Non si fermano i padroni della terra!


la Repubblica


Non si è mai fermato l’accaparramento delle terre da parte degli Stati e dei grandi gruppi agroalimentari.
Ne fanno le spese i piccoli contadini e la cosiddetta agricoltura di prossimità che nutre il 70% delle persone che abitano sulla Terra, tutelano la biodiversità e producono cibo di qualità. Dove spadroneggiano i colossi agroalimentari. Il Rapporto FOCSIV.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
i-padroni-della-terra

E’ sempre bene ricordare che sono i piccoli produttori che provvedono a nutrire gli abitanti di questo nostro Pianeta, ricordava Marta Facchini in un articolo del febbraio scorso su Altraeconomia. Nonostante la FAO, aggiungeva in sostanza la giornalista, la quale invece continua a sostenere che sarebbero le grandi aziende agricole a sfamare la popolazione mondiale. La verità è un’altra: sono, appunto, i piccoli produttori a nutrire il 70% delle persone che abitano sulla Terra, tutelando la biodiversità e producendo cibo di qualità. Dove invece spadroneggiano i colossi le colture finiscono prevalentemente ad allevamenti e biocarburanti.

La presentazione del Rapporto. Ecco, è proprio questo il punto che oggi affronta un lunghissimo Rapporto diffuso da FOCSIV, la federazione che raggruppa ben 87 ONG di ispirazione cristiana, attive nel campo della solidarietà con i Paesi a basso reddito. L’esposizione del documento è avvenuta oggi, a Roma, nella Sala Capitolare del Senato, presso il Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva.

Il titolo – ancora una volta, come ogni anno, ha per titolo “I padroni della Terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2022: conseguenze sui diritti umani, ambiente e migrazioni”, ideato e redatto da FOCSIV nell’ambito della Campagna Abbiamo riso per una cosa seria, iniziativa ventennale a sostegno dell’agricoltura familiare in contrasto con le grandi operazioni di accaparramento, che avviene con il patrocinio di GreenAccord e il contributo del progetto Volti delle Migrazioni co-finanziato dall’Unione Europea.

La pericolosa competizione geopolitica per le risorse naturali. Dunque, sono i piccoli produttori a sfamare il mondo. Ma questo, a quanto pare – sostiene FOCSIV – le Nazioni Unite “hanno smesso di riconoscerlo”. Dopo la pandemia, peraltro ancora non del tutto debellata, soprattutto nel Sud del mondo a causa dell’ostinazione egocentrica delle grandi imprese e dei Paesi contrari (Italia compresa) alla sospensione temporanea del diritto di proprieta intellettuale sui vaccini, ecco all’orizzonte la nuova tragedia della guerra in Ucraina, che si aggiunge alle oltre 70 già esistenti e in gran parte dimenticate. Una guerra che provocherà – si legge nel Rapporto – gravi conseguenze: dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari a quelli del carburante, impoverendo ancor più popolazioni già impoverite, aumentando l’insicurezza alimentare, ma soprattutto eccitando una pericolosissima competizione geopolitica sulle risorse naturali.

Senza un nuovo governo mondiale non c’è speranza. E’ quindi molto probabile – si afferma nel Rapporto – l’accelerazione del fenomeno dell’accaparramento delle terre a danno delle comunità locali, dei contadini e dei popoli indigeni. Insomma, il cosiddetto land grabbing non si è mai fermato e non accenna per niente a fermarsi. E sono proprio queste crisi (come quella del 2008) che stimolano la concorrenza degli attori sovrani e di mercato più potenti ad accordarsi con le élite locali per appropriarsi di terre fertili e dotate di risorse minerali indispensabili per il proprio tornaconto. E’ evidente la necessità di una riforma e rilancio del sistema multilaterale per evitare queste competizioni, tensioni e conflitti della corsa alla terra, così come per favorire la risoluzione non violenta dei conflitti, sia in Ucraina che nelle tante aree dimenticate. “Senza un nuovo governo mondiale – sottolinea Ivana Borsotto, presidente di FOCSIV – non c’è speranza per la nostra specie umana e per la biodiversità del pianeta”.

11,1 milioni di ettari di foreste tropicali perse nel 2021. L’altro fenomeno drammatico messo in luce nel Rapporto è quello della deforestazione per lo sfruttamento delle risorse naturali (11,1 milioni di ettari di foreste tropicali perse nel 2021), soprattutto per espandere le grandi piantagioni monocolturali. Le conseguenze sono molteplici: perdita della biodiversità e dei relativi servizi ecosistemici, espulsioni delle popolazioni indigene e contadine, insicurezza umana e nuove tensioni. Anche in questo caso la risposta dovrebbe venire da un sistema multilaterale efficace. Nel Rapporto si indica la necessità di ridare forza al Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare, che ha già concordato linee guida volontarie per i regimi fondiari, “la cui applicazione è però insufficiente”, rileva il documento di FOCSIV. “Ci vogliono regole obbligatorie – si legge ancora nel Rapporto – e le buone notizie vengono da un crescendo di regolamenti e proposte di dovuta diligenza che provengono dall’Unione Europea. Proposte che però devono migliorare così come l’attuazione dei regolamenti già esistenti”.

Marzo 2022: 91,7 milioni di ettari comprati o in negoziazione. C’è una parte del Rapporto FOCSIV curata da Andrea Stocchiero che affronta il tema dell’accaparramento che sta diventando digitale. Le buone notizie dai siti che monitorano il fenomeno e le informazioni della banca dati Land Matrix – un organismo indipendente di monitoraggio dei territorii composta da numerosi partner globali e regionali – mostrano il continuo accaparramento di terra. I dati riferiti al marzo scorso, relativi a tutte le operazioni di accaparramento, transnazionali e nazionali, sia quelle concluse in negoziazione e fallite in tutti i settori (compreso quello minerario) assommano a 91,7 milioni di ettari.

I Paesi coinvolti in America Latina, Asia, Europa, Africa. Questi accaparramenti si concentrano soprattutto in alcuni Paesi: nel grafico 2 sono indicati i primi dieci paesi obiettivo delle operazioni. Il Perù è il Paese di gran lunga più coinvolto, con oltre 16 milioni di ettari, seguono a distanza altri Paesi latinoamericani (Brasile e Argentina). Tra gli asiatici c’è l’Indonesia e Papua Nuova Guinea soprattutto: In Europa orientale, l’Ucrania mentre in Africa, il Sud Sudan, il Mozambico, la Liberia e il Madagascar.

I maggiori investitori in questo ambito sono soprattutto i Paesi “occidentali” più ricchi: dal Canada (quasi 11 milioni di ettari) alla Gran Bretagna, passando per gli Stati Uniti (quasi 9 milioni di ettari), la Svizzera e il Giappone. Seguono le nuove grandi economie come la Cina (5,2 milioni di ettari) e l’India, assieme ai Paesi emergenti, come la Malesia (4,2 milioni di ettari) o come la sede di numerose imprese multinazionali, come Singapore (3 milioni di ettari). Da notare come il Brasile sia contemporaneamente obiettivo di accaparramenti esteri ma anche investitore sul suo territorio. Lo stesso sta avvenendo per un altro grande Paese: la Russia, che assomma ben 26,4 milioni di ettari accaparrati, per la grande parte da imprese dello stesso Paese.

Le battaglie di resistenza in atto e il ruolo di Facebook. In questo contesto, il capitolo del Rapporto curato da Valentina Delli Gatti, “Un anno di land grabbing” ,riassume alcune notizie su operazioni specifiche di accaparramento e sulle lotte di resistenza, in particolare delle donne, in diverse parti del mondo. E è assai importante rilevante come la digitalizzazione stia facilitando le operazioni di accaparramento attraverso la creazione di registri e certificazioni digitali. Le nuove tecnologie informatiche appaiono evidentemente piegate agli interessi delle privatizzazioni e della finanziarizzazione dei terreni. E Facebook diventa uno spazio per il commercio illegale della terra. Attualmente, dunque, la digitalizzazione non sembra sostenere i diritti alla terra delle comunità contadine ma la loro frustrazione da parte di chi si appropria del potere digitale.

Il modello estrattivo e gli impatti ambientali negativi. L’accaparramento della terra minaccia oltre tutto il diritto alla vita delle comunità locali. I principali risultati dell’analisi riguarda i contratti conclusi per le produzioni agricole entro il 2021. Tra questi risalta come ben 13 milioni di ettari su 33 totali sono stati accaparrati senza utilizzarli, per problemi tecnici, istituzionali (contrasti con le élite locali) e sociali (opposizione delle comunità locali), o perché acquisiti per finalità speculative. Importante è l’aspetto del land grabbing per olio di palma (20% delle superfici totali), e l’impatto sulla deforestazione (perdita del 20% della copertura forestale su 19 milioni di ettari in aree tropicali). I benefici per le popolazioni locali sono scarsi o inesistenti, mentre le conseguenze negative sono importanti, alimentando violenza, espulsioni, latifondismo e disuguaglianze. Solo il 15% delle comunità ha dato un consenso libero e informato, sperando che le promesse di compensazione e di opere sociali e infrastrutturali vengano adempiute.

Il ruolo e il sostegno delle Banche Pubbliche. Il Rapporto di quest’anno approfondisce l’analisi sugli attori dell’accaparramento, in particolare riguardo da un lato il ruolo delle Banche Pubbliche di Sviluppo (BPS) legate alle grandi imprese estrattive e, dall’altro, quello delle organizzazioni terroristiche e criminali, che sollecitano l’opera dei difensori dei diritti umani e dell’ambiente. Il capitolo di Caterina Rondoni riassume e commenta tre studi di caso sul land grabbing in Africa subsahariana condotti da membri della rete CIDSE, che mostrano la responsabilità delle Banche Pubbliche di Sviluppo nel finanziare operazioni di investimento di multinazionali per la produzione di bioetanolo e olio di palma, fortemente contestate dalle popolazioni locali.

Tre casi analizzati. Nei tre casi studiati, le BPS si sono ritirate dalle operazioni senza assumersi alcuna responsabilità per la violazione dei diritti umani delle comunità locali, nonostante quanto stabilito dagli standard internazionali da loro stesse sottoscritti, si legge nel Rapporto FOCSIV. Le procedure di reclamo indipendente avanzate dalle comunità locali sono lente e farraginose. Risulta inoltre che le Banche abbiano gestito male i fondi pubblici, avendo subito perdite e accettato l’annullamento del debito delle imprese finanziate. “Le BPS dovrebbero decidere di non finanziare più modelli di sviluppo estrattivisti – scrive Caterina rondoni – che danneggiano il benessere delle comunità locali, che dovrebbero essere invece le principali beneficiarie dei loro finanziamenti”.

Altri attori sulla scena: i gruppi terroristici e paramilitari. Ben più intrattabili sono le operazioni di accaparramento che compiono le organizzazioni terroristiche e criminali. Il capitolo di Romina Gobbo sul Sahel ripercorre la crescita della presenza terroristica in questa grande area, che ha causato morti e sfollamenti di milioni di contadini. L’occupazione jihadista e il controllo dei traffici di droga, armi, persone ha creato una economia illegale parallela che attrae i giovani locali a scapito dell’agricoltura e della pastorizia. Si stima siano oltre 2,5 milioni le persone sfollate e oltre 15 milioni vivono in situazione di carenza alimentare. La regione dei tre confini, tra Mali, Niger e Burkina Faso è un feudo jihadista. Questa presenza ha occupato vaste estensioni di terra, ha destabilizzato l’area portando a colpi di stato ripetuti, e ha accresciuto le competizioni per la sicurezza e il controllo delle risorse minerarie tra europei, statunitensi e ora anche russi. In tutto questo gioco sono ancora una volta i contadini e le comunità locali a perdere terre e vita.

Il caso della Colombia. Gli scontri di potere per il controllo della terra segnano anche la storia della Colombia. Il capitolo di Cristiano Maugeri illustra l’impressionante intreccio del conflitto tra Governo, paramilitari, guerriglieri, narcotrafficanti, guardie private delle imprese estrattive, per l’occupazione della terra a discapito dei popoli indigeni e dei contadini.

– Sono oltre 9 milioni le persone vittime del conflitto armato

– 8 milioni gli sfollati

– 6,5 milioni di ettari i terreni oggetto di spoliazione. Il 15,4% della terra agricola è stato abbandonato e sono oltre 4 milioni i contadini che hanno perso la terra.

La giustizia transnazionale e i difensori dei diritti. In questo contesto il complesso e ancora non concluso processo di pace è riuscito comunque ad affermare la legge 1448 del 2011 per la riparazione integrale delle vittime, con un processo di applicazione molto difficile. Nel 2022 risultano restituiti 495 mila ettari pari al 7,6% dei 6,5 milioni di ettari totali. I risultati sono modesti per cui è necessario superare gli ostacoli posti dagli interessi politici, militari e delle grandi imprese, celebrando d’altro canto l’innovatività e il successo politico della giustizia transazionale. Tuttavia, resta il fatto che i conflitti per l’accaparramento delle terre si accaniscono in particolare sui difensori dei diritti umani. Il capitolo di Sara Ferigo sintetizza appunto una ricerca realizzata da CAFOD sulle lotte per la terra in America Latina, con particolare riferimento alla Bolivia e al Perù. In un contesto di disuguaglianze strutturali.

Gli “stati di emergenza” per zittire i difensori dei diritti. Con la prosecuzione delle opere estrattive delle multinazionali si è visto un aumento delle violenze contro i difensori dei diritti umani. Nonostante l’introduzione di norme di protezione in alcuni Stati, la loro applicazione continua ad essere debole e inefficace, mentre i governi, nelle loro articolazioni settoriali e territoriali, sono influenzati dagli interessi economici e tendono a restringere gli spazi della società civile, fino alla criminalizzazione dei difensori dei diritti umani. Ad esempio, il Governo peruviano ricorre allo “stato di emergenza” per silenziare le proteste sociali, mentre quello boliviano ha ampi poteri per sopprimere le organizzazioni della società civile.

Il “grab” urbano. Il documento sui “Padroni della Terra” si è anche soffermato sull’accaparramento delle terre nelle città. E’ il titolo del capitolo di Maria Domenica Pacini, che mostra come i processi di accaparramento coinvolgano anche gli agglomerati urbani. Si analizzano brevemente diversi processi: quello intraurbano, che privatizza terre comunali sgomberando gli “occupanti abusivi”; le dinamiche periurbane che espandono l’urbanizzazione a scapito dei piccoli agricoltori; la creazione di nuove città in aree rurali con espulsione dei contadini; i grandi investimenti in progetti infrastrutturali per i corridoi di sviluppo che spostano comunità locali dalle terre da loro coltivate. Viene quindi presentato il piano strategico di UN Habitat che cerca di rispondere a queste dinamiche garantendo il diritto alla terra delle comunità più povere.

Il caso Italia e la riforma agraria. In Italia, grazie alla riforma agraria e alla difesa del diritto alla terra da parte delle grandi organizzazioni contadine, non sono ravvisabili dinamiche di accaparramento simili a quelle che si realizzano nel Sud del mondo, ma se ne può cogliere il pericolo in senso lato: la pressione di diversi interessi economici ha infatti generato un processo di crescente consumo del suolo agricolo. Il capitolo di Nunzio Primavera ripercorre la genesi e la portata della riforma agraria italiana che ha posto al centro il modello dell’impresa familiare contadina, senza distinzioni di genere. Modello che, nonostante le derive omogeneizzanti agroindustriali, è riuscito a mantenere una certa diversità e specificità delle produzioni e dei paesaggi locali. Un modello che sta procedendo verso un’agricoltura sostenibile, circolare, biologica, di prossimità, sociale ed inclusiva, costruendo filiere che salvaguardano il ruolo e potere dei contadini.

Un processo poco efficace di contrasto. Questo processo non è però riuscito a contrastare efficacemente l’accaparramento in senso lato, del consumo del suolo, generato dall’estrazione di valore degli interessi economici più potenti. Il capitolo di Michele Munafò evidenzia come la copertura artificiale di suolo utile sia salita al 9,15% del totale disponibile, rispetto ad una media del 4,2% in Unione Europea. Ciò si è tradotto in una perdita di prodotti agricoli di 4,1 milioni di quintali tra il 2012 e il 2020, così come nella perdita di servizi ecosistemici, in particolare di capacità di regolazione del ciclo idrogeologico, di biodiversità, di stoccaggio di carbonio.

L’accaparramento può essere fermato. Dalla competizione geopolitica alla Cooperazione non estrattiva. “La globalizzazione e cumulazione delle crisi – si legge nel Rapporto FOCSIV – impongono un urgente cambiamento di paradigma dalla competizione dei sistemi geopolitici e di mercato alla Cooperazione multilaterale per salvaguardare i beni comuni fondamentali alla vita del Pianeta, da una pace di giustizia climatica alla salvaguardia della biodiversità. L’accaparramento della terra può essere fermato – afferma il documento – se si costruisce un sistema cooperativo non estrattivista che riconosce il diritto alla terra delle comunità che la custodiscono con cura. Tra le molte cose da fare, riprendiamo e aggiorniamo dai precedenti rapporti le seguenti raccomandazioni alle istituzioni italiane, e in particolare al Parlamento, al Ministero Affari Esteri e della Cooperazione italiana, al Ministero per la Transizione Ecologica, all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e la Cassa Depositi e Prestiti.

Carlo Ciavoni
28 giugno 2022
La Repubblica

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+