo. Nella fase iniziale – che poi rimase tale e portò Rai Med all’asfissia e alla sua chiusura di fatto – avremmo trasmesso tre ore serali in doppia lingua. Dopo un anno, si sarebbe passati dalla fase sperimentale a quella definitiva come prevedeva il progetto presentato in pompa magna a Palermo. In pratica dei moduli di trasmissione di 4 ore che sarebbero stati aggiornati nella sola parte dei tg e poi mandati in onda nell’arco delle 24 ore.

Nel 2001, alle elezioni politiche, cambia governo e maggioranza. Il centro destra sostituisce il centro sinistra e la Rai comincia a cambiare pelle, come è sempre avvenuto. Il progetto resta nei cassetti, purtroppo viene etichettato come qualcosa fatta dal precedente Cda e non come un bene per il Paese. Dei sud del Mediterraneo si parla solo per i problemi legati alla immigrazione, all’intifada, alle tensioni e non di quelli sociali e di partenariato. Poi c’è stato l’11 settembre, l’attacco alle Torri Gemelle. La strage cambia repentinamente il mondo dell’informazione. La paura del terrorismo modifica l’approccio con tutto il mondo arabo. L’Italia poteva essere il vero collante fra due mondi, invece guardava, e guarda tuttora, con preoccupazione, e spesso con durezza, ciò che accadeva. Nel mondo dell’informazione internazionale comincia una vera rivoluzione: la Cnn nel mondo arabo perde il monopolio globale che va ad Al Jazeera, unica tv a raccontare le guerre e ospitare i proclami di Al Qaeda; le televisioni pubbliche in Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia, Cina, America, tutti con le parabole rivolte verso il Mediterraneo, aprono canali in doppia lingua (nazionale e arabo). Rai Med langue, nonostante la palma di prima a trasmettere.

Le altre televisioni riescono a mettere sul tavolo consistenti finanziamenti pubblici e privati per incidere in un mondo diviso: la guerra in Iraq e Afghanistan, le tensioni in altri Paesi (Libano, Palestina, Israele, Iran..), l’apparente tranquilla gestione della cosa pubblica nelle nazioni del Maghreb e persino in Siria, che riceverà anni dopo anche la visita ufficiale del Presidente Napolitano.

Noi per anni abbiamo dato una casa a storie e notizie utilizzando il metodo usato dal 1993 con «Mediterraneo», il settimanale coprodotto con France 3 e diffuso in 4 continenti in italiano, francese, greco e arabo, unico “prodotto giornalistico” occidentale che l’Asbu, il circuito delle televisioni che aderiscono alla Lega Araba, ogni settimana edita in arabo ad Algeri (Entv) e diffonde nella sua rete. La stessa logica editoriale l’abbiamo trasferita a Rai Med, con mezzi sempre più ridotti: ogni giorno un tg a rullo di 5 minuti sui fatti che altri non trattavano utilizzando le immagini dei circuiti internazionali e AnsaMed, poi l’approfondimento impiegando i corrispondenti della Rai nel ruolo di notisti o esperti e servendoci dei mezzi Rai già esistenti, circuiti in fibre ottiche, satelliti, in pochi casi anche il telefono (ex Gaza sotto embargo).

Ma nello stesso tempo ci siamo aperti anche alle esperienze degli altri, traducendo in italiano programmi di televisioni arabe che parlavano di fatti concreti come il lavoro precario, il sistema sanitario carente, l’ambiente (si possono trovare su http://mediterraneo.blog.rai.it/rai-med/).

Per nove lunghi anni, come accennavo, abbiamo raccontato ciò che avveniva, utilizzando sia i colleghi della Rai, da Pechino, al Cairo, Beirut, Istanbul, Gerusalemme, Madrid, Parigi, Nairobi, sia esperti sparsi nei paesi del Mediterraneo per capire, e far capire, che erano in corso processi importanti sotto il profilo sociale, cambiamenti che sono stati poi alla base delle primavere arabe, la grande rivoluzione del terzo millennio che noi possiamo raccontare solo con «Mediterraneo» e non più con Rai Med perché dal 1 luglio 2010 la Redazione di Palermo non trasmette più.

Eppure le primavere arabe dovrebbero far capire due cose importanti: il nostro futuro economico e imprenditoriale – che dovrà essere supportato dal Governo Italiano – sarà certamente legato proprio al nostro vicino sud (basta pensare alla ricostruzione della Libia, che ha bisogno di tutto: dalle case, alle scuole, alle autostrade, ai servizi essenziali); le rivolte arabe sono accadute proprio per il ruolo avuto dai social network e da televisioni come Al Jazeera e Nessma TV (Tunisia, Tarak Ben Ammar). Dopo le rivolte, anche le televisioni di stato arabe si stanno aprendo ai mercati, persino dove non è arrivato il vento delle sommosse.

Oggi il segnale televisivo solo nella sponda sud del Grande Mediterraneo raggiunge ben 400 milioni di persone. Nei prossimi vent’anni la popolazione crescerà di 90 milioni di persone. Oggi è un mercato pubblicitario stimato in quasi 25 miliardi di dollari, con una presenza di internet in 54 milioni di famiglie.

Non solo è importante raccontare ciò che di straordinario sta avvenendo “accompagnando” chi ha voluto la primavera in alcuni Paesi (senza voce “istituzionale” dopo il voto in Tunisia ed Egitto), ma è decisivo essere accanto al “sistema Italia” nel grande affare economico legato a ricostruzione e sviluppo nel sud del Mediterraneo (senza dimenticare le nuove fonti energetiche) che potrebbe farci uscire dalla pesantissima crisi economica. La televisione che arriva anche in lingua araba può avere un ruolo importante di stimolo, sostegno, rigore nelle proposte. Puntando sulla centralità del nostro Paese.

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