Libia, “No a intervento militare, non si ripeta errore fatto con Gheddafi”


Adnkronos


Flavio Lotti: “dobbiamo evitare in tutti i modi gli stessi drammatici e devastanti errori che abbiamo compiuto in Libia, prima ancora in Afghanistan, Iraq e Somalia.”


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perugiaassisi

No a un eventuale intervento militare in Libia per fare fronte all’avanzata dell’Isis, non è questa la soluzione. E’ un coro unanime quello delle organizzazioni pacifiste, che avvertono: non si ripeta quanto è avvenuto nel 2011 con Gheddafi.

“Noi rimaniamo dell’idea, come ha dimostrato il caso libico, che situazioni così complesse se affrontate solo con un intervento militare possono solo peggiorare”, dice all’Adnkronos Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo. “Nel 2011 – ricorda – siamo andati in Libia e purtroppo si è visto come la situazione è peggiorata. La soluzione non è facile. Con uno strumento militare si interviene se si ha un piano, ma in questo caso qual è il quadro, qual è l’obiettivo? Ci sono 150 gruppi armati, quelli dell’Isis quali sono, dove sono? Non c’è chiarezza su cosa fare”.

“Noi – sottolinea – da tempo diciamo che per combattere realmente gruppi terroristici organizzati la prima cosa è bloccare le fonti di finanziamento. Le armi le possono prendere perché vengono finanziati. Poi è importante coinvolgere politicamente le popolazioni. Non abbiamo una soluzione immediata, sicuramente però bombardare senza avere un quadro preciso e l’obiettivo finale in passato ha solo gettato benzina sul fuoco”.

Un monito a non ripetere gli errori del 2011 arriva anche da Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace. “La prima considerazione – dice all’Adnkronos – è che dobbiamo fare i conti con le drammatiche conseguenze di un’altra guerra che si voleva risolvesse un problema, che si chiamava Gheddafi, e invece ne ha creato uno ancora più grande e spaventoso”.

“Questa considerazione ci deve portare a ribadire quello che in questi giorni ha detto anche con grande chiarezza Prodi, cioè che dobbiamo evitare in tutti i modi gli stessi drammatici, devastanti errori che abbiamo compiuto in Libia, prima ancora in Afghanistan, Iraq e Somalia, in tante e troppe zone del mondo dove qualcuno ha pensato che l’esercito e le armi potessero risolvere i problemi che la politica non aveva risolto”, sottolinea Lotti.

Quanto a un’eventuale egida delle Nazioni Unite per un intervento militare, Lotti osserva: “Si parla di Onu, quell’Onu che è stata sbeffeggiata e ridicolizzata in tutti questi anni. Abbiamo assolutamente bisogno di agire nell’ambito delle Nazioni Unite, ma non c’è nessuna Onu che può regalare o dare un’egida a un intervento militare che finisce per aggravare la situazione anziché risolvere i problemi”.

Per il coordinatore nazionale della Tavola della pace, “bisogna innanzitutto prendere sul serio il problema, il che vuol dire recuperare la capacità di leggere la situazione sul terreno. Bisogna inoltre essere disponibili a costruire su basi diverse i nostri rapporti economici con quel Paese. Quello che noi proponiamo non è un intervento militare, ma di una forza di polizia internazionale delle Nazioni Unite, ai sensi del capitolo settimo e ottavo della carta delle Nazioni Unite. Quello di cui abbiamo bisogno è esattamente quello che facciamo quando si lotta contro la mafia. Non andiamo a bombardare ma usiamo l’intelligence e facciamo un lavoro di isolamento sul terreno”.

“In Libia abbiamo già dato nel 2011” avverte don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi. “Un intervento militare armato ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti – evidenzia all’Adnkronos – Quello che abbiamo fatto in Libia lo abbiamo fatto come Occidente in Iraq e non solo. La nostra posizione è che scegliere la strada militare, oltretutto in modo così frettoloso, significa mettersi in un vicolo cieco. Noi chiediamo che l’Onu sia il primo a decidere, non a benedire scelte che altri hanno fatto, come nel 2011”.

Invece di un intervento militare, “perché non cominciare a bloccare la vendita delle armi e a bloccare ogni rapporto con chi sappiamo essere a supporto dell’Isis? – chiede don Sacco – Noi andiamo a bombardare chi, dove, con che obiettivo e prospettiva? Credo che siano molto significative le parole del vicario apostolico di Tripoli, che dice: abbiamo sempre guardato solo agli interessi e mai al dialogo. Cosa abbiamo fatto noi per unire questa Libia così divisa? E l’Isis è inserita in questa divisione”.

Fonte: www.adnkronos.com

16 febbraio 2015

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