Eritrei: adesso il mondo apre gli occhi


Salvatore Mazza


Gli egiziani negano l’esistenza dei prigionieri. Un gruppo di medici di Tel Aviv rivela però le torture a cui son sottoposti i profughi.


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Eritrei: adesso il mondo apre gli occhi

Il governo egiziano prende le distanze dal caso del gruppo di eritrei tenuti in ostaggio nel Sinai. E accusa addirittura «parti sospette» di aver sollevato una «campagna mediatica per provocare l’opinione pubblica» in Europa. Mentre però il ministro degli Esteri Franco Frattini conferma che, nei giorni scorsi, il nostro ambasciatore al Cairo era stato informato dalle autorità che le ricerche continuavano (sia pure in mancanza di riscontri), un rapporto del gruppo Physicians for Human Rights-Israel (Phr), ricordando la vicenda, denuncia le violenze a cui sono sottoposti i rifugiati africani che attraversano il deserto del Sinai da parte dei trafficanti beduini.

A rimescolare le carte, ieri mattina, era stato il portavoce del ministero degli esteri egiziano Hossam Zaki, che attraverso l’agenzia Mena aveva denunciato la «campagna mediatica e il fatto che «alcune personalità occidentali» anche «religiose» hanno reagito «a queste storie come se si trattasse di verità assolute». Personalità che, ha osservato, «conoscono molto bene la situazione alle quali gli immigrati sono esposti nei loro stessi paesi». Tale «atteggiamento», per Zaki, «è strano perché il ministro degli Esteri ha detto qualche giorno fa che le autorità egiziane seguono la situazione da vicino e finora nessuna informazione è stata trovata a conferma delle notizie circolate sui media».

«Abbiamo fatto appello a tutti coloro che possiedono informazioni – ha quindi sottolineato il portavoce – a presentarle alle autorità egiziane e nessuno lo ha fatto. Sembra che la questione non sia più una polemica mediatica, ma un affare più serio sostenuto da parti sospette». L’Egitto, ha aggiunto Zaki, è «pienamente impegnato nella lotta contro il traffico di essere umani e contro l’immigrazione clandestina, ma certe parti inventano incidenti e scenari e li ingigantiscono per esercitare pressioni sull’Egitto» sulla questione dell’immigrazione illegale proveniente dall’Africa e che punta ad Israele. «Questi comportamenti non serviranno a chi ha interessi e a coloro che tentano di trovare pretesti per compiere ingerenze in questo genere di problemi. Non daremo loro l’occasione di farlo».

Interpellato da Avvenire a margine di un forum sul Medio Oriente, svoltosi ieri alla Farnesina, il ministro Frattini ha detto di non essere informato degli ultimissimi sviluppi. Ma, come accennato, ha detto che «qualche giorno fa le autorità del Cairo hanno informato il nostro Ambasciatore che le ricerche proseguono, anche se fino a quel momento non c’erano tracce evidenti del gruppo rapito». Nel corso del Forum, parlando dell’impegno italiano in Medio Oriente, Frattini aveva tra l’altro osservato che la costruzione di nuovi insediamenti nei territori è «un ostacolo per la pace», ed è necessario «partire dai confini del 1967 per rilanciare i negoziati».

Quanto al rapporto dei medici israeliani, esso è basato su questionari distribuiti fra i pazienti dell’ospedale del Phr-Israel a Tel Aviv. I profughi, etiopi ed eritrei, raccontano che i trafficanti beduini prendono in consegna gruppi di 2-300 persone per condurli in Israele, ma poi li rinchiudono in container e gabbie metalliche dove vengono picchiati, privati di cibo e acqua, sottoposti a torture con ustioni e scariche elettriche, appesi per i piedi o le mani. Le donne vengono separate dagli uomini e stuprate. Dei 165 aborti richiesti fra gennaio e novembre 2010, la metà erano per gravidanze frutto di stupri. Mentre i profughi sono prigionieri, i trafficanti telefonano ai parenti chiedendo ingenti somme di riscatto.

Una volta liberati e giunti al confine con Israele, i profughi rischiano di venire feriti o uccisi dagli spari delle guardie egiziane di confine. Molti profughi che entrano in Israele -136 nel 2010 secondo i dati del ministero della Difesa, probabilmente di più secondo Phr -vengono immediatamente espulsi verso l’Egitto., dove rischiano di essere rimandati nei paesi d’origine. Altri -attualmente sono 2mila- vengono rinchiusi in centri di detenzione in Israele, anche per periodi di anni, in attesa di ottenere asilo.

Fonte: Avvenire

16 dicembre 2010

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