L’estate rovente dei precari della scuola


Eleonora Martini


Non possono permettersi di aspettare l’autunno per portare in piazza, sotto le finestre della Camera, la loro lotta. E così, a scuole chiuse, l’estate già torrida diventa rovente per i maestri e gli insegnanti che in centinaia hanno manifestato ieri.


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L’estate rovente dei precari della scuola

«No al più grande licenziamento di massa: per l’anno 2010-2011 -25.600 docenti, -15.000 impiegati Ata. Come chiudere otto compagnie Alitalia». Il cartello piazzato proprio davanti palazzo Montecitorio fa il paio con lo striscione srotolato dagli insegnanti precari giunti a Roma da ogni parte d’Italia per protestare contro i «tagli alla scuola: una truffa per tutti».
Non possono permettersi di aspettare l’autunno per portare in piazza, sotto le finestre della Camera, la loro lotta. E così, a scuole chiuse, l’estate già torrida diventa rovente per i maestri e gli insegnanti che, chiamati a raccolta dal
Coordinamento precari scuola, in centinaia hanno manifestato ieri contro il governo che «sta distruggendo progressivamente la scuola pubblica, a partire dalla legge 133/2008 che le ha sottratto otto miliardi di euro, fino all’attuale finanziaria», come spiega Massimo Gargiulo, insegnante di greco e latino del Coordinamento.
Sono venuti da Milano e da Siracusa, da Bari, Benevento, Reggio Emilia, e da ogni angolo del Paese anche se è soprattutto nel Mezzogiorno che la mannaia sull’istruzione pubblica diventa «una piaga sociale». Hanno aderito in tanti, dalla Flc-Cgil (che manifesta contemporaneamente insieme con il precariato
della Funzione pubblica anche sotto il Senato, dove la manovra ha superato il primo scoglio col voto di fiducia) all’Unione dei sindacati di base, Unicobas, Gilda, l’associazione Autalia, e col supporto politico della Federazione della sinistra, Sel e Sinistra critica. A nulla è servito essere stati ricevuti in delegazione dalla presidente della commissione Cultura, la Pdl Valentina Aprea: «Ci ha spiegato che in tempo di crisi l’istruzione può anche andare in fumo», raccontano delusi i delegati. Precari insieme a insegnanti di ruolo, studenti e genitori, individuano nella coppia Gelmini-Tremonti il virus che sta distruggendo una delle istituzioni più importanti del Paese, «proprio mentre alle scuole private si regalano 130 milioni di euro», come denuncia Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil che avverte: «Il precariato va aggredito tenendo insieme le lotte di tutti i comparti della conoscenza, scuola, università e ricerca». Eppure davanti a Montecitorio c’è soprattutto il mondo della scuola a chiedere il ritiro delle leggi 133 e 169 (ex decreto Gelmini), dei finanziamenti alle scuole private, del decreto Brunetta, e di ogni proposta di sostituire la contrattazione sindacale con provvedimenti legislativi. «Giù le mani dalla graduatorie», urlano al microfono che passa di mano in mano, perché sia chiaro alla ministra Gelmini che «non ci possono essere altre forme di reclutamento».
Tutti attendono che il Tar del Lazio si pronunci il 19 luglio sul ricorso presentato da oltre 800 famiglie contro i provvedimenti governativi di riordino delle  superiori che hanno decurtato l’orario scolastico soprattutto negli istituti tecnici e industriali. C’è chi spiega che solo in provincia di Caltanissetta tra il personale Ata «in due anni sono stati tagliati 900 posti di lavoro», e chi, come Antonella Giuliano, napoletana di 51 anni, precaria da 23 con un altissimo punteggio in graduatoria, quest'anno ha fatto un bel passo indietro: da supplente "incaricata" a precaria a tutti gli effetti. Avrebbe potuto spostarsi a Livorno o Parma, dove è stata chiamata, ma ha preferito rimanere nella sua città e adattarsi fin che si può. Caterina Altamore, invece, ha 37 anni e da 14 è maestra precaria a Palermo: «Da noi c’è stato un vero e proprio azzeramento del tempo pieno e, con l’accorpamento delle classi e il taglio alle compresenze, stanno perdendo il posto anche gli insegnanti di ruolo».
E allora che fare? «Malgrado un marito e tre figli piccoli, ha fatto la valigia e ho accettato il posto che mi è stato offerto in provincia di Brescia, dove la scuola pubblica e il tempo pieno resistono ancora e lavorano pure i non abilitati. E non ho voluto i 12 punti del "salvaprecari" perché in Sicilia non valgono nulla. Non accetto elemosine da un governo che, dopo tanti family day, smembra le famiglie e penalizza le donne».
A manifestazione quasi conclusa, un gruppo di giovani milanesi, insegnanti e ricercatori, vede entrare in un portone il Pdl Maurizio Lupi, e diventa una furia: «Ladro, buffone» urlano nemmeno avessere visto il Berlusca in persona. «Lui incarna Comunione e liberazione che in Lombardia controlla e lottizza tutto: sanità, università – spiega Alessandro (6 anni di precariato e tanta ricerca in Filologia classica) che quasi non riesce a calmarsi – Vederlo mi fa una rabbia immensa perché stanno distruggendo un bene collettivo a tutto profitto delle scuole private, soprattutto cattoliche».

Fonte: il Manifesto

16 luglio 2010

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