Pietre, lacrimogeni, contusi ad Al Aqsa. E le puntate precedenti


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Quattro palestinesi arrestati, decine di contusi tra i fedeli musulmani e i poliziotti israeliani. È il bilancio di un venerdì di scontri a Gerusalemme, nel cuore della Città Vecchia.


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Pietre, lacrimogeni, contusi ad Al Aqsa. E le puntate precedenti

Dopo la grande preghiera nella moschea di Al Aqsa, alcuni giovani palestinesi hanno lanciato pietre dalla Spianata delle Moschee sulla piazza sottostante, al Muro del Pianto. La polizia israeliana è allora entrata sulla Spianata, lanciando lacrimogeni. Molti i contusi. Gli scontri, poi, si sono spostati nelle zone di Gerusalemme est dove la frizione tra coloni israeliani e gli abitanti palestinesi è più forte, a Silwan e a Ras al Amud.

Fin qui la cronaca. Quello che in gergo si direbbe un breve lancio d’agenzia. Come forse l’avete trovata sui resoconti online dei grandi giornali. Questa, però, è solo una parte della storia. O meglio, solo l’ultimo episodio. Senza gli episodi precedenti, la storia non si riesce a comprenderla. Anzi, sembra quasi un fulmine a ciel sereno. E allora conviene fare un breve riassunto delle puntate precedenti, altrimenti non si fa del buon giornalismo.

Cos’è successo? È successo che da almeno due settimane, a Gerusalemme, la tensione tra israeliani e palestinesi, attorno ai diversi luoghi santi, ha raggiunto di nuovo livelli alti. Il Santo Sepolcro, a dire il vero, è fuori dalla tensione, nonostante disti solo poche decine di metri. È attorno alla Spianata delle Moschee che si concentra, come sempre, lo scontro.

A scatenare la tensione, la visita programmata del leader del Likud Moshe Feiglin alla Spianata delle Moschee, proprio nei giorni in cui la competizione tra Feiglin e Benjamin Netanyahu era al clou, in prossimità delle primarie del Likud. Feiglin e Netanyahu sono i due competitor (almeno per ora) del partito della destra israeliana. Feiglin rappresenta l’ala ancor più di destra, con grande seguito tra i coloni. La sua visita, però, era stata bloccata all’ultimo momento, il 12 febbraio scorso, dalla polizia israeliana, dopo che erano stati ritrovati volantini che chiedevano di “ripulire quel luogo dai nemici di Israele, e di ricostruire il tempio sulle macerie delle moschee”. Feiglin aveva subito detto che con quei volantini non c’entrava niente, ma nell’area culturale e politica che fa riferimento al popolo dei coloni la ricostruzione del Terzo Tempio ha parecchi seguici. Tanto è vero che nei giorni successivi, esponenti radicali israeliani erano entrati sulla Spianata, suscitando la reazione dura dei palestinesi.

Non ha dunque suscitato sorpresa, tanto meno tra le autorità di sicurezza israeliane, quello che è successo in un ‘normale’ venerdì di tensione a Gerusalemme. Un ‘normale’ venerdì che ha visto, però, un nuovo protagonista: twitter, e un hashtag, #alAqsa, cominciare a diventare virale, a causa di notizie incontrollate, foto vecchie di parecchi anni, video di qualche giorno prima. Il problema non è tanto il citizens’ journalism, perché i testimoni (credibili) che si trovavano dalle parti della Città Vecchia di Gerusalemme hanno, anzi, cercato di smorzare la tensione virtuale e di chiedere il controllo delle fonti. Il problema è stato chi ha rilanciato notizie, foto e video senza prima averle controllate… Ed ‘ questa la ragione per la quale, a illustrare questo post, non c’è nessuna foto di scontri. Ma, semmai, di contesto, di ambiente.

Sempre oggi, la polizia israeliana è intervenuta con lacrimogeni e bombe sonore nella Città Vecchia di Hebron, a poche decine di metri dalla Tomba dei Patriarchi, per bloccare una manifestazione in ricordo della strage compiuta nel 1994 da Baruch Goldstein, che uccise 29 fedeli palestinesi in preghiera nella moschea Ibrahimi. Una manifestazione, alla quale hanno partecipato palestinesi e internazionali, che chiedeva la riapertura di Shuhada street, chiusa dalle autorità israeliane ormai da anni. Sopra quella strada, il cuore della città vecchia di Khalil, c’è un insediamento di coloni radicali. E a farne le spese, i commercianti, gli abitanti, la vita normale dei palestinesi.

Fonte: http://invisiblearabs.com/
25 Febbraio 2012

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