De Mistura boccia le bombe di La Russa


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Vi sono altri strumenti per garantire la sicurezza dei soldati sul campo. Quello indicato dal ministro della Difesa italiano rischia di provocare altre vittime civili. Alla vigilia della riunione di Roma altre bocciature per l’Italia.


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De Mistura boccia le bombe di La Russa

Un’idea balzana. Controproducente. Da lasciar cadere senza infierire troppo. Le «bombe d’Ignazio» fanno cilecca. L’ultima bocciatura è «soft» nei toni, molto diplomatici, ma netta nel merito. – Il rappresentante speciale Onu in Afghanistan, Staffan de Mistura non vuole intervenire nella polemica, tutta italiana, sulle bombe a bordo dei caccia militari ma in un colloquio con l’Ansa rileva: «Tutto ciò che si può fare per aumentare la sicurezza dei nostri alpini oggi, e dei militari della Folgore domani, va fatto, ma ci sono molti modi e sistemi efficaci». «Penso, ad esempio – spiega – al sistema integrato di sminamento, Integrated protection road, costituito da tre o quattro mezzi e un radar che precedono i convogli militari per intercettare gli esplosivi nascosti lungo le strade. Il 90% delle vittime tra i soldati in Afghanistan è, infatti, causato da questo tipo di attentato». «Di contro sappiamo che – prosegue de Mistura – strumenti offensivi che provocano vittime civili producono vendette terribili essendo il popolo afghano molto solidale». «È per questo che si dice – aggiunge – che ogni vittima civile può produrre cinque terroristi». DIPLOMAZIA IN MOVIMENTO De Mistura è a Roma per l’odierna riunione degli Alti Rappresentanti Speciali per l'Afghanistan e il Pakistan (Srap), che prepara il vertice dei capi di Stato e di governo del 18 novembre a Lisbona. «In questa fase si intensificano e accelerano le operazioni militari per favorire e stimolare il processo negoziale -spiega- ma di contro i talebani contrattaccano per alzare la posta e per dimostrare di non essere deboli». «Come in altre 18 situazioni di guerra che come inviato Onu ho vissuto -aggiunge de Mistura- la fase “hot negotiation” è dolorosa e pericolosa». Per De Mistura le probabilità di successo della missione toccano il 70%, «ed il motivo è che tutte le parti in campo sono molto stanche del conflitto». «Luglio 2011, dunque – conclude – è una data importante che segnerà l'inizio di una lunga fine dell'impegno militare. Quanto velocemente ciò avverrà dipenderà dai negoziati e dalla volontà degli afghani». «L'Afghanistan non sarà mai il Vietnam», rimarca ancora de Mistura. TEMPO SUPPLEMENTARE Di Afghanistan si occupa anche il programma tv «In Mezzora» di Lucia Annunziata. «Il numero della vittime negli ultimi due anni è la conseguenza di un'accresciuta pressione nei nostri confronti», afferma l'ambasciatore Massimo Attilio Iannucci, inviato del ministro degli Esteri Franco Frattini per l'Afghanistan e il Pakistan, intervenendo alla trasmissione. Questo, aggiunge Iannucci, «non cambia la natura della nostra missione» che è quella di «stabilizzare con gli altri Paesi della Nato» l'Afghanistan. Ma «se siamo attaccati rispondiamo», spiega. A «In Mezzora» partecipa anche l’ambasciatore Richard Holbrooke, inviato speciale di Obama per l'Afghanistan e il Pakistan. La presenza dei contingenti stranieri in Afghanistan – è la sua valutazione – sarà necessaria fino al 2014 ed è sbagliato pensare al 2011 come all'anno di un ripiegamento massiccio delle forze internazionali, anzi probabilmente bisognerà restare fino al 2014. Secondo Holbrooke -che definisce «straordinario» il lavoro degli italiani sul teatro afghano- «ci sono stati degli equivoci sulle date». Obama aveva annunciato che avrebbe rivisto la politica nel teatro afghano entro la fine dello scorso anno e ha poi detto «che entro luglio del 2011 vi sarà l'inizio di una riduzione molto graduale delle forze americane sulla base delle condizioni. Ogni Paese dell'Alleanza farà altrettanto, con consultazioni molto strette». L'inviato di Obama dice di non sapere cosa verrà annunciato a Lisbona, ma è certo che «è sbagliato pensare al 2011 come data di ritiro. Il 2011 sarà l'inizio di una riduzione attenta delle forze di combattimento. Siamo convinti che non possiamo ripetere gli errori del passato e anche dopo il 2014 dovrà esserci un impegno continuo per lo sviluppo economico e sociale dell'Afghanistan da parte della comunità internazionale».

Fonte: Unità

18 ottobre 2010

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