Con Flare tra i villaggi della Georgia


Michele Curto


Missione a Gori per verificare la situazione dei danneggiamenti in città, che al primo impatto non sembra essere notevolmente colpita. Purtroppo però, grazie alle visite sul campo, si scopre che sono stati attaccati duramente gli obiettivi civili.


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Con Flare tra i villaggi della Georgia

Nella giornata abbiamo visitato Gori e le aree circostanti.
Era nostra intenzione verificare la situazione dei danneggiamenti in città, verificando poi le fonti ricevute il giorno prima da alcuni profughi recandoci nei villaggi a nord di Gori e cercando di raggiungere Tishanvali.
Abbiamo avuto modo di visitare la città di Gori accompagnati da un rappresentante dell'autorità locale, il quale ci ha mostrato alcuni danni dovuti al bombardamento della città.
La sensazione generale è che rispetto alle dichiarazioni di alcuni esponenti del governo georgiano sulla totale distruzione della città di Gori, questo non risponda alla realtà.
Infatti la città sembra apparire non notevolmente danneggiata.
Però purtroppo dalle visite sul campo abbiamo potuto constatare sia che sono stati attaccati obiettivi civili, sia che è stato utilizzato armamento proibito (cluster bomb).
Infatti, abbiamo visitato e documentato fotograficamente il bombardamento massiccio di un complesso di palazzi di grande dimensione, le strutture risultano adesso pericolanti e inabitabili in quanto pesantemente colpite e danneggiate. Diversi appartamenti hanno preso fuoco. In questo momento squadre di operai stanno procedendo alla rimozione delle macerie.
Inoltre abbiamo accertato in almeno 3 occasioni diverse l'utilizzo di bombe a frammentazione, addirittura nel centro della città. Infatti di fronte all'università di Gori vi sono i segni di uno degli ordigni che ha poi danneggiato l'area circostante. Identica cosa è successa nella piazza antistante il palazzo dell'amministrazione municipale. Infine un uomo ci ha mostrato il filmato di parte di un ordigno a frammentazione che ha sfondato il tetto di casa sua senza esplodere. L'ordigno è stato rimosso ma lui ha conservato il video.
Abbiamo quindi tentato di recarci nelle aree circostanti a Gori, che ci vengono segnalate come quelle maggiormente colpite e sistematicamente distrutte, così come la città di Tishanvali.
Ci siamo quindi diretti verso nord, purtroppo subito fuori Gori, dopo pochissimi chilometri siamo stati fermati presso un posto di blocco di militari russi. Un carro armato presidiava la strada, mentre alcuni militari armati di fucili d'assalto controllavano il transito dei veicoli. Inoltre i bordi della strada erano recintati da filo spinato. Sul lato sinistro della strada, si trovava un istallazione fortificata russa. Fra terrapieni e murature di sacchi di sabbia vi erano posizionate diverse mitragliatrici pesanti che battevano la strada e il territorio circostante.
Insomma una postazione pesantemente armata, a cui si poteva riferire più che un compito di polizia decisamente un ruolo militare.
Presso questo luogo venivamo fermati, e dopo che ci eravamo identificati come organizzazione internazionale ci veniva intimato di ritornare indietro. A farlo era un militare russo che Andrej definiva della Russia centrale, che aveva un compito di responsabilità rispetto agli altri, mentre a controllare la situazione vi erano alcuni altri militari dall'aspetto caucasico e centro asiatico con fucili d'assalto, che non hanno mai parlato. I militari portavano le mostrine dei paracadutisti. La situazione è comunque sempre rimasta tranquilla, e i militari non sembravano assolutamente sotto stress. Il motivo addotto per negarci l'ingresso è che l'area è interdetta alle persone "di fuori". Facevamo quindi notare che ci risultava che venissero commesse delle violenze e che volevamo accertarle, ci è stato risposto che le violenze vengono commesse da bande di irregolari e che proprio per questa ragione ci viene impedito l'accesso. Alla richiesta di ulteriori precisazioni ci veniva detto che avremmo dovuto chiedere un permesso al Generale responsabile delle operazioni in Georgia, che loro non potevano contattare il comando e che tanto non ci avrebbe mai risposto. Subito dopo di noi sono arrivati alcuni osservatori OSCE ungheresi a cui è stato negato l'ingresso. Inoltre la responsabile della missione di emergenza dell'UNHCR ci ha detto che anche al loro personale e ai loro veicoli è stato negato l'accesso e che gli unici che sono riusciti a passare anche se in casi eccezionali sono stati i mezzi della Croce Rossa. Insomma l'area a nord di Gori è interdetta alla presenza internazionale ed è ancora sotto il controllo delle truppe russe.
Si è deciso quindi di ritornare a Gori, dove siamo stati a visitare la tendopoli che in queste ore si sta attrezzando per ospitare i profughi. Da diverse fonti nei giorni precedenti avevamo raccolto l'inquietudine che da parte del governo georgiano ci sia la volontà di trasferire nell'area di Gori e nelle tendopoli tutti i profughi che non potranno fare ritorno alle proprie case, cioè quelli che il Public Defender stima in circa 40.000 (vedi Report 3).
Queste fonti sono riferibili sia alle nostre NGO (CHCA) che al Pubblic Defender stesso.
Questo tipo di strategia che probabilmente risponderebbe più a bisogni strategico comunicativi del governo di Tbilisi che alle esigenze trova contrarie le nostre NGO georgiane. Gori è una città di 50.000 abitanti che sarebbe letteralmente invasa dai profughi.
Dalla visita ad una delle prime 4 tendopoli in allestimento è risultato che gli standard sono bassissimi. Infatti la tendopoli viene montata nell'area ricavata da un campo sportivo sabbioso, su cui non viene poggiato nessun fondo ma direttamente le tende. In questa fase è ancora impossibile definire quali saranno i servizi che verranno garantiti.
Ho avuto la possibilità di parlare con Alessandra Morelli responsabile missione di emergenza UNHCR Georgia, con cui ci siamo scambiati le informazioni soprattutto sui villaggi a nord di Gori e sul possibile arrivo di nuovi profughi da quelle aree. Lei mi ha confermato che anche a lei risultano l'arrivo negli ultimi 2 giorni di numerosi profughi dalle aree a sud di Tishanvali (vedi report 3) a causa di azioni di espulsione coatta e saccheggio.
Il piano comunque prevede la realizzazione nel giro di pochissimi giorni di 4000 posti letto in tenda, e poi a seguire di ulteriori spazi attrezzati.
Dal colloquio con della Croce Rossa Italiana è risultato che il loro ruolo è riferito alla fornitura di pasti ai rifugiati. Per questa ragione stanno arrivando dall'Italia 2 cucine da campo da 10.000 pasti al giorno. La loro presenza è prevista per i prossimi 6 mesi, questa fa supporre che non sarà possibile superare la situazione di tendopoli prima di quel periodo e che quindi i profughi lì trasferiti dovranno passare presumibilmente l'inverno in tenda in condizioni oggi inimmaginabili.

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