L’11 settembre delle vittime “dimenticate”


Loretta Bricchi Lee


Migliaia le persone sopravvissute agli attacchi che ancora ne soffrono le conseguenze fisiche e psicologiche. L’Onu ha dedicato loro un evento nel settimo anniversario delle stragi.


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L’11 settembre delle vittime “dimenticate”

Oggi, alle 8.46 precise, sulla città di New York cadrà il silenzio. Come per i precedenti anniversari, anche la settima commemorazione dell’11 settembre prenderà il via segnando l’ora esatta in cui il primo aereo colpì la torre nord del World Trade Center dando inizio al peggiore attacco terroristico sul suolo americano. Le famiglie delle vittime scenderanno nella fossa di Ground Zero e l’intera America si fermerà a pregare quando gli altri tre momenti cruciali dell’11 settembre 2001 verranno ricordati da un tocco solenne di campana, mentre i nomi dei tremila morti verranno letti ad alta voce. Il mondo non vuole dimenticare e identificando uno ad uno chi vi ha perso la vita si attribuisce una portata ancora più ampia a quella tragica mattina. Le commemorazioni, però, ignoreranno ancora una volta le “vittime invisibili” dell’11 settembre, tutti coloro che sono usciti vivi dalle fiamme delle Torri gemelle, ma che continuano a portare con sé i segni di quell’esperienza. Il numero complessivo di chi è rimasto psicologicamente colpito dagli eventi, sebbene incalcolabile, è enorme, ma anche il bilancio di chi ha riportato ferite fisiche – stimato in 2.680 – è prossimo a quello dei caduti. E’ composto soprattutto da vigili del fuoco, alcuni direttamente colpiti dai detriti del World Trade Center e per la maggior parte stroncati dalle malattie respiratorie contratte in seguito al crollo di tali edifici. Ci sono però almeno tre dozzine di persone la cui vita è stata drammaticamente cambiata dagli attacchi terroristici e che – anche a sette anni di distanza – hanno difficoltà a considerarsi “fortunati”. Sono persone quali Lauren Manning, che quell’11 settembre ha riportato ustioni sull’80% del corpo e che ancora oggi non può condurre una vita normale per il rischio di infezioni al delicato innesto epiteliale, o Elaine Duch che, oltre alle limitazioni dovute alle cicatrici visibili, deve fare i conti con le pesanti ripercussioni psicologiche che l’hanno portata a tagliare i legami con tutti coloro che la conoscevano prima della tragedia. Sono alcuni dei sopravvissuti ai quali le Nazioni Unite hanno dedicato martedì scorso un simposio, perché anche queste “vittime” del terrorismo non vengano dimenticate. Un evento che secondo il vice segretario generale Onu e capo della task force per l’antiterrorismo, Robert Orr, ha dato l’opportunità di mettere un volto umano alla sofferenza dei sopravvissuti e delle loro famiglie, spostando l’attenzione dai terroristi a chi viene colpito dai loro attacchi. “E’ per il bene dell’umanità che dobbiamo creare un foro globale per la voce delle vittime”, ha dichiarato infatti il segretario generale Ban Ki-Moon, concludendo che sono proprio le storie di come il terrorismo ha avuto un impatto sulle loro vite a rappresentare “le ragioni più forti per cui il terrorismo non può essere mai giustificato”.

Fonte: Avvenire

11 settembre 2008

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