Pace vuol dire… liberare chi libero non è


Valentina Difato, Reporter di pace


In marcia verso Assisi, don Luigi Ciotti ricorda la Costituzione, l’impegno quotidiano al fianco della giustizia e della salvaguardia dei diritti umani.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Pace vuol dire… liberare chi libero non è

Il suo impegno pluridecennale al fianco della giustizia e della legalità lo vuole alla testa del corteo della Marcia per la Pace Perugia Assisi 2010, con il passo svelto di chi ha una meta da raggiungere. Un sacerdote al servizio della sua gente, un faro per chi vive ai margini della società, un uomo in grado di costruire reti, di denunciare e di combattere affinché tutti gli essere umani abbiano uguali diritti. Don Luigi Ciotti, che dal 1995 presiede “Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, crede che il percorso che porta alla pace debba essere condito da responsabilità e impegno quotidiano. Una pace che parte dal basso e che presuppone una visione a 360°: tutela delle minoranze, denuncia delle mafie e ricerca della legalità, accoglienza e prossimità.

Don Luigi, una marcia che diventa un punto di partenza. Quali sono le speranze a cui dar vita dopo questo percorso di 24 chilometri?
Continuare, continuare insieme ed essere più responsabili perché pace è sinonimo di giustizia, di legalità, di diritti, di libertà e di vita umana. Dobbiamo essere più corresponsabili per il cambiamento perché il nostro Paese, che è l’Italia, ha bisogno di P-A-C-E.

Quali sono i campi in cui agire per riempire di significato questa parola?
Ci sono diritti che vengono quotidianamente calpestati, si pensi ad esempio al mondo dell’immigrazione. Purtroppo in questo campo c’è più penale e meno sociale.
Nell’ambito del contrasto alle mafie sono state fatte grandi operazioni, ma, in questo momento, la legge sulle intercettazioni mette proprio a repentaglio una serie di ricerche di verità e indagini. Penso, ad esempio, al bavaglio che si sta mettendo al mondo dell’informazione; penso anche che si sta mettendo in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. C’è una democrazia che traballa nel nostro Paese. Abbiamo bisogno di pace in questo Paese.

Quali, invece, le azioni concrete da perseguire in vista di questo cambiamento?
Le coscienze devono prendere coscienza di mettersi in gioco più di quanto stanno già facendo. Ognuno di noi deve fare la propria parte: ma soprattutto deve chiedere allo Stato e alle Istituzioni di dare di più. Anche noi come cittadini, associazioni e gruppi dobbiamo impegnarci perché questa diventi un’azione comune: innanzitutto dobbiamo rompere dei silenzi, avere il coraggio di una denuncia seria, attenta e documentata da non tacere, ma anche la forza della proposta. Dobbiamo, quindi, chiedere alla politica che sia una politica con la P maiuscola: più vicina alla gente, perché distante, in questo momento, dalle persone e dalla strada, dai problemi reali, da chi fa più fatica. Una politica capace anche di progettare delle prospettive di futuro non solo nelle parole ma nei fatti, nella coerenza di alcuni percorsi di cui tutti noi abbiamo bisogno.

In poche battute, Don Ciotti, che cos’è la pace e che cos’è la guerra?
La guerra è violenza, crimine, togliere la libertà e la dignità alle persone. La guerra è veramente il male che calpesta la vita. La pace, invece, è rimboccarsi tutti le maniche per fare in modo che viva la libertà, perché il più grande dono che abbiamo è proprio questo. La vita ci affida un impegno, la libertà. E noi siamo chiamati ad usare la nostra libertà per liberare chi libero non è: questo è l’impegno che la vita ci affida, questa è la nostra responsabilità, questa è la nostra corresponsabilità. L’art. 4 della Costituzione, che non bisogna mai dimenticare, invita anche noi, come singoli cittadini, associazioni o gruppi, ad essere protagonisti per il progresso materiale e spirituale del nostro Paese. Questo camminare insieme, ma soprattutto l’impegno che deve durare 365 giorni all’anno ed avere una forte tensione propositiva: impegnarci concretamente e di più tutti. Anche le realtà che già stanno facendo delle cose, devono sentire ancora più forte e più prepotente dentro di loro la responsabilità di mettersi in gioco, di fare di più la propria parte, di lavorare insieme. La violenza, la criminalità, il mondo dell’illegalità dividono, noi dobbiamo unire: unire le nostre forze, le nostre scelte, i nostri impegni, le nostre idee, le nostre realtà e marciare per un mondo migliore.

Valentina Difato, Reporter di pace

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento