Giornata internazionale del migrante: inutile e dannoso chiudere le frontiere


Rassegna.it


La giornata internazionale 2009, a cura di Ilo e Oim. Sono 214 mln nel mondo, 70 mln in Europa e 4 mln in Italia, pari al 3% della forza lavoro globale. E cresceranno nei prossimi anni: “Sono un motore dell’economia, favorire l’integrazione condivisa”.


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Giornata internazionale del migrante: inutile e dannoso chiudere le frontiere

“Inutile e addirittura controproducente pensare a una chiusura ermetica delle frontiere”. Questo passaggio pronunciato da Peter Schatzer, direttore dell’ufficio regionale dell’Oim per il Mediterraneo, potrebbe riassumere il senso della Giornata internazionale del migrante 2009. Un appuntamento annuale, a cura dell’Ilo e dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), dedicata stavolta alla tutela dei diritti dei lavoratori migranti, con particolare riferimento alle misure dei governi e delle istituzioni internazionali. Iniziativa che è servita a ribadire un concetto: anche durante e dopo la crisi, il ruolo dei migranti resta essenziale in molti settori dell’economia globale, il mondo continua ad essere in movimento.

I migranti sono 214 milioni.
Secondo le cifre fornite dalle organizzazioni, circa la metà sono donne (49,6%), che rappresentano la maggioranza in ogni zona, ad eccezione di Africa e Asia. La migrazione Sud-Sud – da un paese in via di sviluppo all’altro – risulta “altrettanto significativa” rispetto a quella Sud-Nord: nel 2005 i soggetti coinvolti erano rispettivamente 61 contro 62,5 milioni. Tra il 2005 e il 2010, però, circa 2,5 milioni di migranti annui si sposteranno verso regioni più sviluppate, in aumento del 40% sulla media attuale. L’Europa ospita il più alto numero di migranti: 70,6 milioni nel 2005. Al secondo posto c’è il Nord America (45,1 milioni), poi l’Asia (25,3 milioni) e il Medio Oriente (18,8 milioni). In Italia gli immigrati regolari sono più di 4 milioni (Rapporto Caritas); le previsioni dicono che presto sarà tra i primi 12 paesi mondiali per numero di migranti, adesso è già al 13esimo posto nell’Unione europea.

Gli stranieri rappresentano circa il 3% della forza lavoro globale, un terzo dei migranti vive in Europa, cifre leggermente minori per Asia e Nord America. Nelle regioni industrializzate, sono impegnati soprattutto in industria ed edilizia (40%) e nei servizi (50%), la maggioranza delle donne migranti svolge invece un lavoro temporaneo.

E su questi numeri si sviluppa il dibattito tra esperti e parti sociali. Il direttore dell’ufficio Ilo per l’Italia e San Marino, Claudio Lenoci, ricorda l’anniversario della Convenzione Onu sui diritti dei migranti, firmata il 18 dicembre 1990. “Oggi la posizione dei partiti ci fa ben sperare sulle politiche di integrazione – sostiene -, non guardiamo alle opinioni di un singolo (la Lega, ndr), sinistra e destra cercano una posizione bipartisan, la classe dirigente è favorevole”. Il problema è un altro: “La vera sfida è la maturazione dell’opinione pubblica. Bisogna aiutare i cittadini italiani a superare le fobie. In questo senso è giusta la lotta all’immigrazione clandestina, che alimenta false speranze, ma bisogna anche integrare i migranti regolari”. Su questo, da parte del governo, serve “una risposta ponderata”. Peter Schatzer dell’Oim analizza la situazione italiana: i migranti sono soprattutto rumeni, seguiti da albanesi, marocchini, cinesi e ucraini. “Sono una forza motrice per l’economia – dice -, sono lavoratori e operai specializzati e non, persone entrate con visto turistico, che si ricongiungono con la propria famiglia, professionisti qualificati”. Gli irregolari, precisa il responsabile, sono un fenomeno “che attrae molto l’attenzione dei media, ma rappresenta solo il 10-15% dei movimenti migratori mondiali”. Bisogna creare un mercato del lavoro europeo “attraente”, a suo avviso, e favore il dialogo tra paesi di origine, transito e destinazione. Il responsabile Ufficio immigrazione della Cgil, Pietro Soldini, lancia l’allarme sul nostro paese: “La convenzione del ’90 è stata ratificata finora da 42 Stati, ma non c’è l’Italia e nessun paese europeo. E non perché siamo avanti rispetto agli altri, al contrario abbiamo grandi problemi anche sugli standard minimi dei diritti dei migranti”. La situazione, a suo avviso, è stata aggravata anche dalle leggi degli ultimi anni, come la Bossi-Fini e il pacchetto sicurezza: “Serve un tavolo di confronto tra governo, parti sociali e associazioni datoriali”. Sull’immigrazione, infatti, “non ci può essere una risposta bipartisan se c’è collisione su tutti i temi. Se il ministro Sacconi aprirà una discussione, la Cgil non mancherà di partecipare”.

A offrire una prospettiva dall’interno è Esoh Elamè,
coordinatore del master in Eco-Management interculturale all’Università di Venezia. E smentisce subito l’ipotesi della risposta ponderata: “C’è una generazione di migranti che vive in Italia da 20-30 anni, questa non può più aspettare, vuole il diritto di voto e tante altre cose. Altrimenti – avverte – i ‘vecchi’ inviteranno i migranti più giovani a non fidarsi degli italiani. Per questo servono scelte concrete”. In generale, il docente rileva un atteggiamento “paternalista” verso gli stranieri: “Gli italiani, anche quando fanno leggi su immigrazione e sicurezza, ne discutono sempre tra loro, non chiedono il parere degli immigrati. E’ questo il rischio di razzismo: prendere le decisioni da soli”. Solo coinvolgendo le comunità immigrate, dunque, si aprirà un processo di integrazione condivisa. Poi vanno sconfitti gli stereotipi: “Bisogna lavorare sul linguaggio per creare convivenza – aggiunge Elamè -, per esempio dire che una persona è ‘di colore’ ha già una connotazione razziale”.

di Emanuele Di Nicola

Fonte: Rassegna.it

17 dicembre 2009

In allegato il Messaggio di Papa Benedetto XVI

scarica l’allegato

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