Parigi e Roma, in scena l’Europa dell’esclusione


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Francia e Italia. L’Europa della doppia esclusione. Dagli eritrei respinti a forza verso i lager libici dal Governo italiano, ai rom rimpatriati dall’inquilino dell’Eliseo. Intervista a Christopher Hein.


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Parigi e Roma, in scena l’Europa dell’esclusione

«In questo modo – rileva Hein – si cerca di mascherare il fallimento delle misure di integrazione, specie nei confronti dei giovani immigrati. Ma quella imboccata da Sarkozy, e da altri in Europa, è una scorciatoia repressiva e di sicurezza illusoria».

La Francia ha iniziato il rimpatrio «volontario» dei rom. Qual è il segno di questo evento?

«Questa misura va inserita e letta all’interno di un pacchetto di provvedimenti annunciati da Sarkozy. Provvedimenti che vanno tutti nella stessa direzione…».

Quale?

«Far credere che con misure repressive si possano risolvere tanto i problemi di sicurezza del cittadino quanto il fatto che la Francia, come altri Paesi in Europa, deve far fronte al fenomeno dell’immigrazione. Mi riferisco anche all’annunciato annullamento della cittadinanza francese agli immigrati naturalizzati che hanno commesso gravi reati. Si creano così delle distinzioni tra cittadini di prima classe e cittadini di seconda. E ancora: di fronte all’evidente fallimento delle misure di integrazione, specie nei confronti di giovani immigrati, si dà l’illusione che un tale miscuglio fra aspetti penali e il fenomeno sociale dell’immigrazione, possa risolvere i problemi».

Scrive Le Monde: «In Europa c’è un club di ultras dove le politiche sulla sicurezza sono troppo influenzate dall’estrema destra: sono la Francia per le espulsioni dei rom, l’Olanda per l’islamofobia, la Svizzera per i minareti e l’Italia per il reato di clandestinità..». Che Europa è questa?

«Come ha ben detto Daniel Cohn Bendit in una recente intervista proprio a Le Monde, chi ha costruito la famosa “casa Europa” si è dimenticato delle “porte”. Una grave, colpevole dimenticanza. Oggi è fondamentale costruire “ponti” di ingresso regolare nella fortezza Europa…».

Questa è la speranza. Ma quale definizione è a sua avviso più calzante per descrivere cosa sia oggi l’Europa in rapporto a questo delicatissimo fenomeno dell’immigrazione?

«L’Europa della doppia Esclusione. In un duplice senso: esclusione di minoranze, come ad esempio i rom ma più in generale i gruppi deboli della società, e l’esclusione di chi vorrebbe entrare in Europa e si vede costretto a farlo in modo irregolare per mancanze di alternative».

Dall’Italia alla Francia. Cosa c’è dietro questa Europa della doppia esclusione?

«Da una parte c’è l'utilizzo dell’immigrazione come escamotage per deviare l’attenzione dai veri problemi economici e sociali di gran parte della popolazione. C’è poi la volontà di speculare, in buona tradizione populista, sulle angosce e le paure dell’elettorato, facendo credere che con la politica delle scorciatoie repressive e si sicurezza, si possa affrontare una delle grandi sfide di questa epoca, vale a dire l’inarrestabile processo di nuova composizione delle comunità nazionali in Europa. Nuova composizione comunque legata alle dinamiche, e alle richieste, del mercato del lavoro, dall’evoluzione demografica e dalla necessità dei sistemi sociali e di prevenzione».

In che modo, a suo avviso, in Francia come in Italia, dovrebbero agire su questo fronte le forze di opposizione?

«Non fermandosi alla condanna delle politiche governative, non nascondendo che ci sono davvero problemi di sicurezza, come anche di integrazione sociale, ma formulando programmi strategici, a medio e lungo termine, cominciando con le politiche educative e scolastiche. E contrastando l’esclusione con proposte coraggiose volte a superare le attuali chiusure, tanto delle frontiere esterne come nella vita quotidiana, ad esempio con una lungimirante proposta sul diritto di cittadinanza».

Tema di stringente attualità. Come declinare questo diritto?

«Con l’affermazione del principio del “ius soli”: il principio per cui chi nasce in Italia diventa cittadino italiano per diritto. Possono essere individuate condizioni ragionevoli per evitarne abusi, ma la cosa importante è l’affermazione di questo principio. Un bambini nato in Italia che va alla italiana dovrebbe avere il diritto alla stessa cittadinanza dei suoi coetanei». Una battaglia di civiltà? «Una battaglia di civiltà e di giustizia. E anche un modo efficace e non punitivo per prevenire le discriminazioni».

Fonte: l'Unità

21 agosto 2010

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