E ora variamo il “pacchetto accoglienza”


Don Sciortino


“Se non ora, quando?”. Il famoso slogan tratto da Primo Levi potrebbe applicarsi ora per richiedere, con forza e in tempi rapidi, l’abolizione dell’obbrobrioso reato di clandestinità, che non ha risolto nessun problema.


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“Se non ora, quando?”. Il famoso slogan tratto da Primo Levi, usato negli anni scorsi in una manifestazione contro la violenza sulle donne, potrebbe applicarsi ora per richiedere, con forza e in tempi rapidi, l’abolizione dell’obbrobrioso reato di clandestinità, che non ha risolto nessun problema. Anzi, è stato controproducente. Ci voleva un’immane tragedia, come quella che si è consumata nei giorni scorsi nel mare di Lampedusa, con più di trecento immigrati annegati a poca distanza dalle coste, per accendere i fari su una legge assurda, che rende reato una semplice situazione di fatto, senza che sia stato commesso un crimine.  

Una legge disumana che, tra l’altro, costringe i nostri pescatori a girare al largo dalle carrette del mare, evitando di soccorrere questi “poveri cristi” in balia delle onde, arsi dal sole e dalla salsedine, stipati come bestie in pochi metri di barca, per non essere accusati di favoreggiamento del reato di clandestinità. E per non rischiare il sequestro del loro peschereccio. Come è bene raccontato dal regista Emanuele Crialese nel film Terraferma. Più che colpire chi soccorre, incriminandolo di favorire la clandestinità, bisognerebbe invece punire chi omette il soccorso a chi sta per annegare, ripristinando così il primato delle “leggi del mare” (che obbligano a salvare chiunque) su assurde “leggi scritte”. Così, i soldi spesi per pattugliare il mare in vista dei respingimenti, potevano essere usati per il soccorso o per nuovi centri di accoglienza.

O per facilitare un canale umanitario per evitare una continua “strage di innocenti”, tra cui molte donne e bambini. Al “pacchetto sicurezza”, basato su pattugliamenti e respingimenti in mare, un Paese civile deve preferire un “pacchetto accoglienza”, nel rispetto delle leggi internazionali sul diritto d’asilo, sottoscritte anche dall’Italia. A nulla è valso, nel luglio scorso, il grido di dolore di papa Francesco a Lampedusa, dove chiese perdono per le migliaia di immigrati annegati nel Mediterraneo, in fuga da situazioni di disperazione, guerra e persecuzione.  Un grido di dolore fattosi preghiera a Dio per le vittime e invito agli uomini di buona volontà perché non si ripetano più tragedie simili. Tutto caduto nel vuoto e nell’oblio. Infine, sarà pure un “atto dovuto”, ma ciò non giustifica la disumana conseguenza della legge Bossi-Fini, per cui i sopravvissuti alla più grande tragedia del mare di questi tempi, ora sono indagati per immigrazione clandestina. E’ dolore che si aggiunge ad altro dolore; così pure la vergogna, come ha detto papa Francesco. Già solo questo basterebbe per dire “basta” al reato di clandestinità (per cui chiediamo di sottoscrivere l’appello) e per abolire la legge Bossi-Fini. A cominciare da chi in politica dice di ispirarsi al Vangelo dell’accoglienza.   

Fonte: www.famigliacristiana.it
09 ottobre 2013

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