Netanyahu da ieri a Londra, pressioni per gli insediamenti


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E’ iniziata ieri la due giorni londinese di Benjamin Netanyahu, nella quale il premier israeliano incontrerà il suo omologo britannico Gordon Brown e l’inviato speciale statunitense per il Medio Oriente, George Mitchell prima di recarsi in Germania per un colloquio con il Cancelliere tedesco Angela Merkel.


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Netanyahu da ieri a Londra, pressioni per gli insediamenti

E' iniziata ieri la due giorni londinese di Benjamin Netanyahu, nella quale il premier israeliano incontrerà il suo omologo britannico Gordon Brown e l'inviato speciale statunitense per il Medio Oriente, George Mitchell prima di recarsi in Germania per un colloquio con il Cancelliere tedesco Angela Merkel. In agenda, come ricorda il sito della Bbc, il congelamento delle attività edilizie negli insediamenti ebraici cisgiordani e il programma nucleare iraniano. Sul primo punto saranno Brown e Mitchell a fare pressioni, dopo le insistenze della Casa Bianca che hanno portato ad una prima concessione da parte israeliana: Netanyahu ha proposto una moratoria di un anno limitata però alle sole attività di edilizia pubblica, escludendo quelle di natura privata e senza rinunciare alla sovranità su Gerusalemme. Per quel che riguarda l'Iran sarà invece Netanyahu a chiedere garanzie nel caso che le pressioni diplomatiche e le sanzioni economiche nei confronti di Teheran non dovessero sortire alcun effetto. I tour europeo di Netanyahu avrebbe anche l'obbiettivo di migliorare le relazioni con l'Ue, ma avveine in un momento in cui vi è una forte polemica diplomatica in corso con la Svezia, presidente di turno dell'Unione. Il quotidiano svedese Aftonbladet aveva infatti pubblicato la settimana scorsa un lungo articolo nel quale – citando testimonianze di famiglie palestinesi – si accusavano i militari israeliani di rapire giovani palestinesi allo scopo di prelevarne gli organi; il tutto, secondo il giornale, legato alla scoperta di una presunta rete criminosa con base nel New Jersey che si sarebbe dedicata al traffico di organi e della quale farebbero parte anche alcuni rabbini americani. Il quotidiano svedese Sydsvenskan da parte sua aveva accusato il rivale di antisemitismo, ma anche il governo di Stoccolma ha reagito con durezza: "In un Paese democratico non ci dovrebbe essere spazio per accuse sanguinose di questo genere, che sembrano uscite dal Medioevo: è un articolo che svergogna la democrazia e l'intera stampa svedese", si legge in un comunicato del Ministero degli Esteri. Tuttavia il governo svedese si è rifiutato di chiedere una ritrattazione, difendendo il principio della libertà di espressione; per tutta risposta la destra israeliana ha minacciato un boicottaggio dei prodotti svedesi, a cominciare dai mobili dell'Ikea.

Fonte: Apcom

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Netanyahu dirà a Mitchell: non rinunciamo a Gerusalemme

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, partito oggi per Londra, dirà all'inviato speciale Usa in Medio Oriente che Israele non accetterà alcuna limitazione alla sua sovranità su Gerusalemme, e consentirà ai coloni di continuare a vivere in Cisgiordania. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti governative israeliane. Oltre a Mitchell nella capitale britannica Netanyahu vedrà domani anche il premier britannico Gordon Brown. Successivamente si recherà in Germania per incontrare il cancelliere tedesco Angela Merkel. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente chiesto a Israele di congelare le costruzioni negli insediamenti in Cisgiordania, come passo preliminare al rilancio del processo di pace con i palestinesi. Fonti governative israeliane riferiscono che potrebbe essere raggiunto un compromesso su questo punto: Israele congelerà le attività edilizie, ma completerà i lavori per 2.500 nuove case attualmente in costruzione. Il numero dei coloni in Cisgiordania – dove vivono 2,5 milioni di palestinesi – è più che raddoppiato dalla metà degli Novanta, e si aggirano ora sui 300mila.

Fonte: Apcom 

24 agosto 2009

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Netanyahu tiene duro sul muro di Cisgiordania

Il governo di Gerusalemme sta dividendo il territorio dei profughi usando manodopera palestinese – Il muro di divisione ordinato dal governo israeliano per lottizzare la Cisgiordania fra occupanti palestinesi e nuovi insediati israeliani rischia di diventare l'opera urbana più politicamente dibattuta dai tempi del Muro di Berlino. Benjamin Netanyahu e i suoi ministri hanno deciso di non mollare la presa, ignorare le pressioni degli Stati Uniti e di tutto l'occidente e andare avanti per la strada del braccio di ferro con il governo dell'Anp. Il piano del governo di Gerusalemme prevede la costruzione di una barriera alta otto metri completa di torri di avvistamento, recinzioni elettrificate, fossati e telecamere per proteggere, dicono, i propri sudditi dagli attentatori suicidi. Il progetto, se verrà attuato, rischia di passare alla storia come l'ennesima tragedia del conflitto israeliano-palestinese. L'ironia, o forse sarebbe meglio parlare di amara riflessione, è che gli operai assunti per innalzare questa recinzione della discordia sono tutti palestinesi. Persone che vivono di stenti, che devono sfamare famiglie numerose e che, pertanto, sono costretti ad accettare un lavoro che essi stessi giudicano un tradimento per il proprio paese. E' il caso di Mustafa che con otto figli a carico ha detto: "Ho tradito il mio paese, la mia religione, le mie idee, la mia legge ma devo sfamare i miei figli e la mia famiglia". Mohammed ha deciso invece di sposare la causa opposta. Al reporter che gli domandava perchè ha preferito la disoccupazione ad uno stipendio basso ma sicuro, ha risposto: "Sono felice e amo la vita ma sono disposto a perderla e perdere la terra per i miei figli pur di restare fedele al mio paese". La bilancia di tutta l'operazione pende da parte degli israeliani che traggono profitti molto alti assumendo manodopera palestinese a basso costo. Per gli operai, invece, la costruzione del muro è una dilemma devastante fra il vivere e aiutare col proprio lavoro la causa israeliana.

Fonte: Peace Reporter 

24 agosto 2009

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