La sciopero della diplomazia: “L’Italia non deve finire fuori dal mondo”


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


La protesta delle feluche è riuscita. È stata altissima l’adesione dei diplomatici allo sciopero di martedì 26 luglio.


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La sciopero della diplomazia: "L’Italia non deve finire fuori dal mondo"

La protesta delle feluche è riuscita. È stata altissima l'adesione dei diplomatici allo sciopero di martedì. «Il 90% dei soci ha partecipato»: si tratta di «un'adesione altissima», spiega la presidente del Sindacato nazionale dei dipendenti del Ministero degli Affari esteri (Sndmae), Cristina Ravaglia. Una protesta che ha coinvolto il personale diplomatico a Roma e nelle 325 sedi italiane operative all'estero, tra ambasciate, consolati, rappresentanze permanenti ed Istituti italiani di cultura. Intere sedi, come quella di Berlino – annunciano i dirigenti sindacali – «sono rimaste chiuse». «È uno sciopero per l'Italia, contro chi, con il pretesto di pur necessari risparmi, o per semplice, gravissima inavvertenza, vuole disgregare le istituzioni del Paese», rimarca la leader del Sndmae incontrando i giornalisti nella sede dell'Associazione della stampa estera a Roma, per fare il punto della protesta dei diplomatici italiani contro i tagli «indiscriminati» previsti da una manovra che – evidenzia il ministro plenipotenziario – ha «tante cose che non ci piacciono», tra cui, in particolare: «i tagli lineari del 10% delle dotazioni finanziarie previste per ciascun ministero, tra cui anche la Farnesina, i tagli, a partire dal 2011 e rispetto alla spesa sostenuta nel 2009, del 50% delle spese per missione e del 50% delle spese per la formazione, le progressioni di carriera che, per i prossimi tre anni, avranno efficacia esclusivamente giuridica e non anche economica». ALLARME ROSSO Una protesta inconsueta, «ma noi scioperiamo quando riteniamo che sono in gioco i destini della politica estera italiana. Questi tagli debilitano gli strumenti fondamentali» dell'attività della Farnesina, «minandone il sistema meritocratico», sottolinea Cristina Ravaglia, che esibisce una spilla con lo slogan 'la Farnesina a fondo, Italia fuori dal mondo', come fanno alcuni degli ambasciatori presenti. Tra loro quello d'Italia a Berlino, Michele Valensise, quello in Kuwait, Enrico Granara, ad Amman, Francesco Fransoni, a Tunisi, Pietro Benassi, e a La Paz, Silvio Mignano. Tutti ben attenti a sottolineare che non si tratta di uno sciopero «corporativo, di rivendicazioni di privilegi», ma di un'azione per lanciare l'allarme su tagli che rischiano di «debilitare il funzionamento del ministero degli Esteri». Lo stop delle feluche arriva in concomitanza con “l'avvio” del servizio diplomatico europeo. «Dobbiamo smettere di ridurci e ricominciare ad espanderci», esorta Ravaglia alla vigilia della VII Conferenza degli Ambasciatori durante la quale «continueremo a richamare l'attenzione su questo momento difficile per la nostra politica estera». «Contiamo che il ministro Franco Frattini ci sia accanto in questa battaglia che riguarda tutti», conclude la presidente del Sndmae, ricordando che per il 2010 la Farnesina può contare sullo 0,26% del bilancio dello Stato (inclusa la Cooperazione allo sviluppo), contro lo 0,34% del 2004. un terzo dell'1,01% su cui conta la Francia e meno della metà dello 0,93% della Germania. L’OPPOSIZIONE PROTESTA A scendere in campo è anche l'opposizione. «Berlusconi e Tremonti vogliono spegnere la voce dell'Italia nel mondo. Come se non bastassero le improvvisazioni fin qui fatte dal governo ora dobbiamo incassare un ulteriore colpo alla nostra politica estera: il governo infatti ha deciso con la manovra economica di tagliare gli strumenti della diplomazia italiana», denuncia Sandro Gozi, responsabile delle Politiche europee del Pd.

Fonte: l'Unità

27 luglio 2010

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