"Ho il diritto di tornare a casa"


Luisa Morgantini


"Sono palestinese


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
"Ho il diritto di tornare a casa"

Care tutte e tutti,
segnalo una ulteriore storia di Denied Entry: è il resoconto di Zeina, la figlia di Hanan Ashrawi, componente della IWC (International Women Commission) , presidente del Miftah e componente del Consiglio Legislativo Palestinese; la carta di identità palestinese e il documento di viaggio (laissez passer) di Zeina sono stati recentemente revocati dalle autorità israeliane e dichiarate "non più valide"; questo comporta che Zeina, che al momento ha una Green card statunitense e risiede negli Usa, non può più recarsi in Palestina, non può più vedere né la sua terra, né i suoi famigliari.

La Campagna per il Diritto di Ingresso e Rientro nei Territori Occupati Palestinesi è – come avete già avuto modo di apprendere dai diversi inviti che vi ho inviato per promuovere la campagna – si occupa di monitorare e agire sulla politica israeliana di diniego dei visti di entrata di palestinesi con passaporti stranieri, stranieri di origini palestinesi, stranieri coniugati con palestinesi, stranieri cooperanti, studenti, imprenditori, lavoratori; politica di diniego che negli ultimi tempi ha subito una brusca crescita.

E’ una campagna estremamente importante e urgente, che è riuscita ad ottenere anche dei piccoli ma grandi successi; per esempio il Dipartimento di Stato USA ha formalmente presentato una protesta presso la ambasciata israeliana di Washington relativa alle restrizioni di accesso operate sui cittadini statunitensi (Numerosi i casi di cittadini USA di origine palestinese) che vogliono entrare/rientrare nei territori palestinesi. E anche al Parlamento Europeo abbiamo presentato diverse interrogazioni parlamentari in merito a casi di diniego.

Nonostante questi sforzi secondo i dati della Campagna i casi di denied entry sono raddoppiati nel corso degli ultimi mesi. Vi mando sotto il link alla Campagna così che possiate seguire i diversi aggiornamenti e mobilitarvi.

Luisa Morgantini

Vice Presidente del Parlamento Europeo

***

Il diritto negato di tornare a casa

di Zeina Ashrawi Hutchison


(figlia di Hanan Ashrawi, che racconta la sua storia)

Sono palestinese – nata e cresciuta – e le mie radici palestinesi risalgono a secoli fa.

Nessuno può cambiare questo fatto anche se mi dicono che Gerusalemme, il mio luogo di nascita, non è Palestina, anche se mi dicono che la Palestina non esiste, anche se mi hanno ritirato i documenti e negato l’ingresso nel mio proprio paese, anche se mi umiliano e mi privano dei miei diritti.

IO SONO PALESTINESE.

Nome: Zeina Emile Sam'an Ashrawi; Data di nascita: 30 Luglio, 1981; Etnia: Araba.

Questo è quello che era scritto sulla mia carta d’identità di Gerusalemme. Una carta d’identità per un Palestinese è molto di più che un semplice pezzo di carta; è l’unico rapporto legale documentato che ho con la Palestina. Nata a Gerusalemme, mi hanno dotato di una carta di identità di Gerusalemme (la carta blu), un documento di viaggio israeliano ("laissez passer") e un passaporto giordano con timbro palestinese (non ho diritti legali in Giordania). Non ho un passaporto israeliano, né un passaporto palestinese o americano.

Questa è la mia storia:

Sono andata negli Stati Uniti a 17 anni per finire la scuola superiore in Pennsylvania e sono andata al college e ad una facoltà universitaria che concede il dottorato e in seguito mi sono sposata e attualmente stiamo vivendo in Northern Virginia. Sono tornata a casa ogni anno almeno una volta per vedere i miei genitori, la mia famiglia e i miei amici e per rinnovare il mio documento di viaggio poiché potevo estendere la sua validità una volta all’anno da Washington DC. Mio padre ed io stavamo in piedi allineati davanti al Ministero dell’Interno a Gerusalemme, insieme a molti altri Palestinesi, dalle 4 e 30 del mattino, per tentare la fortuna tra i tornelli di metallo dei cancelli del Ministero prima di mezzogiorno – quando il Ministero chiude le sue porte- per tentare di rinnovare il Documento di viaggio.

Abbiamo fatto così, anno dopo anno. Come popolo che vive sotto occupazione, far fronte a costanti umiliazioni da parte di un occupante era la norma ma noi facevamo quello che si doveva fare per garantire che la nostra identità non ci fosse rubata.

Nell’agosto del 2007 mi sono recata presso l’Ambasciata Israeliana a Washington DC per cercare di estendere il mio Documento di viaggio e ottenere il consueto visto di "Rientro Residente" che gli Israeliani rilasciano per i Palestinesi che hanno un Documento di viaggio Israeliano.

Dopo aver visto alcuni americani e altri a cui veniva comunicato che i loro visti sarebbero stati pronti in un paio di settimane, è arrivato il mio turno. Mi sono fatta allo sportello dai vetri a prova di proiettile che proteggevano la donna che vi lavorava dietro, e sotto un’enorme foto della Cupola della Roccia e delle mura di Gerusalemme che era appesa sul muro del Consolato Israeliano, le ho dato i miei documenti attraverso una piccola fessura alla base dello sportello.

"Shalom" mi ha detto con un sorriso. "Ciao" ho risposto io, in apprensione e spaventata. Non appena ha visto il mio Documento di Viaggio il suo atteggiamento è cambiato immediatamente. Il sorriso non c’era più e la conversazione si è ridotta al minimo fra noi due, come al solito. Dopo aver cercato accuratamente tra i documenti di lavoro che le avevo passato lei mi ha chiesto: "dove è il tuo passaporto americano?". Le ho spiegato che non l’avevo e che il mio unico Documento di Viaggio era quello che aveva lei tra le mani. E’ rimasta in silenzio per qualche secondo quindi ha detto: "Non hai un passaporto americano?" sospettando che io stessi nascondendole delle informazioni. "No!" risposi. E’ rimasta in silenzio un po’ più a lungo e quindi mi ha detto: "Be’, non credo che potremo estendere il suo documento di viaggio". Ho sentito il sangue salirmi alla testa perché questo era l’unico strumento che avevo per tornare a casa! Le ho chiesto cosa intendesse con quella affermazione e lei ha continuato a dirmi che poiché stavo vivendo negli Stati Uniti e visto che possedevo una Green Card, non avrebbero esteso la validità del mio Documento di Viaggio.

Dopo aver preso un lungo respiro e cercato di controllare la mia rabbia le ho spiegato che la Green Card non è un Passaporto e che non posso usarla per viaggiare fuori degli Stai Uniti. La mia voce era tremante e io stavo progressivamente arrabbiandomi ( e un paio di mini gridolini mi sono scappati) così le ho chiesto di spiegarmi cosa era necessario che io facessi. Mi ha risposto di lasciare le mie carte e che si doveva attendere per vedere come sarebbe andata a finire

Un paio di settimane più tardi ho ricevuto una telefonata da una donna: mi diceva che poteva estendere la validità del mio Documento di Viaggio ma io non avrei più potuto ottenere il visto "Rientro Residente". Invece mi davano un visto turistico di tre mesi. Inizialmente sono stata felice di sentire che il Documento di Viaggio era stato prorogato ma poi ho realizzato che lei aveva detto "visto turistico". Perché devo avere un visto turistico per ritornare a casa? Non volendo discutere con lei sul visto di tre mesi e allo stesso tempo per mettere in pericolo l’estensione del mio Documento di Viaggio ho semplicemente messo questa piccola informazione di minore importanza e ho continuato a spiegarle che non sarei tornata a casa nei prossimi tre mesi. Lei mi ha dato quindi indicazioni di ritornare e richiedere un altro visto al momento della partenza. Non ha aggiunto molto altro e mi ha riferito solo che il visto era pronto per essere ritirato. Così sono andata all’Ambasciata e ho ritirato il mio Documento di Viaggio timbrato con il visto turistico.

Mio marito, mio figlio ed io abbiamo pianificato di ritornare in Palestina questa estate. Così un mese prima della nostra partenza (8 luglio 2008) mi sono recata all’ambasciata Israeliana a Washington DC , documenti alla mano, per chiedere un visto per tornare a casa. Ancora una volta ho fatto la fila e osservato le altre persone ottenere i visti per andare a casa mia. Quando è arrivato il mio turno, mi sono avvicinata allo sportello ; "Shalom" ha detto la donna con un sorriso sulla faccia, "Ciao" ho risposto io. Ho fatto scivolare i documenti nella piccola fessura alla base del vetro antiproiettile e sono rimasta in attesa della solita reazione. Le ho detto che avevo bisogno di un visto di rientro per residenti per andare a casa. Lei ha preso i documenti io le ho dato un assegno per la somma richiestami e ho lasciato l’ambasciata senza problemi.

Qualche giorno dopo ho ricevuto una telefonata da Dina dall’Ambasciata Israeliana dicendomi di avere bisogno della data di scadenza del mio Passaporto Giordano e della mia Green Card. Avevo dato loro tutti i documenti di cui avevano bisogno già diverse volte e ho pensato che da parte loro fosse un buon modo per sprecare tempo per non farmi ottenere il mio visto in tempo.

In ogni caso, li ho chiamati e richiamati, ascoltando però solo la segreteria telefonica. Ho lasciato un messaggio con le informazioni di cui avevano bisogno ma continuando a chiamare ogni 10 minuti per parlare con qualcuno e assicurarmi che avessero ricevuto le informazioni, in uno sforzo di accelerare il lungo iter. Finalmente sono riuscita a parlare con qualcuno. Ho detto cosa volevo, per assicurarmi che avessero ricevuto le informazioni mancanti sulla segreteria telefonica e che volevo essere sicura che la mia documentazione fosse a posto. La donna, dopo essersi consultata con qualcuno (presumo si trattasse di Dina) mi ha detto che dovevo mandare via fax una copia sia del passaporto giordano che della green card e ha aggiunto che dare le informazioni per telefono era inammissibile.

Così ho immediatamente fatto le copie e le ho faxate a Dina. Alcune ore più tardi, il mio cellulare ha squillato. "Zeina? Mi ha chiesto. "Si" ho risposto, sapendo perfettamente chi fosse e immediatamente gli ho chiesto se avesse ricevuto il fax appena inviato. Lei mi ha detto: "Ehhh, non stavo guardando il tuo file quando hai chiamato prima ma la tua richiesta di visto è stata rifiutata e la tua carta di identità e il titolo di viaggio non sono più validi". "Cosa?" ho chiesto incredula. "Mi dispiace ma non possiamo rilasciarti il visto e la tua carta di identità e il titolo di viaggio non sono più validi. E’ una decisione del governo israeliano e non mia."

Non riesco nemmeno a spiegare la sensazione che avevo alla bocca dello stomaco. "Perché?" ho domandato e Dina è andata avanti dicendomi che il motivo era perché avevo una Green Card. Ho cercato di ragionare con Diana e di spiegarle che non potevano agire in questo modo dato che era il mio unico modo per tornare a casa e che volevo vedere i miei parenti, ma invano.

Dina è rimasta sulle sue posizioni e mi ha detto che il visto non sarebbe stato rilasciato e ha aggiunto: "Fatti dare un documento di viaggio dagli americani!"

Sono sempre stata una persona forte e non una che dimostra debolezza ma in quel momento ho perso il controllo e ho iniziato a piangere mentre Dina era dall’altro capo del telefono, con in mano gli unici documenti legali che mi legano a casa mia. Ho iniziato ad implorarla, per cercare di ottenere un visto e di non farmi revocare i miei documenti; "Mettiti nei miei panni, cosa faresti? Vuoi vedere la tua famiglia e qualcuno ti dice che non puoi farlo! Cosa faresti? Dimentica di essere Israeliana e che io sono Palestinese e pensa solo a questo per un minuto!" " Mi dispiace" ha detto "Capisco ma non posso fare nulla, la decisione è del Governo Israeliano." Ho cercato di spiegarle ancora che non avrei potuto viaggiare senza il mio documento di viaggio e che non potevano farmi questo – pur sapendo che potevano e lo avevano già fatto!

Tutto questo accade a molti Palestinesi che hanno una carta di identità di Gerusalemme. Il Governo Israeliano ha messo in pratica e ha perfezionato l’arte della pulizia etnica a partire dal 1948, proprio sotto il naso di tutto il mondo e nessuno ha il potere o il coraggio di fare qualcosa in merito. In quale altro luogo nel mondo accade che qualcuno debba elemosinare di tornare a casa propria? In quale altro luogo nel mondo una persona deve rinunciare alla propria identità per la sola ragione di aver vissuto da un’altra parte per un periodo di tempo?

Immaginate un americano che vive in Spagna da qualche anno e che vuole tornare a casa ma si sente dire dal Governo Americano che il suo passaporto americano è stato revocato e che non può tornare indietro!

Se io fossi un’ebrea che vive ovunque nel mondo e senza legami con la regione e senza aver mai messo piede là, avrei comunque il diritto di andare ogni volta che voglio e otterrei anche un passaporto israeliano. In effetti gli Israeliani incoraggiano tutto ciò. Io comunque non sono ebrea e sono nata e cresciuta in quei luoghi, i miei genitori, la mia famiglia e i miei amici vivono ancora là e non posso tornare a casa! Non sono né una criminale né una minaccia per uno degli Stati più potenti al mondo, tuttavia sono alienata e espulsa dalla mia propria casa.

Allo stato attuale dei fatti, non potrò tornare a casa – io sono una tra tanti.

(Traduzione a cura di Barbara Antonelli e Francesca Cutarelli – Segreteria di Luisa Morgantini,Parlamento Europeo- Roma)

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento