L’immigrazione irregolare in Italia vista dagli arabi


Micaela de Marco


"Qui è crisi, non c’è alcuna possibilità per i giovani. Quindi partire appare l’unica soluzione, perché i salari sono davvero insufficienti, ammesso che ci sia un lavoro" spiega Muhammad, uno studente di ingegneria.


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L'immigrazione irregolare in Italia vista dagli arabi

Cairo, Egitto. "Qui è crisi, non c'è alcuna possibilità per i giovani. Molti di loro rinunciano al matrimonio, alle loro storie d'amore, ma non possono sottrarsi al loro dovere con le famiglie. Quindi partire appare l'unica soluzione, perché i salari sono davvero insufficienti, ammesso che ci sia un lavoro. Non hanno fiducia nel loro paese, è evidente che il governo non è in grado di affrontare questa situazione", spiega Muhammad, uno studente di ingegneria.

"Sposare una straniera è un'altra soluzione", suggerisce Ahmad, assistente universitario con uno stipendio mensile di ottocento lire egiziane (circa cento euro): "Così che si possa acquisire il diritto di partire".
 
Cosa ne pensi degli (illegali) 'viaggi della speranza'?

"Quelli che li organizzano sono inqualificabili, quelli che li compiono invece sono pazzi. In questi viaggi in gommone ci sono poche possibilità di sopravvivenza. Ma soprattutto, è illegale!", dichiara uno studente di venticinque anni. "Dietro questi viaggi c'è un giro d'affari vergognoso che si concentra soprattutto al Cairo, dove si 'stipulano i contratti', nelle case private o anche semplicemente per telefono. Ma i gommoni e le barche partono, in gran segreto, e generalmente di notte, principalmente da Alessandria e Marsa Matruh, sulla costa, ma la maggior parte della gente preferisce partire dalla Libia. La polizia libica infatti, si sa, è meno attenta di quella egiziana", spiega un orafo, e continua: "Molti aspettano il capodanno o le altre feste perché ci sono meno controlli". Un imprenditore si sofferma su queste 'figure professionali': "Quelli che organizzano i viaggi non sempre sono individui singoli, ma si muovono all'interno di vere e proprie organizzazioni criminali". La speranza è, oltretutto, piuttosto cara: "Dalle venti alle trentamila mila lire egiziane (tre/quattromila euro). Una parte del denaro viene versata prima del viaggio e un'altra alla fine, se si è giunti a destinazione sani e salvi". Se si considera che gli stipendi generalmente si aggirano sulle quattro/ottocento lire al mese (cinquanta/cento euro), ci si rende facilmente conto dell'assurdità di questi prezzi. Ma sono comunque più sostenibili dei prezzi dei viaggi 'legali': "Ci sono due vie legali per arrivare in Italia: con un visto turistico o un visto per lavoro", spiega un imprenditore egiziano che lavora con aziende italiane ed è stato in Italia almeno otto volte: "Per il visto turistico chiedono un conto in banca di almeno cinquantamila lire egiziane, un biglietto aereo A/R, e, dopo il colloquio al consolato, bisogna versare, se non erro, cento dollari all'ambasciata italiana. Per il visto di lavoro la faccenda è anche più complicata: bisogna avere un contratto di lavoro in Italia, bisogna pagare dunque una sorta di intermediario che ha contatti con aziende e ristoranti in Italia, e che puo' dunque aiutarti a trovare un contratto e si procura il visto, per il servizio completo servono almeno centomila lire egiziane (l'intermediario si prende circa il cinquanta per cento della somma). Un prezzo altissimo, per questo si preferisce l'avventura nel Mediterraneo. Arrivare vivi non è tuttavia semplice: "Un mio amico, che adesso lavora in una pizzeria a Milano, è arrivato in Italia con questi gommoni. Sono partiti da Alessandria, i gommoni erano tre e su ognuno c'erano trecento persone. Due dei gommoni sono ovviamente affondati e seicento persone sono morte, l'altro è arrivato sulle coste italiane, ma con solo trentasei persone. Le altre si sono dovute buttare in mare perché altrimenti il gommone affondava". E con quale criterio si decide chi deve morire e chi invece proseguirà il viaggio?: "Con un sorteggio. Se sei sfortunato non hai scelta: devi buttarti giù. Il mio amico me l'ha raccontato quel sorteggio: un delirio! Quei gommoni li caricano a più non posso per riempirsi di soldi! Ne muoiono a migliaia, nei giornali si riportano notizie che sembrano bollettini di guerra". Tuttavia, al momento di salire, molti non pensano a chi è morto, ma a chi, alla fine, ce l'ha fatta: "Mio zio ha vissuto un anno a Milano, è tornato e si è aperto due negozi!", o ancora: "C'è un paese nei pressi di Fayoum, a sud di Cairo. È piccolo e ricchissimo. È un complesso di villette. Ci vivono egiziani che si mantengono con le rimesse dei famigliari espatriati". Un giornalista mi spiega: "Il governo egiziano sta facendo sforzi enormi per arginare questo fenomeno, sia per non danneggiare le sue buone relazioni con l'Italia, sia per l'indecenza di queste morti, delle quali si sente comunque responsabile. Del resto queste persone partono perché c'è la fame, e la fame, in un paese come l'Egitto, pieno di risorse, è determinata da politiche sbagliate. Quindi i controlli sono diventati serratissimi. E anche i poliziotti egiziani su questo argomento si dimostrano molto severi, anche perché temono che la persona che cerca di corromperli sia una spia del governo". La conseguenza di questi controlli così severi è, come è facile immaginare, l'aumento dei prezzi dei gommoni 'della speranza': "Nel 1999 salire su una barca ti veniva a costare cinquecento lire, adesso te ne chiedono almeno trentamila". Ma i flussi non si fermano.
 
E il nuovo pacchetto sicurezza proposto dal governo italiano?

Prevede il carcere fino a quattro anni per i clandestini che non hanno lasciato il territorio nazionale nonostante l'espulsione, e fissa a ottanta/duecento euro la tassa per il permesso di soggiorno: "Un paese deve occuparsi in primis dei suoi cittadini, deve proteggerli. Se a un immigrato non lo minacci con le cattive non cede. Queste persone scappano dalla fame, misure troppo soft non le spaventano, ne le convincono a non partire. L'Egitto ha innumerevoli possibilità, perché non trovano il modo di farle fruttare?", si chiede un imprenditore. Un ragazzo che studia l'italiano, con la speranza di frequentare l'università di Perugia, commenta: "Lo condivido, è duro, ma deve esserlo! La crisi economica generale ha accresciuto il desiderio di scappare e, di conseguenza, questi flussi migratori. Se l'Italia dovesse aprire le porte, allora l'Egitto intero si riverserebbe nel 'bel paese', e qui rimarrebbero solo la Sfinge, le piramidi, i turisti e gli orientalisti", dichiara un autista, e spiega: "E poi, l'Italia non è in grado di sostenere la sua popolazione, non riesce a reggere anche gli immigrati, stessa cosa dicasi per gli altri paesi europei", infatti, aggiunge una studentessa: "La maggior parte non prende in considerazione l'Europa, piuttosto i paesi arabi petroliferi. Solo che sono artificiali e deprimenti". Quasi tutti si sono dichiarati d'accordo con il progetto di legge: "È  illegale e devono pagare le conseguenze. Magari queste leggi dure dissuaderanno gli ossessionati dall'intraprendere quei viaggi pericolosi e manderanno a picco gli interessi di quelli che li organizzano", e ancora: "Una legge del genere la dovrebbero applicare in Egitto. Anche qui abbiamo un serio problema con i sudanesi, e gli irakeni, e i senegalesi, ecc ". Una voce isolata: "La prigione è inaccettabile, è crudele. Capisco che l'Italia non ce la fa, allora che li rimpatri direttamente", afferma un giornalista dell'Alto Egitto, anche lui giunto nella grande metropoli egiziana in cerca di fortuna. Il suo collega interviene e mi chiede: "Ma poi chi paga il loro 'soggiorno' in carcere (di quattro anni poi, mica pochi mesi …!)? I contribuenti italiani? Ma gli italiani non si arrabbiano?".   
 
I medici "possono" denunciare un clandestino

"D'accordo con pene più severe, d'accordo con il carcere per i clandestini, d'accordo con il rispedirli a casa alla prima occasione. Ma i medici che denunciano il clandestino? Disumano!", esclama un'insegnante. Un avvocato condanna categoricamente questa misura: "È contro i diritti umani. Un medico deve curare chiunque abbia bisogno di cure, non deve chiedere prima i documenti". Un imprenditore mette sull'attenti: "Così avranno paura di andare in ospedale, si ammaleranno e questo avrà ripercussioni negative anche sulla salute degli italiani".
 
E le 'ronde padane'?

"Incredibile! I cittadini non hanno i requisiti né la preparazione per agire in questo ambito. La caccia all'uomo non si può accettare". Molti mi chiedono cosa sono le ronde, lo spiego, impallidiscono. "Ma state diventando tutti poliziotti? Ma almeno vi pagano per questo?".

Fonte: Articolo21

10 febbraio 2009

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