Le parole di padre Nicola Giandomenico con noi durante il cammino di pace


La redazione


Alla vigilia della Marcia Perugia-Assisi, a sei mesi dalla scomparsa di Padre Nicola Giandomenico, francescano del Sacro Convento d’Assisi, fondatore della Tavola della pace, lo ricordiamo con le sue parole…


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Le parole di padre Nicola Giandomenico con noi durante il cammino di pace

“Quale origine ha il tradizionale saluto francescano di Pace e Bene?”
Dobbiamo per questo appellarci alla “Leggenda dei Tre Compagni”, dove leggiamo testualmente:
“Fatto straordinario, che ha del miracoloso: egli [Francesco] aveva avuto, prima della conversione, un precursore dell’annunzio di pace, il quale percorreva di frequente le strade di Assisi salutando con il motto “Pace e Bene! Pace e Bene!”.
Si formò poi la convinzione che, come Giovanni il Precursore si tirò in disparte appena Gesù incominciò la sua missione, cosi anche quell’uomo, simile ad un secondo Giovanni e che precedette Francesco nell’augurio di pace, scomparve dopo l’arrivo del Santo”.
Tale saluto, quindi, di “Pax et Bonum” si trova soltanto in questa importante biografia del Santo e non sembrava appartenere in origine, direttamente a Francesco, di cui non vi è traccia o attestato in alcun altro documento.
Quindi, traendo delle conclusioni e leggendo che, fin dall’inizio delle sue prediche, Francesco offriva al popolo questo messaggio appunto “il Signore vi dia pace”, possiamo ritenere che egli, annunciando la pace o predicando la salvezza, naturalmente la salvezza dell’anima, intendesse augurare a tutti i suoi amati fratelli e a tutte le creature il “sommo bene”.
Usando, perciò, la frase “Pace e Bene” i francescani non hanno fatto e non fanno altro che esprimere l’idea del loro Padre e come preziosa eredità la custodiscono amorevolmente e la distribuiscono a tutto il mondo.
Precisando, a questo punto, anche se può sembrare a molti superfluo, come il termine “Bene” si debba intendere non come bene materiale e corporale, poiché ciò troverebbe in netto e aspro contrasto con l’idealità di Francesco, con il suo radicato spirito di Povertà, fiducioso illimitatamente nella Provvidenza, ma precisamente come bene dell’anima.
Usando il saluto “Pace e Bene” continuiamo tranquillamente a tessere quel filo immaginario che ci lega, ci unisce, ci riporta al pensiero genuino di san Francesco e rappresenta un bell’augurio di grande profondità e soavità che risuona talmente dolce da aprire qualsiasi cuore ad un “buon pensare”.
Ci fa desiderare che la pace regni sovrana nel cuore degli uomini, quale tesoro inestimabile, quale bene che non se ne può desiderare uno più caro, uno più utile, la cosa migliore per concorrere alla felicità e mezzo indispensabile ad una serena convivenza tra i popoli, autentico messaggio evangelico ricco di gioia e di poesia.
E i seguaci di san Francesco, presenti in tutto il mondo, formano una forza vivissima a servizio di Dio e di tutti gli uomini e fedeli alla loro vocazione, sono impegnati dovunque in opere di carattere sociale.
Dove c’è un ospedale, un centro per minori o disabili, un ospizio per anziani o un luogo per immigrati, per il recupero di tossicodipendenti, per malati di Aids, per persone povere, sono presenti loro, infaticabilmente, con la loro solidarietà, condivisione, amore e con l’impegno prioritario di perseguire la pace, la giustizia, la salvaguardia del creato.
I Francescani, il primo ordine religioso e il più numeroso, impegnato nel vivere il Vangelo, in preghiera, povertà e fraternità, comprende i Frati Minori, i Frati Minori Conventuali, i Frati Minori Cappuccini.
Il secondo ordine, quello delle Clarisse, in onore della fondatrice santa Chiara, abbraccia più di 17 mila suore impegnate in clausura nella vita contemplativa.
Il terzo ordine è rappresentato dai Francescani Secolari.
In questo periodo particolare di globalizzazione, in cui si accentua sempre di più il divario tra ricchi e poveri e si amplia sempre di più la schiera “dei poveri, sempre più poveri”, l’intera famiglia Francescana è vivamente occupata a trasformarsi in strumento di pace, coltivando uno stile di vita semplice, lontano dalla civiltà prettamente consumistica com’è quella di oggi, ed alla convivenza in totale fraternità. Troppo lungo sarebbe qui citare l’elenco di tutti quei frati e suore e missionari che hanno perduto la loro vita portando e praticando la loro parola di vera pacificazione.
E’ successo nelle nazioni africane, lacerate dalle guerre ( Burundi, Ruanda, Kenya, Zambia, Sud Africa, ecc.) e nelle zone di grandissima povertà, ricche solo di fame, di lebbra e di aids, con donne e bambini in balia di mille difficoltà e bisognose di tutto; nel Nord America, lavorando a fianco di movimenti antinucleari, o in America Latina, impegnati in prima linea per la pace, condividendo le angosce e le speranze dei popoli con cui vivono, partecipando alla trasformazione delle società da regimi repressivi, per aiutare i poveri a diventare i veri protagonisti della loro storia e della loro liberazione; e in Asia, in Vietnam, in Giappone, nelle Filippine, in Pakistan, in Terra Santa e dovunque coinvolti nel dialogo interreligioso e nella ricerca di un impegno comune tra le diverse fedi e culturale religiose sui temi della pace e della ecologia.
In sintesi lo spirito che permea tutte queste congregazioni religiose e umanitarie si potrebbe riassumere in queste poche parole dense di ricco significato spirituale:
“Pace e non violenza e non soprusi, ambiente sano e solidarietà, compartecipazione ai bisogni e alla miseria con lo sviluppo economico e umano, attraverso la comunicazione e il dialogo interculturale”.
L’intento comune dovrebbe essere quello di riuscire a rifiutare ogni pregiudizio, in modo tale che in ogni incontro o contatto umano o dialogo si possa prendere coscienza della cultura degli interlocutori, apprezzandone le singole ricchezze, per poter infine valutare pienamente ogni problema o richiesta.
Non basta: bisogna sforzarsi in tutti i modi per riannodare i fili rotti della comprensione e della collaborazione fraterna, alimentando sempre di più la propria vocazione alla pace.
Per tutto questo ci viene in soccorso la preghiera, perché, pur essendo la pace in mano al valore degli uomini, essa è dono di Dio e da Lui dipende e attraverso la preghiera e la crescita spirituale c si può allontanare dal condizionamento della pura materialità.
La pace va ricercata accuratamente rimuovendo tutte quelle cause che producono le guerre e le divisioni e gli odi, va osata costantemente da ognuno di noi con la propria responsabilità di essere umano tra esseri umani senza alcuna distinzione, senza delegare alcun impegno ad altri, convincendoci della possibilità concreta del cambiamento e della sconfitta di qualsiasi barriera di ordine materiale o spirituale  se non si percorre questa strada della solidarietà, del dialogo, della fraternità, basata sulla verità, la giustizia, l’amore, la libertà, non si è degni di essere chiamati uomini.
E per finire, per comprendere pienamente l’efficacia spirituale della preghiera per la pace, usiamo le parole del Santo Padre, Giovanni Paolo II, in Assisi, il 27 ottobre del 1986:
“E’ essenziale scegliere la pace ed i mezzi per ottenerla. La pace, cosi cagionevole di salute, richiede una cura costante e intensiva. Su questo sentiero noi potremo avanzare a passi sicuri e veloci, poiché non c’è dubbio che gli uomini non hanno mai avuto cosi tanti mezzi per costruire la pace quanti ne hanno oggi.
L’umanità è entrata in un’era di aumentata solidarietà e di aspirazione alla giustizia sociale. Questa è l’occasione propizia. E’ anche il nostro compito che la preghiera ci aiuta ad affrontare”.
E questo deve essere l’impegno costante e doveroso di ogni essere umano.

Nicola Giandomenico
Lidia Piccione

FRANCESCO E CHIARA DI ASSISI

Profeti di dialogo di Pace

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