Egitto: attesa per i risultati elettorali


Paolo Gerbaudo - Il Manifesto


Si conoscerà solo tra domenica e martedì il risultato delle votazioni del 23 e 24 maggio. Quasi certo il ballottaggio a meta’ giugno. Intanto mentre i candidati laici Amr Musa e Ahmed Shafik litigano, quello dei Fratelli musulmani Mohamed Morsi sembra raccoglie consensi superiori alle previsioni.


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Egitto: attesa per i risultati elettorali

In un salone della Chiesa copta di Santa Maria e San Michele, nel quartiere popolare di Imbaba nel nord del Cairo, attorno a un tavolo una decine di fedeli discute dei lavori di restaurazione della sede di culto. Presto la conversazione vira sulle elezioni presidenziali che ieri hanno visto il secondo giorno di votazioni. Tutti, nessuno escluso, hanno votato per lo stesso candidato: Ahmed Shafik, compagno d’armi di Mubarak ai tempi della guerra del 1973 con Israele, poi suo ministro dell’aviazione, e infine primo ministro di emergenza dopo lo scoppio della rivoluzione. Ieri di fronte a un seggio alcuni attivisti del movimento 6 Aprile gli hanno tirato delle scarpe in segno di disprezzo. Ma per Magdy uno dei copti riuniti attorno al tavolo, che di lavoro fa l’impiegato della Nestlé: «Shafik è l’unico che può salvarci». A inizio maggio 2011, a pochi chilometri di distanza, nello stesso quartiere un gruppo di fondamentalisti islamici diede alle fiamme la chiesa di Santa Mina. Ora molti copti sono convinti che solo un candidato del vecchio regime potrà salvarli dall’ondata islamista.

La comunità copta del Cairo è uno dei serbatoi elettorali grazie ai quali i due candidati del vecchio regime, Ahmed Shafik e Amr Mussa, l’ex segretario della Lega Araba, e ministro degli esteri di Mubarak, potrebbero strappare una clamorosa vittoria sui candidati «rivoluzionari» , siglando una doppietta al primo turno. Nessuno sa veramente cosa uscirà dagli spogli, che si concluderanno non prima di domenica, vista l’inaffidabilità dei sondaggi. L’ultimo pubblicato dal quotidiano (statale) Ahram dà Mussa in testa poco sotto il 30% con Shafik attorno al 20%. Dietro di loro l’islamista moderato Abu el Futuh e il candidato ufficiale dei Fratelli musulmani, Mohammed Mursi entrambi al 14%, con il candidato Nasserista Hamdin Sabbahi in crescita all’11%. Un risultato che se confermato aprirebbe la strada a una restaurazione del vecchio regime anche se su basi profondamente diverse.

Tra molte delle persone che hanno partecipato alla rivoluzione del 2011, e che in questi mesi si sono impegnate nella campagna elettorale, comincia così a serpeggiare il rammarico per la divisione tra i candidati anti-regime (sette in totale). «È vero che siamo stati molto frammentati» – ammette Mahmoud un osservatore elettorale dalla campagna di Abu el-Futuh schierato al seggio del quartiere operaio di Shubra al-Kheima, nel nord del Cairo. Accanto a lui, l’amico Ahmed Ezzawy, attivista dei Fratelli musulmani, con la tipica barbetta da membro della Fratellanza (più corta di quella dei salafisti), non nasconde il disappunto per la lotta «fratricida» tra candidati islamisti pur continuando a ripetere che «Mursi è il migliore». A completare la compagnia è Khaled un’attivista trentenne, sostenitore di un altro candidato ancora: il nasserista Sabbahi. «Sabbahi è un figlio del popolo e difenderà i lavoratori», afferma, aggiungendo che comunque preferirebbe Futuh o Mursi agli uomini del vecchio regime.

Fuori dal seggio un crocicchio di persone con le dita intinte nell’inchiostro viola che ne certifica l’avvenuta votazione, afferma all’unisono che «l’importante è che vinca un candidato della rivoluzione». Se vincessero i «felul» (gli avanzi del regime), la gente non lo accetterebbe, promettono, lasciando capire che in questa eventualità Tahrir tornerebbe a esplodere. Ma di fronte a elezioni aperte e combattute che limitano la possibilità di brogli, e funestate solo da incidenti di piccola dimensione, considerati i precedenti, (il più grande l’uccisione avvenuta di un poliziotto davanti a un seggio mercoledì al Cairo), il movimento rivoluzionario farà veramente fatica a spiegare alla gente perché Mussa o Shafik sono «illegittimi». Le elezioni presidenziali, di fatto le prime libere nella millenaria storia dell’Egitto, sono state vissute in questi due giorni con quell’entusiasmo verso la democrazia rappresentativa che può avere solo un popolo che fino a poco tempo fa viveva sotto la dittatura. Ma prima ancora del ballottaggio previsto a metà giugno, questa «festa della democrazia» rischia anche di trasformarsi in un’abiura popolare per quella rivoluzione che l’ha resa possibile in primo luogo.

Fonte: www.ilmanifesto.it
25 Maggio 2012

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