Due manifestazioni, diversi obiettivi


Eleonora Martini


Flavio Lotti: "Spero comunque che siano due manifestazioni belle, ispirate dal rifiuto della violenza e dalla volontà di costruire attraverso azioni concrete la pace, rifiutando quella cultura della guerra di cui anche noi siamo prigionieri"


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Due manifestazioni, diversi obiettivi

Gli uni vogliono costruire “un nuovo soggetto pacifista solidale con tutte le popolazioni civili vittime dei signori della guerra di entrambe le parti”, gli altri fanno una scelta di campo: “Dalla parte dei palestinesi, sempre e comunque”. Tutti vogliono fermare immediatamente la guerra israeliana a Gaza ma c’è chi vuole “evitare a tutti i costi di importare da noi una logica di guerra”, e chi identifica la “resistenza” palestinese con quella dei partigiani italiani (“tanto che simbolicamente vogliamo concludere il corteo a Piazzale dei Partigiani”, spiega Germano Monti, leader del forum Palestina, promotore della manifestazione romana). Su una cosa sembrano tutti – quasi tutti – d’accordo: le preghiere dei musulmani durante le manifestazioni nelle piazze italiane ed europee non sono un gesto politico ispirato dall’islamismo radicale che connota anche Hamas, ma un’espressione di fede, comprensibile in “società e culture altre, diverse dalle nostre”. Insomma, bisognerebbe essere ciechi per non vedere le differenze tra le piattaforme politiche delle due manifestazioni nazionali previste per sabato 17 gennaio ad Assisi e a Roma. Una spaccatura che a dire il vero non è affatto una novità, si ripropone da anni e si evidenzia a ogni escalation del conflitto israelo-palestinese. Ma il fatto che siano state indette nello stesso giorno è – giurano tutti, salvo rivendicare la primogenitura – una pura coincidenza. Nessuno però è disposto a rinunciare al proprio appuntamento né a spostare la data. L’Ucoii prima e la Comunità palestinese del Lazio ieri, hanno chiesto formalmente agli organizzatori della manifestazione di Assisi – una ventina di associazioni tra cui Tavola della Pace, Arci, Acli, Libera, Legambiente, Cgil e Cnca – di “unificare a Roma le due iniziative” o di “spostare la vostra a domenica 18 gennaio”. “Ho già risposto a Dachan, dell’Ucoii, che per noi è impossibile trovare un’altra data – risponde Flavio Lotti, portavoce della Tavola della Pace – e d’altronde sarebbe molto difficile mobilitare persone per due manifestazioni distinte in pochi giorni; capisco però che tutti vogliono scendere rapidamente in piazza contro la guerra in atto”. “Non credo affatto alla coincidenza delle date, è stata piuttosto una scelta politica – attacca invece Germano Monti – perché la nostra è una manifestazione pro-Palestina mentre loro sono equidistanti tra israeliani e palestinesi”. Monti accusa anche Rifondazione Comunista perché ha aderito ad entrambi gli appuntamenti: “Non si può stare con un piede in due scarpe”. Andiamo a vederle, dunque, queste due scarpe. “Noi – aggiunge Monti – stiamo con la resistenza palestinese in qualunque forma politica e militare. Siamo contro l’esistenza di Israele come stato confessionale degli ebrei”. Ad Assisi, invece, i pacifisti scenderanno in piazza su una piattaforma riassunta nell’appello “Facciamo la nostra scelta” nel quale si condanna “la tragedia in corso e il silenzio della comunità internazionale che la sta accompagnando, spiega ancora Flavio Lotti. Ma la cosa che ci preme è cambiare il modo di guardare a questo conflitto: né la teoria dell’equidistanza né quella partigiana di chi mette gli uni contro gli altri. La strada da seguire è quella della vicinanza a tutte le vittime della guerra, palestinesi e israeliane”. “Come dice Mustafa Barghouti (pacifista palestinese, ndr), c’è una terza Palestina, vittima della guerra e schiacciata politicamente tra l’Anp e Hamas – aggiunge Raffaella Bolini dell’Arci, che è tra i promotori di Assisi ma che comunque esprime tutta la sua solidarietà alle comunità palestinesi che scenderanno in piazza a Roma – Allo stesso modo io penso che ci sia una terza Italia che vuole uscire dalla logica dello schieramento (potentissima e che trova molti adepti) anche se è un percorso lungo e difficile. Che non vuol dire affatto equidistanza: bisogna costruire una pace giusta sanzionando di volta in volta chi viola il diritto internazionale e avendo il coraggio di escludere gli estremisti fascistoidi di entrambe le parti”. “Spero comunque – conclude Lotti – che siano due manifestazioni belle, ispirate dal rifiuto della violenza e dalla volontà di costruire attraverso azioni concrete la pace, rifiutando quella cultura della guerra di cui anche noi siamo prigionieri: di questo e non di altro hanno bisogno i palestinesi”.

Eleonora Martini
Fonte: Il manifesto
13 gennaio 2009

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