L’Italia taglia gli aiuti: 21 milioni di persone soffriranno la fame


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Rapporto Oxfam in occasione del Comitato Onu per la sicurezza alimentare. Il governo ha ridotto del 56 % il sostegno all’agricoltura nei Paesi poveri. «Le promesse al G8 dell’Aquila, molta retorica e ancora pochi fatti».


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L'Italia taglia gli aiuti: 21 milioni di persone soffriranno la fame

La fame si può sconfiggere solo se i governi del Nord e del Sud del mondo uniscono le loro forze, abbandonando il vecchio gioco delle accuse reciproche. Inoltre, se l’Italia non farà la sua parte per aumentare le risorse per la sicurezza alimentare e l’agricoltura, il nostro Paese abbandonerà quasi 21 milioni di persone ad una lotta contro la fame iniqua e impossibile da vincere. Una cifra agghiacciante, pari a un terzo della popolazione italiana. Lo sostiene Oxfam Italia nel rapporto «Insieme contro la fame: ricette globali per un’azione vincente», diffuso in occasione della 36esima sessione del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale (CSA) delle Nazioni Unite, apertasi a Roma l’11 ottobre per concludersi oggi, nella Giornata Mondiale per l’Alimentazione. Oxfam Italia apprezza l'impegno del governo italiano nel promuovere un approccio multilaterale contro la fame, ma sottolinea l’impatto disastroso della riduzione degli aiuti italiani, sancita al G8 dell’Aquila: «Con le dichiarazioni rese al vertice dei grandi della terra, l’Italia ha di fatto promesso di ridurre i suoi aiuti per l’agricoltura e la sicurezza alimentare del 56% rispetto al 2009», spiega Farida Bena, portavoce di Oxfam Italia. Secondo Bena, è fondamentale che l’Italia aumenti non solo la quantità ma anche l’efficacia degli aiuti, riducendone la frammentazione e sostenendo piani nazionali e regionali. «Il ministro Frattini, al recente vertice di New York sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, ha dichiarato che il problema della fame è una priorità del governo italiano. Oxfam Italia chiede ora al governo di far seguire azioni concrete ed ambiziose alla retorica», conclude Bena. Ma qualche segnale di cambiamento si è manifestato. Il CSA, finora ostacolato da scetticismi e accuse reciproche, ha cambiato passo. «Le organizzazioni della società civile hanno svolto un ruolo cruciale per far sì che il Comitato non sia un forum dove si producono chiacchiere, ma risultati concreti», commenta Chris Leather, portavoce di Oxfam. «Ci sono buone ragioni per sperare nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Tuttavia, è necessaria una partecipazione più ampia al CSA, anche da parte di istituzioni come la Banca Mondiale e del settore privato. Solo così il Comitato può essere davvero in grado di agire in modo coordinato per la lotta contro la fame. Le premesse sono incoraggianti, ma c’è ancora molta strada da fare». Ai lavori del CSA per l'Italia è intervenuto il ministro dell'Agricoltura, Giancarlo Galan. «Il governo italiano – commenta Oxfam Italia – persevera nella sua politica double-face. Da una parte ribadisce il sostegno alla riforma del CSA. Dall'altra, non fa seguire alle parole i fatti. Nel suo intervento, durante i lavori del Comitato, il ministro Galan non ha spiegato come l'Italia intenda rimediare al drastico taglio delle risorse per la lotta contro la fame, ridotte del 56% rispetto al 2009 nonostante il grandioso annuncio dell'iniziativa sulla sicurezza alimentare al G8 de L'Aquila». Oxfam Italia torna a rimarcare che il taglio allo sviluppo mette a rischio 21 milioni di persone nel Sud del mondo. «Se il nostro Paese – riflette ancora in una nota l'Ong – promuovesse una tassa sulle transazioni finanziarie, sarebbe possibile controllare le speculazioni sui mercati alimentari, una delle cause dell'aumento dei prezzi segnalata dal ministro, sarebbe possibile reperire centinaia di miliardi di euro per la lotta contro la fame e la povertà». Infine, sottolinea ancora Oxfam Italia, «la proposta tutta italiana di dimezzare i costi delle rimesse del 5%, misura in grado di devolvere fino a 15 miliardi di dollari all'anno ai Paesi in via di sviluppo, non ha prodotto ancora nessun risultato concreto”. La malnutrizione che condanna milioni di bambini nel mondo può essere vinta.  E c'è oltre che il problema  della quantità anche quello della qualità nutrizionale degli alimenti. Questo ci dicono quanti come Medici Senza frontiere e la Comunità di Sant'Egidio sono impegnati su questo fronte. E questo rende tanto più inaccettabile  che un Paese come l'Italia non faccia il suo dovere e non rispetti gli impegni presi», rimarca Pietro Marcenaro, presidente della Commissione per i diritti umani del Senato. Complessivamente Nel 2010 sono 925 milioni le persone che vivono in uno stato cronico di fame e malnutrizione. La cifra si è ridotta rispetto al 2009 ma «il livello rimane inaccettabile e non possiamo rimanere indifferenti». Ad affermarlo è Jacques Diouf, direttore generale della Fao, che ha ricordato che sono 30 i Paesi che si trovano in una situazione di emergenza alimentare, e di questi 21 si trovano in Africa. Nel 2009 l'Italia è stato il Paese europeo che ha investito percentualmente di meno in aiuti per lo sviluppo, con solo lo 0,16% del Prodotto interno lordo. Una conferma viene da un recente rapporto dell'organizzazione non governativa Action Aid «Nel 2009, il rapporto Aps/Pil è stato dello 0,16% – circa 3,3 miliardi di dollari -, con una contrazione in termini reali del 34%», rimarca il rapporto. A fronte di una media europea dello 0,44%, l’Italia è l’ultimo donatore in termini di generosità, collocandosi dopo Paesi dalle finanze pubbliche più instabili come Grecia, Portogallo, Malta e Cipro». «Nei giorni del Vertice G8 de L’Aquila, il governo italiano si era formalmente impegnato di fronte al Parlamento e all’opinione pubblica internazionale a saldare i debiti al Fondo Globale per la lotta a Hiv/aids, tubercolosi e malaria e a contribuire all’Aquila Food Initiative con 450 milioni di dollari», dice l'Ong. «Ad oggi nessuno di tali impegni è stato mantenuto». Secondo Action Aid, la «crisi quantitativa» degli aiuti forniti dall'Italia non dipende esclusivamente dalla crisi economica, perché, spiega, se «si fosse comportata alla pari degli altri paesi donatori che presentano gli stessi indicatori macroeconomici, nel 2009 l’Aiuti per lo sviluppo al netto del debito sarebbe stato pari allo 0,27% del Pil». Nel 2009 l'Italia era il secondo Paese – tra quelli che fanno parte del Development Assistance Committee dell'Ocse – con il rapporto Aps/Pil più basso, dopo la Corea del Sud.

Fonte: l'Unità

16 ottobre 2010

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