Crisi: Più di un milione di licenziati


Roberto Giovannini


Secondo i dati del ministero, il 2012 è l’anno nero, solo negli ultimi tre mesi in 330 mila hanno perso il lavoro.


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lavorocrisi

Lo dicevano, inascoltati, i sindacalisti quando si parlava di modifiche all’articolo 18 per rendere più facili i licenziamenti. In Italia, spiegavano, licenziare si può ed eccome; e il nostro mercato del lavoro è uno dei più «mobili» d’Europa. I numeri – ufficiali, perché a diramarli è il ministero del Lavoro – non solo confermano questa analisi.

Ma chiariscono che in Italia il problema vero non è quello dei licenziamenti: semmai è quello delle assunzioni. Che non ci sono. A maggior ragione in tempi di gravissima crisi come questi.

E così, come dicono i dati del Sistema delle comunicazioni obbligatorie, che dà conto ufficialmente e regolarmente dell’andamento dei rapporti di lavoro, nel nostro paese nel 2012 i licenziamenti sono stati oltre un milione: per la precisione, 1.027.462. È un aumento del 13,9 per cento rispetto ai 901,796 del 2011. Ma particolarmente allarmante, tuttavia, appare il dato degli ultimi tre mesi del 2012, quando i licenziamenti hanno raggiunto il livello massimo di 329.259, in aumento del 15,1% sullo stesso periodo del 2011.

Ovviamente qui si contano semplicemente i licenziamenti, ovvero le interruzioni dei rapporti di lavoro, e non il numero esatto delle persone licenziate. Nulla esclude che nel corso di dodici mesi un lavoratore abbia attivato e concluso anche più di un rapporto di lavoro. E nulla esclude che alcune interruzioni siano volontarie o dovute alla scelta di qualcuno di mettersi in proprio. Certo è che la tendenza è chiarissima: la crisi va avanti da diversi anni, e nel corso di questi anni il numero delle persone che hanno perso o lasciato l’impiego è andato progressivamente aumentando, fino al periodo più nero, quello relativo all’ultimo trimestre dello scorso anno, quando sono stati espulsi quasi 330mila lavoratori. E il 2012, oltre a essere un anno di crisi, è anche l’anno in cui ha cominciato a dispiegare i suoi effetti la riforma Fornero del mercato del lavoro, con la modifica dell’articolo 18. Modifica il cui peso è obiettivamente difficile valutare in questi dati.

Resta il fatto che nell’intero 2012 sono stati attivati circa 10,2 milioni di rapporti di lavoro a fronte di quasi 10,4 milioni cessati, nel complesso, tra dimissioni, pensionamenti, scadenze di contratti e licenziamenti, voce nella quale rientrano sia quelli collettivi, sia quelli individuali (per giusta causa, per giustificato motivo oggettivo o soggettivo). Se a questi numeri si accompagnano quelli degli 1,8 milioni di lavoratori che hanno vissuto l’esperienza della cassa integrazione, il milione e mezzo che ha avuto un assegno di disoccupazione e i 2,7 milioni di disoccupati certificati dall’Istat, il quadro del dramma del mondo del lavoro appare in tutta la sua evidenza.

Tornando al quarto trimestre del 2012, le nuove assunzioni (in termini di rapporti di lavoro attivati, dipendenti o parasubordinati) sono state oltre 2,2 milioni (2.269.764), con un calo del 5,8% rispetto allo stesso trimestre del 2011. Ma i lavoratori interessati sono poco più di 1,6 milioni, in ampio decremento: l’8,2% in meno rispetto al quarto trimestre del 2011, con valori negativi maggiori tra i giovani (-13,9% e -10,9% rispettivamente tra i 15-24enni e i 25-34enni).

I lavoratori over-55, tra i 55 e i 64 anni registrano un leggero incremento (+0,4%), mentre più sostenuto è l’aumento, sempre rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, degli ultrasessantacinquenni interessati da un nuovo rapporto di lavoro (+7,6%). Infine, sempre nel quarto trimestre del 2012, in totale i rapporti di lavoro cessati sono stati poco più di 3,2 milioni (3.205.753), con una leggera diminuzione (-0,2%) rispetto al quarto trimestre 2011.

Fonte: www.lastampa.it
8 aprile 2013

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