Italia si scopre orfana dei clandestini


Guido Ruotolo


In picchiata gli sbarchi sulle coste del Mediterraneo: dai 31 mila del 2008 ai 29 dei primi quattro mesi di quest’anno.


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Italia si scopre orfana dei clandestini

ROMA – I clandestini in Italia sono scomparsi. Da un anno è finita l’emergenza. Quelle immagini delle carrette cariche di fantasmi, di senza speranze che noi siamo abituati a chiamare, che abbiamo chiamato per anni «clandestini», ma che tali non erano e non sono per il semplice fatto che arrivano, arrivavano alla luce del sole chiedendo aiuto, bene quelle immagini sono consegnate alla storia. Le stime ufficiose del Viminale parlano ormai di un crollo negli ingressi. Circa 50.000, un terzo, rispetto ai 150.000 che arrivavano ogni anno. Briciole, a confronto di quello che accadeva negli anni passati. Agli sbarchi di massa prima in Puglia (Anni 90), con gli albanesi, poi in Calabria (kurdi iracheni e afghani) e Sicilia (Corno d’Africa, fascia subsahariana) e persino Sardegna (Algeria).

Una riduzione drastica del fenomeno, anche se le varie Agenzie, associazioni che si occupano del fenomeno (dalla Caritas all’Ocse) continuano a parlare di una presenza di clandestini in Italia che oscilla tra 700.000 e 1.000.000. Un numero che si è consolidato negli anni, e che non tiene conto del fatto che per molti di loro l’Italia non è la meta finale ma terra di transito per raggiungere altri Paesi, dalla Germania al Nord Europa. Fino a ieri per analizzare il fenomeno dell’immigrazione irregolare gli esperti utilizzavano l’immagine della torta. Una fetta del 50-60% era rappresentata dagli overstayers, e cioè coloro che arrivavano magari all’aeroporto romano Leonardo da Vinci con un regolare visto turistico e poi si rendevano irreperibili, una volta scaduto il visto o il permesso di soggiorno. Un’altra fetta equivalente al 20-30% della torta rappresentava gli ingressi fraudolenti alle frontiere. Soprattutto i porti dell’Adriatico erano, sono interessati a questo fenomeno (clandestini stipati all’interno dei tir, nelle sue intercapedini, nei vani nascosti magari sotto una pila di cassette di frutta). Il resto, tra il 10 e il 20% era rappresentato dagli sbarchi.

Adesso, all’immagine della torta se ne è sostituita un’altra: una pentola a pressione sfiatata, con poca acqua dentro. In sostanza si tratta di overstayers e piccole quote di ingressi irregolari dalle frontiere soprattutto dai porti adriatici. Gli arrivi via mare più grossi sono avvenuti in Francia, un paio di mesi fa: 120 maghrebini sono sbarcati in Corsica. Dunque, quale è stata la ricetta per il ridimensionamento del fenomeno? Il prefetto Rodolfo Ronconi, direttore centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera della Polizia di Stato, sintetizza: «Applicazione della legge, rispetto degli accordi». Spiega il prefetto: «L’accordo con la Libia funziona molto bene. E da lì i clandestini non partono più. I dati lo confermano: dal primo gennaio ad oggi sono sbarcati 29 clandestini a fronte di 2.673 arrivi dell’anno scorso. Abbiamo attivato un meccanismo virtuoso fatto di intese e memorandum tra i ministri dell’Interno o i capi della polizia dei diversi Paesi. E cosa che non accadeva prima, le stesse autorità locali stanno adottando politiche per non fare partire i propri connazionali».

Accordi di riammissione sono stati firmati con la Nigeria, con il Niger, l’Algeria e il Ghana. Nelle prossime settimane saranno siglate intese con il Gambia e il Senegal, mentre è in corso una trattativa con il Sudan. Ma quale è stato il prezzo da pagare perché questa politica andasse in porto? Diciamo subito che per un fronte molto vasto che tocca organizzazioni del volontariato, organismi delle Nazioni Unite, settori del mondo cattolico il prezzo è stato salatissimo in termini di rinuncia dei diritti inviolabili delle persone: il diritto all’assistenza, alla protezione umanitaria. Sul banco degli imputati, la politica di rinvio in Libia dei clandestini. Ovvero gli 854 respinti in mare nel 2009. Ricordate le polemiche furibonde? In sostanza, ai clandestini in balia delle onde, a rischio naufragio – queste sono le accuse -, non è stato garantito il diritto di chiedere asilo politico, protezione umanitaria, né sono stati, sarebbero stati presi in affidamento i minori presenti sulle imbarcazioni.

Il prefetto Ronconi, che proprio ieri è stato rinviato a giudizio dalla Procura di Siracusa per violenza privata, per il respingimento in mare di 75 clandestini, replica alle accuse: «Sono state applicate la Convenzione di Palermo del 2000 e il Protocollo Aggiuntivo, e il decreto interministeriale del 2003 che prevede il rinvio dei clandestini verso i Paesi d’origine».
La Commissione Ue ha affidato all’Italia il progetto Sahara-Mediterraneo (10 milioni di euro) per il contrasto dell’immigrazione clandestina in Libia, per garantire assistenza ai clandestini che attraversano il Sahara. Nelle motivazioni, la Commissione Ue scrive: «Al momento, il Dipartimento di Ps del ministero dell’Interno è la sola istituzione che ha risorse tecniche, finanziarie e umane, per portare avanti questo progetto».

Il nervo dei respingimenti in mare continua ad essere scoperto. Ma se il tappo libico funziona, il fiume carsico dell’immigrazione quale direzione ha preso? Gli investigatori ipotizzano che dalla Libia i trafficanti si siano diretti in Grecia, a Patrasso. E che in qualche modo sia stata ripristinata la vecchia via dei Balcani. Una volta era utilizzata per i traffici di sigarette di contrabbando.

Fonte: La Stampa

23 aprile 2010

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