Dibattito sulle missioni internazionali. Cosa dovrebbe fare il nostro Governo?


Sen. Silvana Amati


“Per affrontare correttamente il tema del conflitto in Afghanistan e quello della nostra missione in quel Paese – Silvana Amati sottolinea- voglio porre come esaustiva premessa il contenuto della risoluzione del Parlamento Europeo del 16/12/2010 su una nuova strategia per l’Afghanistan”.


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Dibattito sulle missioni internazionali. Cosa dovrebbe fare il nostro Governo?

Gli studiosi di storia del pensiero costituzionale pongono la funzione informativa come fondamento delle istituzioni parlamentari.
Essa dovrebbe infatti essere la premessa essenziale di ogni potere legislativo dato che  la legge è l'espressione della capacità di normare decisioni e comportamenti.
La funzione informativa è dunque la premessa di ogni democrazia.
Sta poi ad ogni Parlamento e ad ogni parlamentare trasferire l'informazione ai cittadini e regolare la sua attività legislativa a partire da questa.
Ugualmente l'impianto democratico dell'Europa è in grado di fornire le informazioni sulle principali questioni nelle quali gli Stati dell'Unione europea sono impegnati.
Quindi per affrontare correttamente il tema del conflitto in Afghanistan e quello della nostra missione in quel Paese, voglio porre come esaustiva premessa (evidentemente non ideologica) il contenuto della risoluzione del Parlamento Europeo del 16/12/2010 su una nuova strategia per l'Afghanistan.
Il documento infatti,  molto dettagliato ed esplicito nelle sue diverse parti, dà come oggettivi  elementi che è bene diventino di pubblica condivisione.
Punto di partenza, oltre alle precedenti risoluzioni del Parlamento Europeo, restano le risoluzioni ONU dalla 1386 del 2001 in poi. Così come notevole importanza viene data sia all'Assemblea Nazionale consultiva di pace dell'Afghanistan del giugno 2010, sia alla Conferenza di Kabul del 20 luglio 2010.
Il quadro però è fosco.
Nella risoluzione si dichiara che  "né la coalizione di forze internazionali risulta capace di sconfiggere i talebani, né al momento il movimento insurrezionale e talebano risulta capace di prevalere sulle forze militare e quindi "non si intravede alcuna conclusione certa in Afghanistan";
vengono riportate le considerazioni del Generale Mchrystal che nel 2009 affermava di "non ravvisare segnali di una forte presenza di Al Qaeda in Afghanistan e che "alti funzionari americani confermano che Al Qaeda è oggi scarsamente presente in Afghanistan";
si considera che "le condizioni di vita e di sicurezza in quel Paese si sono deteriorate, erodendo il consenso popolare di cui godeva a un certo punto la presenza della coalizione e che la coalizione è sempre più percepita dalla popolazione come forza di occupazione";
si legge espressamente che "è ormai ovvia l'impossibilità di una soluzione militare in Afghanistan e che gli Stati Uniti hanno dichiarato che inizieranno a ritirare le loro truppe dall'estate 2011 mentre altri Paesi o l'hanno fatto o stanno mettendo a punto piani per procedere in tal senso";
il Parlamento Europeo  è altresì consapevole della necessità "di rispettare gli impegni assunti dal governo afgano per migliorare la sicurezza, la governance e le opportunità economiche per i cittadini di quel Paese. Si constata però che nonostante i miglioramenti realizzati dopo la caduta del regime dei talebani, si è registrato un peggioramento della situazione per quanto riguarda la libertà di espressione di stampa, così come sono state registrate irregolarità nei procedimenti giudiziari del Paese, non rispettando le norme internazionali in materia, e si continuano ad eseguire condanne a morte".
Il Parlamento Europeo "riconosce la percezione diffusa secondo cui la corruzione del governo afgano è la sola responsabile della mancata fornitura di servizi essenziali ai cittadini e ritiene che la lotta contro la corruzione dovrebbe costituire la pietra angolare del processo di pace in Afghanistan".
Tra l'altro, dei 40 miliardi di dollari USA destinati agli aiuti in quel Paese, solo sei miliardi sono pervenuti al Governo afgano tra il 2002 e il 2009, mentre gli altri 34 miliardi, sono passati attraverso organizzazioni internazionali, banche, appaltatori internazionali, ong, senza raggiungere i beneficiari destinatari, cioè il popolo afgano.
Il Parlamento Europeo si dichiara poi "costernato" per il fatto che il denaro proveniente da attività di protezione a tutti i livelli della catena di approvvigionamento militare costituisce la più significativa fonte di finanziamento dei ribelli, come riconosciuto nel 2009 dalla stessa Ilary Clinton, ed è altrettanto costernato dal fatto che allo stesso modo i finanziamenti Isaf possano finire nelle mani dei ribelli. Dato che analoga è la logistica militare tra Stati Uniti – Nato – Isaf.
Il Parlamento Europeo ritiene che l'impostazione militare del passato non abbia dato i risultati auspicati e riconosce  che "l'unica soluzione possibile è di natura politica e ritiene che dovrebbe comprendere i negoziati, da svolgersi eventualmente sullo sfondo di un cessate il fuoco, con i talebani ed altre formazioni combattenti, nonché con altri esponenti politici del Paese disposti a formare un governo di unità nazionale che possa  mettere fine alla guerra civile che sconvolge il Paese da quasi trent'anni e garantire il pieno rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali".
Oltre alla risoluzione del Parlamento Europeo del dicembre 2010 di cui ho dato in parte lettura, voglio qui riportare alcune considerazioni pubblicate sul numero zero della rivista della Fondazione  ICSA, fondazione di cui è Presidente l'On. Marco Minniti e di cui era Presidente onorario il Senatore Francesco Cossiga.
Qui si afferma che dopo otto anni di operazioni Isaf la sicurezza in Afghanistan è peggiorata, che in realtà  "il nemico che Isaf e Enduring Freedom ritengono ancora attivo di fronte alla potenza delle forze occidentali, è numericamente irrilevante e qualitativamente nullo a fronte delle forze nato presenti" (tra 7.000 e 11.000 unità talebane ribelli, mentre Al Qaeda è stimato tra 1.200 e 1.500 uomini).
Di seguito  si può leggere  che nell'Afghanistan odierno, la cui Costituzione, scritta dagli occidentali lega il potere laico al Corano, le truppe di polizia dell'esercito non sono viste come risorse nazionali ma come esecutori materiali di abusi, crimini e corruzione gestiti da un centro che a Kabul si manifesta in tutta la sua frammentarietà.
Dati sconfortanti peraltro rivelano che su 94.000 agenti della polizia nazionale quasi il 90% è analfabeta, il 20% è tossicodipendente e oltre il 30% scompare dopo un anno, senza contare i mille poliziotti uccisi ogni anno in servizio.
Dunque concludendo ho voluto riferire all'Aula considerazioni molto significative e ribadisco non ideologiche,  che forniscono un quadro assolutamente preoccupante dello stato del conflitto afghano dato che oggi, per il rifinanziamento della missione italiana, il Governo chiede l'impegno di spesa per sei mesi di  quasi 381 milioni di Euro .
E' per l'evidenza e l'autorevolezza delle fonti che ho qui riferito, che ho sottoscritto convintamene la mozione proposta dal Senatore Di Giovan Paolo nella quale si impegna il Governo a promuovere  un confronto con i Paesi alleati della UE e Nato presenti in Afghanistan per valutare le condizioni politiche e militari e stabilire una exit strategy della missione da sottoporre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Mi auguro che l'Aula la voglia approvare.

di Silvana Amati

febbraio 2011

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