L’Aquila un anno dopo. Dolore e fiaccolata


L'Unità


Fiaccolata nella notte e lutto cittadino a L’Aquila nel primo anniversario del terremoto del 6 aprile, che provocò la morte di 308 persone.


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L'Aquila un anno dopo. Dolore e fiaccolata

Questa volta alle 3.32 c'èstato solo un lunghissimo silenzio, seguito da 308 rintocchi della campana delle Anime Sante: gli aquilani si sono ritrovati in tanti – oltre 25 mila – in quella piazza del Duomo dove un anno fa accorsero feriti, spaventati, addolorati per il terribile terremoto che aveva distrutto la loro città e ucciso parenti, amici, studenti venuti da lontano.

C'è stata, sì, una scossa di terremoto, alle 2:57, ma di magnitudo 2.2, ovvero niente rispetto a quella di 6.3 del 6 aprile 2009. È stata una notte diversa, illuminata da migliaia di fiaccole, candele, lumini che dalla sera prima avevano dato luce lungo le strade buie ai quattro cortei silenziosi partiti da altrettanti quartieri per raggiungere la zona rossa del centro storico. Un gesto di grande valore simbolico non solo per commemorare le vittime, ma anche per ribadire la volontà di tornare ad occupare il cuore della città e, quindi, di riappropriarsi di un'identità ferita per la lontananza forzata.

Quattro cortei – composti da giovani, anziani, alcuni con le stampelle, giovani coppie con i bambini nelle carrozzine – aperti ognuno da un gruppo di parenti delle vittime e dai vari comitati cittadini che da un anno si battono per tenere alta l'attenzione rispetto ai problemi della ricostruzione e per pungolare le autorità. Non c'è stata alcuna contestazione lungo i percorsi nè quando, tutti assiepati nella piazza principale, è stata attesa l'ora fatidica. Prima sono stati letti i nomi delle 308 vittime, poi sono seguiti i rintocchi della campana. Alla fine, in silenzio e con i ceri e le lampade ancora accesi, il ritorno a casa – per moltissimi lontano dall'Aquila – o alla Basilica di Collemaggio per la messa solenne dell'arcivescovo Giuseppe Molinari, il quale ha esortato a fare in modo che «questa notte segni l'inizio di un nuovo cammino con l'aiuto di Dio».

In formato minore, ma identica, la commemorazione ad Onna, frazione simbolo di quella scossa mortale, che ha voluto sottolineare il «nuovo cammino» posando alle 4.32, un anno e un'ora dopo il sisma, la prima pietra del centro sociale. Non ci sono state le contestazioni temute perchè, alcune ore prima, alcune persone che assistevano al consiglio comunale tenuto nella chiesa delle Anime Sante, avevano fischiato mentre veniva letto il messaggio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

La notte è scivolata nel silenzio composto di «una bellissima e commovente fiaccolata all'insegna della pietà», come lo stesso prefetto ha rilevato, sottolineando che «la grandissima e composta partecipazione responsabilizza ancora di più le istituziuoni. Lì si è vista fino in fondo la determinazione di questo popolo».

L'anniversario è stato per gli aquilani un momento di riflessione e di dolore, ma anche l'opportunità per ribadire che «il non urlare fa parte della cultura di questa gente determinata e compatta», come hanno evidenziato alcuni cittadini ricordando che il cosiddetto «popolo delle carriole» in silenzio rimuove le macerie, ma lancia segnali forti alle istituzioni.

Ieri il premier aveva concesso una intervista al "Centro":, difendendo l'operato di Bertolaso e dicendo: «Le risorse a disposizione sono sufficienti e sono già state rese disponibili. La ricostruzione dell'Abruzzo non ha e non avrà nulla a che vedere con gli sprechi e i ritardi del Belice, dell'Irpinia e dell'Umbria». «Gli aquilani – affermava Berlusconi – devono esser fiduciosi perchè le risorse necessarie per ricostruire L'Aquila sono già state previste nel decreto Terremoto: 8,6 miliardi di euro. E questo non era mai accaduto in passato. C'è chi infanga il lavoro fatto dal governo, ma noi abbiamo impostato la ricostruzione nei migliori dei modi".  «I miracoli li fa solo il Signore. Noi certamente abbiamo garantito uno sforzo di assistenza agli aquilani che non ha pari nella storia del nostro Paese e che è stato indicato come un modello a livello internazionale".

Il messaggio di Napolitano Di fronte al terremoto in Abruzzo l'Italia ha saputo «unirsi» e mostrare «generosità». Lo scrive il capo dello Stato Giorgio Napolitano in un messaggio inviato alla popolazione colpita dal terremoto in Abruzzo, nel primo anniversario del sisma. «Di fronte a quei drammatici eventi, l'Italia ha saputo unirsi con esemplare slancio e generosità. L'azione di soccorso e di assistenza ha visto la mobilitazione rapida ed efficace di tutti i soggetti istituzionali e del mondo del volontariato». «Un anno fa – sottolinea Napolitano – la terra d'Abruzzo è stata colpita dal devastante terremoto che si è abbattuto su L'Aquila e sulle zone circostanti. Una tragedia che ha provocato pesanti, inconsolabili lutti e gravi sofferenze – queste ultime non ancora pienamente superate – alla popolazione, e che ha nello stesso tempo procurato danni ingenti al tessuto urbano e al prezioso patrimonio culturale e artistico di un territorio di antica civiltà».

"La Protezione civile non si perda in altre direzioni" La Protezione civile deve dedicarsi alle «calamità naturali», evitando di «perdersi in altre direzioni», sottolinea Napolitano. «La Protezione Civile – precisa – costituisce un sistema complesso – al cui vertice si colloca l'apposita struttura costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e presente anche capillarmente sul territorio – destinato ad interagire con le altre istituzioni pubbliche centrali e locali, per mobilitare e integrare tutte le energie e le competenze che occorre coinvolgere nelle situazioni di emergenza». Si tratta, sottolinea, di un «un modello organizzativo sviluppatosi e progressivamente perfezionatosi a partire dagli anni '90, dotato di poteri eccezionali e che ha raggiunto livelli di straordinaria efficienza, riconosciuti anche a livello internazionale. Un modello che è chiamato a fronteggiare le calamità naturali e ad esse deve dedicarsi, senza perdersi in altre direzioni di intervento pubblico per ovviare alle lentezze di procedure ordinarie non ancora rinnovate e semplificate come è necessario da tempo».

Fonte: L'Unità

5 aprile 2010

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