Fame nel Corno d’Africa: si sta spegnendo un’intera generazione


Radio Vaticana


L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) stima che nel mese di luglio oltre mille persone al giorno hanno raggiunto la capitale somala Mogadiscio per fuggire dalla carestia.


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Fame nel Corno d’Africa: si sta spegnendo un'intera generazione

Si aggrava di ora in ora la situazione nel Corno d’Africa messo in ginocchio da una delle peggiori siccità degli ultimi decenni. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) stima che nel mese di luglio oltre mille persone al giorno hanno raggiunto la capitale somala Mogadiscio per fuggire dalla carestia. Un’emergenza di fronte alla quale deve aumentare la mobilitazione internazionale, come chiesto ieri dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, nella riunione straordinaria dell’agenzia Onu svoltasi ieri a Roma. Il servizio di Marco Guerra:

“Nell'ultimo mese, circa 40mila sfollati dalla siccità e la carestia sono giunti a Mogadiscio in cerca di cibo, acqua, rifugio ed altre forme di assistenza. Altri 30mila sono arrivati in campi a 50 km dal centro della città. E in tutto, si stima che la capitale somala ha ricevuto fino a 100mila sfollati interni negli ultimi due mesi, con arrivi quotidiani di mille al giorno in luglio”. I numeri drammatici dell’emergenza in Somalia sono stati aggiornati oggi dalla portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Vivian Tan. Tuttavia si tratta solo di una piccola parte di quei 12 milioni di persone a rischio in tutto il Corno d’Africa stimati dalle Nazioni Unite. Situazione approfondita nella riunione d’emergenza della Fao di ieri. Il Paese più colpito resta la Somalia con 3,7 milioni di persone coinvolte, ma si contano milioni in difficoltà anche in Kenya, Gibuti, Etiopia e Uganda. Durante il vertice è stata esortata la mobilitazione di tutta la comunità internazionale e la creazione immediata di corridoi umanitari per distribuire gli aiuti. Si è parlato anche di fondi: a otto mesi dall'allarme lanciato dall’Onu è stato raccolto un miliardo di dollari, ma ne mancano altrettanti per affrontare l'emergenza. La Banca Mondiale ha promesso più di 500 milioni che saranno investiti in progetti di lungo periodo destinati agli allevatori della regione, mentre 12 milioni verranno spesi per l'assistenza immediata. Intanto il Programma Alimentare Mondiale ha avviato già oggi un ponte aereo per la distribuzione di aiuti su Mogadiscio, nella città etiope di Dolo e a Wajir, nel nord del Kenya. Al via anche una campagna di vaccinazione dell’Oms nel campo profughi di Dadaab nel nord del Kenya. Ma in quali condizioni si trovano gli sfollati che cercano di raggiungere i campi profughi? Antonella Palermo ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:

Molte di queste persone soffrono di malnutrizione acuta, il 50 per cento dei bambini che arriva soffre di malnutrizione acuta e questa è una percentuale elevatissima, veramente preoccupante. Inoltre stanno aumentando i decessi nei campi di rifugiati perché purtroppo, specialmente i bambini, nelle 48 ore successive che vengono messi in terapia alimentare, non riescono a superare la crisi e muoiono. Quindi è una situazione i cui numeri sono spaventosi, che merita tutta l’attenzione da parte del mondo, perché veramente stiamo vedendo un’intera generazione di giovani somali che si sta spegnendo e bisogna assolutamente intervenire prima che sia troppo tardi.

D. – E’ vero che come è stato detto è la crisi umanitaria in questa regione più grave negli ultimi 60 anni?

R. – E’ sempre molto antipatico fare una graduatoria nelle crisi umanitarie più disperate, perché per chi le vive ognuna di queste crisi è la peggiore. Sicuramente quella somala oggi è la crisi umanitaria più grave nella storia del Paese, su questo purtroppo non ci sono dubbi. Io ricordo che il Kenya e l’Etiopia stanno ricevendo ogni giorno 1.500 persone. Bisogna sostenere lo sforzo di questi Paesi, che ottemperino agli obblighi internazionali lasciando le frontiere aperte, ma non possono essere lasciati soli a gestire questa situazione.

Fonte: Radio Vaticana

26 luglio 2011

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