Libia, morte 35 persone negli scontri


Il Post


L’avanzata del maresciallo Haftar continua mentre il governo di Tripoli, riconosciuto dall’ONU e dall’Italia, ha lanciato una controffensiva


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Forces loyal to Libya's UN-backed unity government arrive in Tajura, a coastal suburb of the Libyan capital Tripoli, on April 6, 2019, from their base in Misrata. - Anti-government forces led by Libyan strongman Khalifa Haftar said Saturday they had been targeted by an air strike about 50 kilometres (30 miles) south of Tripoli. (Photo by Mahmud TURKIA / AFP)

In Libia almeno 35 persone sono morte negli scontri tra le truppe del maresciallo Khalifa Haftar, ex sostenitore di Muhammar Gheddafi a capo di un autoproclamato governo della Cirenaica, e l’esercito di Fayez al Serraj, capo del governo riconosciuto dalle Nazioni Unite e dall’Italia, con sede a Tripoli. Il ministro della Salute del governo di Tripoli ha parlato di 21 morti, tra cui un medico, e 27 feriti; dalla parte di Haftar i morti sono 14 soldati.

La crisi libica è in corso da molti mesi ma si è aggravata moltissimo giovedì 4 aprile, quando le Forze armate libiche (LNA) di Haftar hanno iniziato l’avanzata verso Tripoli per conquistarla. Venerdì i combattimenti si sono concentrati sul luogo in cui sorgeva l’aeroporto internazionale della città, distrutto nel 2014; le LNA dicono di averne preso il controllo e hanno proseguito i combattimenti arrivando ai quartieri meridionali della capitale.

Intanto domenica il governo di Tripoli ha lanciato una controffensiva per riconquistare le zone occupate dalle forze di Haftar nei giorni scorsi.

Sempre domenica le Nazioni Unite hanno chiesto ai due schieramenti un cessate il fuoco di due ore per permettere agli abitanti di Tripoli e alle persone ferite di lasciare la città e mettersi al sicuro. La compagnia petrolifera italiana Eni ha deciso di evacuare il suo personale presente in Libia, lo stesso hanno fatto altre aziende straniere; anche l’esercito statunitense ha detto di aver temporaneamente fatto evacuare parte delle sue truppe.

La situazione è preoccupante anche per i migranti che vivono nei famigerati centri di detenzione di Tripoli: circa 6.000 persone tra cui 600 bambini – stando ai dati delle Nazioni Unite – scappati da guerra e persecuzioni da paesi come Eritrea, Somalia e Sudan, e portati in Libia mentre cercavano raggiungere l’Europa attraversando il Mar Mediterraneo. Al Jazeera è riuscita a parlare con alcuni di loro in vari centri della città, contattandoli attraverso i cellulari che tengono nascosti e riportando i loro racconti in forma anonima per ragioni di sicurezza. In alcuni casi – hanno detto – non hanno ricevuto acqua né cibo per due giorni e sono rimasti senza corrente elettrica e acqua corrente. Un uomo nel centro di Qasr bin Ghashir, nel sud-est di Tripoli, ha raccontato che la battaglia non è lontana e che due militari hanno promesso di trasferirli al sicuro, ma molti temono che siano trafficanti e che li venderanno come schiavi. In un altro centro i carcerieri sono scappati abbandonando le persone detenute.

Secondo gli esperti, l’avanzata verso Tripoli è un tentativo di Haftar di mettersi in una posizione di forza in vista di una conferenza delle Nazioni Unite sul futuro della Libia che si terrà il 14 aprile a Ghadames, nel sud-ovest del paese. Molti analisti pensano che non abbia risorse militari sufficienti per conquistare la capitale: il suo esercito è più che altro una coalizione di milizie ribelli che è riuscita a impadronirsi di molte zone grazie ad accordi precedentemente fatti con signori locali. L’attuale situazione della Libia – con un governo riconosciuto dalla comunità internazionale, ma con un gran pezzo di paese guidato da Haftar – è una conseguenza della deposizione del dittatore Muammar Gheddafi, nel 2011. Negli ultimi mesi c’erano stati vari tentativi di mediazione tra Serraj e Haftar (un maresciallo inizialmente fedele a Gheddafi, poi da lui esiliato), compresa la conferenza di Palermo organizzata nel novembre 2018 dall’Italia, nella quale i due si fecero fotografare insieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, mentre si stringevano la mano.

8 aprile 2019

ilpost.it

 

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