Opal: record armi bresciane in Medio Oriente e Africa


Giorgio Beretta - unimondo.org


Esportazioni sostanzialmente in linea con l’anno precedente, ma che registrano anche consistenti incrementi per i paesi del Medio Oriente e soprattutto dell’Africa.


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Proprio nel giorno in cui gli organizzatori di Exa, la fiera delle armi di Brescia annunciavano l’annullamento dell’evento che avrebbe dovuto tenersi ai primi di aprile, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia (OPAL) con una conferenza stampa presentava in anteprima nazionale i dati dettagliati sulle esportazioni di armi dalla Provincia di Brescia.

Esportazioni sostanzialmente in linea con l’anno precedente: erano oltre 315,8 milioni di euro nel 2012 e sono state poco più di 316 milioni nel 2013. Ma che registrano anche consistenti incrementi per i paesi del Medio Oriente (più 23%) e soprattutto dell’Africa (più 36%). Sono aumentate anche le esportazioni verso il Nord America e i paesi dell’Unione Europea (entrambe dell’11,5%) che rappresentano da sempre i maggiori acquirenti di armi bresciane, mentre vedono una consistente contrazione quelle verso i paesi asiatici (meno 58%) e i paesi europei non appartenenti all’UE (meno 25%) tra cui la Turchia.

Gli Stati Uniti, la Turchia e il Regno Unito restano i singoli maggiori acquirenti di armi bresciane: riportano un evidente calo le esportazioni verso il Messico e soprattutto verso l’India, forse anche a seguito di recenti restrizioni. Ma sono aumentate le esportazioni verso alcuni paesi con forti tensioni interne come l’Egitto e il Guatemala e, inspiegabilmente,  anche verso paesi sottoposti a misure di embargo di armi come il Libano.
«Nonostante le reiterate rimostranze dei produttori bresciani di armi che per mesi si sono lamentati di presunti nuovi gravami burocratici tanto da chiedere di snellire la normativa, le esportazioni di armi dalla nostra provincia non sembrano affatto in crisi e anzi trovano nuovi acquirenti nelle zone dove le tensioni e i conflitti sono più frequenti», ha affermato Piergiulio Biatta, presidente di OPAL. «Rinnoviamo perciò il nostro invito al Governo e alle autorità competenti ad esercitare tutte le necessarie cautele nel rilasciare le autorizzazioni all’esportazione. E cogliamo l’occasione per ringraziare l’ex ministro degli Esteri, Emma Bonino, la quale, anche a seguito della nostra richiesta, lo scorso agosto ha deciso di sospendere le esportazioni di armi verso l’Egitto», ha concluso Biatta.

A fine luglio, dopo le dimostrazioni di piazza che hanno visto la dura repressione delle forze armate egiziane e oltre 70 morti, l’Osservatorio OPAL ha inviato una richiesta urgente e sollecitato con specifiche interrogazioni parlamentari il ministro degli Esteri, Emma Bonino, a sospendere l’invio di armi verso l’Egitto. I dati forniti dall’ISTAT mostrano che i quasi 4 milioni di euro di “armi e munizioni” bresciane sono state inviate nei mesi precedenti e, a partire da agosto, non si registrano esportazioni di armi italiane verso l’Egitto.

«L’analisi dei dati evidenzia ancora una volta la necessità di migliorare la trasparenza su queste esportazioni», ha commentato Carlo Tombola, coordinatore scientifico di OPAL. «Le cifre fornite dall’ISTAT rendono quanto mai difficile comprendere non solo la tipologia, ma soprattutto gli effettivi destinatari: si tratta, infatti, di armi e munizioni destinate sia alle forze armate che ai corpi di polizia e di sicurezza, sia per la difesa personale sia di tipo sportivo e per la caccia fino al collezionismo. Non è più accettabile ed è controproducente che l’Italia in questo settore, di cui è uno tra i leader mondiali, mantenga zone d’ombra e opacità: la Germania e la Svizzera che annoverano produzioni ed esportazioni altrettanto rilevanti pubblicano dei rapporti governativi ben più dettagliati e chiari», ha concluso Tombola.

Gli Stati Uniti permangono il principale acquirente di armi bresciane (oltre 132 milioni di euro, pari a circa il 48% di tutto l’export armiero bresciano del 2013). Esportazioni che sono aumentate (più 11% rispetto al 2012) anche a seguito degli annunci di possibili restrizioni legislative da parte dell’amministrazione Obama e di molti governatori dopo la strage nella scuola di Newtown in Connecticut del 14 dicembre 2012 in cui 27 persone, 20 delle quali bambini di età tra i 6 e i 7 anni, furono uccise da un ventenne usando un’arma del tipo fucile d’assalto in possesso alla madre. Di fatto – come ha messo in luce un’approfondita inchiesta del New York Times – ad un anno dalla strage in Connecticut sono state approvate negli Stati Uniti ben 109 nuove leggi, ma solo poco più di un terzo ha effettivamente rafforzato le restrizioni sulle armi, mentre la maggior parte – anche su forte pressione della lobby armiera – le ha ammorbidite. In proposito OPAL ricorda che la direzione della Fabbrica d’Armi Beretta si è rifiutata di ricevere una delegazione della Metro Industrial Areas Foundation (Metro IAF), una rete di più di 2.500 congregazioni religiose, sindacati locali, associazioni civiche e altri gruppi di cittadini degli Stati Uniti, che lo scorso dicembre si è appositamente recata a Gardone Val Trompia per poter presentare le proprie proposte per armi più sicure.

La Turchia rimane il secondo acquirente internazionale di armi bresciane: nel 2013 sono state quasi 24 milioni di euro le esportazioni di armi e munizioni. Pur segnando un forte calo rispetto al record di oltre 36,5 milioni di euro registrato nel 2012 restano tra le esportazioni più a rischio sia per le tensioni interne che hanno scosso il paese a seguito della repressione dei manifestanti di Gezi Park, sia soprattutto per il perdurare del conflitto in Siria e per la mancanza di controlli efficaci sulle esportazioni di armi dalla Turchia.

L’India, che nel 2012 aveva importato armi bresciane per oltre 10 milioni di euro, nel 2013 ha acquistato armi e munizioni solo per 600mila euro. Potrebbe essere il risultato di una restrizione sulle esportazioni messa in atto dalle nostre autorità nazionali anche a seguito della vicenda dei due fucilieri della Marina che, ormai da oltre due anni, sono trattenuti in India. Un contenzioso che però – come ha ricordato OPAL con un comunicato dello scorso gennaio – non ha impedito alla ditta Beretta di partecipare a New Delhi al salone militare di Defexpo durante il quale il direttore generale del gruppo, Carlo Ferlito, ha annunciato la partecipazione dell’azienda alla gara per la fornitura di fucili d’assalto all’esercito indiano.

«Non vanno dimenticate – ha detto Giorgio Beretta, analista di OPAL – le esportazioni di armi verso nuovi acquirenti come il Guatemala (più di 4,8 milioni di euro) molto probabilmente per forniture alle Forze dell’ordine. Ma soprattutto al Libano (oltre 2 milioni di euro): esportazioni sulle quale da tempo chiediamo alle autorità competenti di fare chiarezza considerato che verso quel paese è tuttora in vigore l’embargo di armi da parte sia delle Nazioni Unite che dell’Unione Europea. Non ci risultano né esportazioni dirette al contingente militare UNIFIL o ad altre forze di sicurezza e ancor meno che il tiro al piattello sia diventato uno sport di massa nel martoriato paese mediorientale tanto da giustificare esportazioni di armi cosi rilevanti», ha concluso Beretta.

Infine OPAL ha riservato un commento sull’annullamento di EXA, la fiera delle armi di Brescia. «Sulla decisione hanno dipeso soprattutto una serie di problemi interni all’organizzazione della fiera. Ma molto è dipeso dalla decisone della ditta Beretta di non partecipare all’evento: un annuncio che ha avuto un effetto a cascata portando più di un centinaio di espositori a disdire la partecipazione. Beretta è una vera e propria holding e gran parte dei suoi interessi commerciali e del suo mercato sono soprattutto all’estero: a cominciare dagli Stati Uniti, ma anche in Turchia e Finlandia e, più di recente, anche in Russia e in Sudafrica. Inoltre, lo scorso gennaio la Beretta ha annunciato l’apertura di una nuova fabbrica nel Tennessee che dovrà servire sia per il mercato interno degli Stati Uniti sia per esportazioni: a Nashville, la Beretta produrrà infatti sia armi sportive che tattiche».

Fonte: www.unimondo.org
24 marzo 2014

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