Israele: “Margine Protettivo guerra lecita e morale”


NEAR EAST NEWS AGENCY


Diffusi i risultati dell’inchiesta interna israeliana, per Tel Aviv è stata una “guerra morale e difensiva condotta in conformità con il diritto internazionale”.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
sfollatiscuolaunrwa

 

Oltre duecento pagine di dettagli minuziosi che descrivono l’ambiente in cui la guerra è stata combattuta e spiegano che “gran parte di ciò che può essere apparso a soggetti esterni come danni indiscriminati ai civili o oggetti solo a uso civile, è avvenuto in verità nell’ambito di attacchi legittimi contro obiettivi militari che semplicemente appaiono civili, ma erano in realtà parte delle operazioni militari di queste organizzazioni terroristiche”. Insomma, quegli oltre 2.200 morti in un mese e mezzo sarebbero stati in maggioranza obiettivi militari: quindi la guerra di Tel Aviv contro la Striscia di Gaza sarebbe stata giusta.

I risultati dell’inchiesta interna israeliana sull’operazione “Margine Protettivo” – una risposta all’indagine commissionata al Consiglio Onu per i Diritti Umani, che verrà resa pubblica tra un paio di settimane e che molto probabilmente servirà come base per la denuncia palestinese contro Israele alla Corte Penale internazionale – sono stati diffusi ieri. L’inchiesta è opera dei ministeri degli Esteri e della Giustizia, in collaborazione con il Consiglio di Sicurezza Nazionale e il Consiglio Militare, ed è tutta incentrata sulla dimostrazione dei crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani da parte di Hamas.

Il partito islamico, secondo l’inchiesta israeliana, è responsabile di molte delle vittime civili causate dall’esercito di Tel Aviv, vittime “inevitabili a causa della tattica di Hamas di infiltrare militanti tra la popolazione civile, come case, scuole, moschee o edifici delle Nazioni Unite”. Una versione curiosa dei fatti, che dimentica di menzionare che, dei sette attacchi condotti dall’esercito israeliano contro strutture dell’UNRWA  – attacchi in cui sono morte 44 persone e 227 sono rimaste ferite – solo due erano stati effettuati in risposta a probabili “lanci di razzi” da parte di Hamas nelle vicinanze. In tre delle sette scuole UNRWA, abbandonate, sono state ritrovate armi, mentre le altre 4 – quelle che davano rifugio a centinaia di sfollati – sono state colpite da Israele deliberatamente, dopo che il personale aveva segnalato più volte all’esercito la presenza di profughi al suo interno. 

E curiosi sono anche i numeri della guerra contro Gaza, circoscritti a una sezione dell’inchiesta tutta impegnata ad accusare Hamas di averli raddoppiati. Secondo quanto pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian, l’esercito israeliano dichiara che dei 2.125 palestinesi morti durante l’operazione Margine Protettivo, 761 – ovvero il 36 per cento, inclusi 284 donne e 369 bambini – erano “civili non coinvolti”: tutti gli altri, quindi, sarebbero stati combattenti di Hamas o civili impegnati contro l’occupante. Le Nazioni Unite, invece, stimano 1.483 civili non coinvolti uccisi su un totale di 2.205 persone, di cui 521 bambini e 283 donne: ben oltre il 65 per cento della popolazione perita negli attacchi israeliani.

Una “vera immagine” di quanto accaduto la scorsa estate a Gaza, come sostiene trionfalmente il premier israeliano Benjamin Netanyahu? Stando alle testimonianze dei reporter presenti, delle organizzazioni internazionali e della dirigenza palestinese – sia il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri che l’ANP hanno bollato l’inchiesta israeliana come menzognera, dal momento che “i crimini israeliani sono stati commessi di fronte alle telecamere” – non proprio. E se anche queste tre fonti non fossero affidabili, come ha dichiarato in più occasioni lo stato Ebraico, in quanto “faziose”, non si può ignorare il rapporto diffuso lo scorso mese dalla ONG “Breaking the Silence”: oltre 60 soldati israeliani hanno portato le loro testimonianze sulla guerra a Gaza, molti dei quali specificando che erano state date loro precise istruzioni dai loro supervisori  sul fatto che “tutti i palestinesi sono considerati obiettivi”.

“Le regole di ingaggio – ha spiegato un soldato di fanteria di stanza a Gaza City all’ONG – per i militari che avanzavano sul campo erano: fuoco aperto, fuoco aperto ovunque. E l’assunto era che chiunque osava alzare la testa era un terrorista”.

Fonte: http://nena-news.it

15 giugno 2015

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento