La cittadinanza è un diritto, nessuno sceglie dove nascere!


il Manifesto


Manifestazione in piazza Montecitorio per lo ius soli. Le seconde generazioni vittime del clima di odio e razzismo che c’è in Italia.


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9maggio2019

Sotto un timido sole di maggio sbucato dopo una pioggia inattesa si sono incontrati i sostenitori della riforma della legge sulla cittadinanza. Davanti, il parlamento italiano che alla fine della scorsa legislatura guidata dal Pd avrebbe potuto finalmente introdurre l’atteso ius soli. Dietro, uno striscione con scritto «Marcia dei diritti» e il celebre disegno che raffigura le leggendarie origini di Roma, arricchito da un’inedita presenza: un bambino con i capelli afro seduto in mezzo a Romolo e Remo, sotto la lupa.

«SONO ARRIVATO in Italia due anni fa – racconta Diallo Alpha Oumar Kadiatou, del Movimento attivisti italiani di origine diversa – quindi non ho la cittadinanza e lo ius soli non mi riguarda. Questa lotta non la faccio per me, ma per tutte le persone che ne hanno bisogno. I bambini nati in Italia devono avere la cittadinanza italiana perché nessuno sceglie dove nascere». Diallo era impegnato politicamente anche in Guinea e si è fatto un’idea precisa della situazione del suo nuovo paese. «I diritti stanno diminuendo per tutti, mentre il razzismo aumenta. Le persone non sono razziste a causa dell’ignoranza, ma perché la politica insegna loro a odiare. Credo che questo meccanismo faccia male all’Italia».
MENTRE SI SUSSEGUONO gli interventi al megafono, segnati da accenti e cadenze di provenienze diverse, arriva in piazza un passeggino con una grande bandiera ecuadoriana e un piccolo cartello: «Anche io sono nato in Italia, non è giusto che mi trattate in modo diverso». «Io e mio marito siamo arrivati 17 anni fa – dice Rosìo Burgos – abbiamo un bambino di 8 anni e una bambina di 4. Le leggi dovrebbero essere uguali per tutti, invece a noi è proprio la legge a discriminarci. Fa male, ma soprattutto fa male vedere che questo pesa sul futuro dei nostri figli, che almeno fino a 18 anni non potranno avere la cittadinanza». «Si parla tanto di integrare i migranti, ma poi i bambini, fin da piccoli, fin dalle scuole, sono trattati in maniera diversa perché sono stranieri» aggiunge Miguel Quispe, il marito.

«IO HO AVUTO LA FORTUNA di ottenere la cittadinanza da piccola, nonostante sono nata in Siria – afferma Sara El Debuch – Sono qui per dare voce, nel mio piccolo, a chi ha paura di manifestare. È un momento difficile, in cui le persone si sentono legittimate a farsi giustizia da sole, contro i diversi. Per questa paura ho smesso di indossare il velo e temo che qualcuno possa fare del male a mia madre che continua a portarlo».

NEL PRESIDIO CONVERGE un caleidoscopio di storie, situazioni giuridiche, provenienze geografiche e colori dei corpi. Un’immagine bella, nonostante gli strani gusti di qualcuno. La protesta inaugura tre settimane di iniziative che si concluderanno a Milano il prossimo 2 giugno, festa della Repubblica.

Obiettivo: interrompere l’immobilismo sul tema della riforma della cittadinanza seguito alla delusione per le scelte del governo precedente. Visti i tempi, non si può dire sia poco.

9 maggio

Il Manifesto

Ginandro Merli

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