L’arresto di un bambino è lo specchio della follia del regime


NEAR EAST NEWS AGENCY


Una detenzione normale per l’esercito israeliano quella di Wadi ad Hebron. Che dimostra ancora una volta la natura razzista del sistema israeliano.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
news149286

di Ami Kaufman – 972mag.com

Gerusalemme, 13 luglio 2013, Nena News – Chiedo ai lettori di guardare bene le foto e i video che mostrano la detenzione di un bambino di cinque anni ad Hebron (guarda i video dell’arresto sul sito di B’Tselem: Clicca qui). Come sottolinea il mio collega Mairav Zonszein, l’intero processo è molto calmo. Molto abitudinario.

Vorrei aggiungere un altro aggettivo: è molto razzista.

Guardate quei soldati compiaciuti, che non battono ciglio o pensano due volte al fatto di detenere un bambino di cinque anni. Come se non ci fosse il modo per uno degli eserciti più potenti al mondo di affrontare un ragazzino che ha tirato una pietra.

Guardateli, mentre lo circondano, quattro o cinque militari armati fino ai denti con lucide armi nere d’assalto, con i genitori che non vedevano (E qui parte tutto il ritornello della hasbara – propaganda – israeliana: “Che tipo di genitori lascia che il figlio bla bla bla?”. Ok, ditelo pure, ma lasciateci in pace presto).

Una dei miei figli ha la stessa età. Provo a pensare cosa un evento del genere potrebbe provocarle, e rabbrividisco. (Propaganda: “Ami, non ti accadrebbe perché tu sei più responsabile di un tipico genitore palestinese”. Zittitevi, razzisti che non siete nemmeno sotto occupazione).

Ci vuole un regime razzista per produrre tali esemplari di mascolinità a cui non importa niente dello stress e il trauma che può provocare ad un bambino. Bisogna essere in un estremo stato di apatia verso quel bambino per trattarlo in quel modo. Un’apatia come quella può solo essere il prodotto del razzismo.

Il sangue freddo per spingere un bambino così piccolo in una jeep dell’esercito.

Per bendare e ammanettare suo padre, davanti ai suoi occhi.

E per peggiorare le cose, serve un colonnello razzista che richiami i suoi soldati per quello che hanno fatto ad un padre e un figlio.

Ma non perché hanno causato un danno psicologico al bambino, no.

Non perché le loro azioni sono illegali (solo bambini sopra i 12 anni possono essere detenuti in Cisgiordania, secondo la legge militare). Dio ce ne guardi, no.

No, quell’ufficiale era arrabbiato (siete seduti?) perché i soldati stavano “danneggiando la propaganda”. Sì. Era arrabbiato perché non aveva tenuto conto delle telecamere che stavano riprendendo l’intera scena.

Le pietre possono essere pericolose, sì. Anche per l’incredibile velocità a cui il braccio di un bambino di cinque anni può arrivare. Di sicuro era una bella palla veloce.

Ma se questi eventi, che accadono ogni giorno in Cisgiordania da 46 anni, non sono per voi malati, non c’è speranza. Siamo totalmente senza speranza.

Traduzione a cura di Nena News

Fonte: http://nena-news.globalist.it

13 luglio 2013

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento