Milano si prepara a cacciare i Rom


Fabio Poletti


Maroni: I nomadi che resteranno in città non saranno ospitati in case popolari. Dalla Caritas arriva la risposta più dura: Noi andiamo avanti, anche i nomadi in case. Fino a che non ci sarà una comunicazione ufficiale.


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Milano si prepara a cacciare i Rom

Milano off-limits ai nomadi. La “cacciata” è stata decisa in un vertice in Prefettura, tra il ministro dell’Interno Roberto Maroni e il sindaco Letizia Moratti. I prossimi ad avere se non le ore almeno i giorni contati – si parla della fine di ottobre al massimo – sono gli ottocento rom che da anni occupano il campo di via Triboniano dietro al cimitero Maggiore, sui terreni dove dovrebbe sorgere uno degli svincoli autostradali legati all’area di Expo 2015. Ma c’è di più. Il ministro Maroni ha deciso di modificare il piano emergenza rom in vigore dallo scorso maggio, che prevedeva la destinazione di alcune case popolari comunali ai rom sgomberati insieme alle loro famiglie: “I nomadi che hanno i titoli per restare in città, non saranno ospitati in alloggi popolari del Comune. Se questa iniziativa (la chiusura dei campi rom, ndr) deve fare un favore a qualcuno, questo qualcuno sono solo i cittadini milanesi”.
La sterzata sul piano in vigore per l’emergenza rom rischia però di avere non poche ripercussioni. Gli sgomberi si susseguono a cadenza quasi quotidiana, dai piccoli campi ai grandi appezzamenti di terreno con baracche e roulotte. Nessuno vuole i rom liberi per strada. Nessuno sa però dove metterli. Le case popolari dell’Aler – 25 appartamenti in tutto – sembravano una soluzione temporanea adeguata almeno per affrontare una emergenza limitata. Il ministro Maroni dice che è meglio di no, la città non vuole, ma qualcuno deve pur farsi carico del problema: “Sono certo che il grande cuore di Milano individuerà soluzioni che non suscitino quelle reazioni negative, che avrebbero rischiato di vanificare lo sforzo del Comune e di tutto il territorio per risolvere la grave situazione dei nomadi.
L’invito nemmeno troppo sottinteso è che sia il Terzo settore a trovare una soluzione. Il volontariato, l’associazionismo cattolico, gli unici che da anni a Milano sembrano avere a cuore la questione dei nomadi non solo come numeri di un problema da spostare di qua e di là ma come persone. Ma dal Terzo settore arrivano più dubbi che conferme all’invito del ministro. Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, respinge ogni ipotesi e rilancia polemico: «I problemi si risolvono con la legalità e la socialità. La questione rom non deve gravare solo sul Terzo settore. Se dovesse uscire questa questione politica diremo: “Allora affrontatelo voi”. Poi inviteremo la città a discutere». L’ipotesi di trovare in alternativa 25 alloggi sul mercato privato, per ospitare le famiglie di rom previste nel piano di maggio sembra improponibile. Dalla Caritas arriva la risposta più dura: «Noi andiamo avanti, anche i nomadi in case. Fino a che non ci sarà una comunicazione ufficiale ci atterremo agli accordi di maggio. Se dovesse arrivare la metteremo in discussione, c’è il rischio di forme di discriminazione».
Tutt’altre le parole del sindaco Letizia Moratti «La chiusura del campo di via Triboniano è un grande segnale. Bisogna azzerare i campi abusivi ma anche alleggerire quelli regolari, in vista dell’allargamento dell’area Shengen alla Romania». Sulla possibilità di ospitare negli alloggi del Comune i nomadi, il sindaco è in linea con il ministro: «Non tollereremo alcuna illegalità da parte di chi uscirà da triboniano e si riverserà in città. Gli alloggi saranno nella disponibilità comunque delle associazioni del Terzo settore, anche se non saranno dati ai nomadi». Anche il vicesindaco Riccardo De Corato plaude all’intervento del ministro e dà i numeri: «Dal 2007 ad oggi sono stati fatti 343 sgomberi per un totale di 7004 soggetti allontanati. Avanti con gli sgomberi».

Fonte: La Stampa

28 settembre 2010

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