McChrystall a Obama: più truppe o (entro 12 mesi) falliamo


Emanuele Giordana - Lettera22


Il generale che ha preso il comando delle truppe americane in Afghanistan e che è anche il responsabile sul terreno della missione Isaf/Nat, critica i suoi predecessori. E mette fretta al presidente. La necessità di una svolta significativa. Entro un anno.


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McChrystall a Obama: più truppe o (entro 12 mesi) falliamo

Molto spesso non c'è cosa migliore che produrre un “memo riservato” per far sapere a tutto il mondo quello che vi è scritto dentro. Un modo indiretto per far arrivare al presidente, anche attraverso altre forme, un messaggio antipatico da digerire ma ritenuto inevitabile. In Afghanistan servono più truppe e ci sono 12 mesi di tempo per evitare che il buio afgano diventi un incubo senza ritorno.
In realtà il documento di 66 pagine presentato dal generale Stanley McChrystal il 30 agosto scorso al segretario alla Difesa Robert Gates, e reso noto dalla penna di Bob Woodward sul Washington Post (e immediatamente ripreso a macchia d'olio sul web), era in gran parte già noto. E' il pensiero dell'uomo che, a metà giugno, ha preso il comando delle truppe americane in Afghanistan ma che è anche il responsabile sul terreno della missione Isaf/Nato. E' il generale che Obama ha voluto in quel paese e a cui ha chiesto lumi. Dopo aver rinviato il suo lavoro almeno un paio di volte, McChrystal lo ha messo a punto per la fine di agosto anche per avere, forse, due elementi in più: le elezioni presidenziali del 20 e un bilancio dell'operazione di terra condotta nel Sud del paese in cui ha impegnato 4mila marine.
Quanto chiede al presidente – un uomo abbastanza solo in questo momento per quanto riguarda il dossier afgano – era dunque già noto. Più soldati per contrastare una filiera insurrezionale forte cui dedica una particolare attenzione: nelle prigioni afgane – tra i 14.550 detenuti – ci sono almeno 2.500 sodali a vario titolo, tra cui capi bastone che, in stile mafioso, impartiscono gli ordini dal carcere, come il famoso attacco al Serena, ad esempio. Il punto topico, l'aumento delle truppe per quanto riguarda i numeri, però non c'è. Almeno nell'articolo del Post. Ci pensa il New York Times a darli: da 10 a 45 mila soldati in più il che farebbe, coi 68mila già “approvati”, oltre 100mila uomini. E si parla di soli soldati americani. Illazioni del Nyt? (solitamente un po' più “muscolare” del Post) o sono le cifre contenute nella parte del memo che il Pentagono ha cancellato prima di dare il dossier a Woodward?
Il presidente ha fatto sapere che non deciderà alcun aumento di truppe sinché non avrà chiara qual'è la nuova strategia. E McChrystal la fornisce. Ribadisce che bisogna proteggere gli afgani e che questo aspetto va messo al primo punto. Critico con la gestione precedente delle truppe sul terreno, McChrystal non ha nessuna intenzione di avere sotto gli occhi un quadro nel quale il consenso verso gli stranieri si erode giorno per giorno. Colpa, si certamente, di un governo locale corrotto e inefficace ma anche di una gestione della guerra che mirava a conquistare territori (senza poi “tenerli”) e non i cuori e le menti.
Poi c'è il capitolo esercito nazionale: entro il 2011 dovrebbe arrivare da 92mila a 134mila uomini ma è poco secondo McChrystal. Ci vogliono 240mila militari ben formati e in più almeno 160mila poliziotti, uno scenario da 400mila uomini che (ma questo lo aggiungiamo noi) ha sollevato qualche perplessità specie tra i nordeuropei, non tanto propensi a creare una forza così potente tanto da compromettere il futuro democratico del paese (un esercito forte può avere infatti molte tentazioni).
La palla passa adesso nel campo del presidente. Che prenderà il suo tempo. I democratici sono riottosi ad aumentare le truppe e i sondaggi mostrano calo di consensi. Infine scalpitano anche gli alleati europei, e non solo gli italiani appena colpiti dalla strage di Kabul. La frase: “la situazione è seria ma un successo è ancora possibile”, già detta da McChristal in altre occasioni, suona piacevole ma è anche vero che il generale suona l'allarme tempo: dodici mesi per evitare il punto di non ritorno e imprimere una svolta. Dando un segnale.
Che un militare alla fine, pur con tutte le cautele, miri ad ottenere più soldati è nell'ordine delle cose. E non tocca a McChrystal, che ha comunque tentato di lavorare in sintonia con quel che Obama voleva sentirsi dire, fare il punto su altre questioni: la fragilità di Karzai e la possibilità o meno di andare a un ballottaggio (come consiglia Foreign Policy), o una ricostruzione che mostra la corda cui Obama vorrebbe opporre un “civilian surge”. Ma certo la situazione è difficile anche perché McChrystal non ha dimenticato il Pakistan e le sue responsabilità nella guerra afgana ricordando a Obama che c'è anche quel problema.

Fonte: Lettera22, il Riformista

21 settembre 2009

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