Cile, torture e violazione dei diritti umani


Redattore Sociale


Stretta repressiva del governo di Piñera a seguito delle manifestazioni contro il carovita e lo smantellamento dei servizi sociali. La fondazione Heinrich Böll denuncia: “Stato d’emergenza non giustificato, si vuole stroncare una protesta pacifica che sta chiedendo a gran voce un nuovo contratto sociale”


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SANTIAGO DEL CILE – “Un semplice aumento delle tariffe della metro è riuscito in quello che partiti politici e leader sociali non hanno saputo fare per anni: unire un’opinione pubblica frammentata e mettere insieme le forze per protestare contro lo smantellamento dei servizi sociali e la privatizzazione di beni pubblici come l’acqua, la salute, l’educazione e le pensioni”.

Ingrid Wehr, direttrice della sezione sudamericana della fondazione Heinrich Böll, parla dal suo ufficio nel quartiere di Providencia, a Santiago del Cile, mentre fuori le macchine che passano suonano il clacson per mostrare solidarietà con i manifestanti.

La città è stata teatro di grandi proteste iniziate la settimana scorsa per opporsi all’aumento del prezzo del biglietto dei mezzi pubblici: sono state attaccate alcune stazioni della metropolitana accendendo fuochi, ribaltando auto e bruciando almeno un autobus, e sono stati saccheggiati diversi supermercati e negozi. Per la prima volta dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet, il governo cileno di Sebastián Piñera ha annunciato lo stato di emergenza, garantendo poteri straordinari a polizia ed esercito. Oggi si assiste a una presenza massiccia di agenti nelle strade, con centinaia di soldati e mezzi blindati. Finora almeno undici persone sono morte e centinaia sono state arrestate.

Dichiarare lo stato d’emergenza dà la possibilità al governo di restringere il diritto di manifestare e di usare le forze armate per reprimere una protesta in gran parte pacifica, che sta chiedendo a gran voce un nuovo contratto sociale – spiega Ingrid Wehr –. Ma questo stato d’eccezione non è giustificato dai fatti: non c’è alcuna evidenza che dietro agli atti isolati di vandalismo ci siano bande criminali organizzate. Io stessa ho visto le forze di polizia lanciare lacrimogeni contro manifestanti pacifici, senza alcun criterio, e usare gli idranti per disperdere la folla. Ho sentito manifestanti urlare contro i soldati: ‘Tornatevene a casa vostra, passate il tempo con le vostre famiglie. Non lasciate che vi usino un’altra volta: siamo tutti cileni, siamo un unico popolo’”.

Secondo l’Istituto nazionale per i diritti umani cileno, solo a Santiago 283 persone sono state arrestate e 44 sono state ferite (di cui 9 gravi): 61 di loro sono donne e 71 sono bambini o adolescenti. Sono già state presentate le prime denunce per le violenze e le umiliazioni subite durante l’arresto: alcuni manifestanti accusano di essere stati colpiti sul volto e sulle cosce, di essere stati denudati e in alcuni casi di aver subito molestie sessuali. “Sui social network sono circolate molti video, foto e informazioni che ancora non abbiamo potuto verificare – racconta Wehr –. È molto difficile verificare le notizie e distinguere la verità dalle fake news, anche a causa di una stampa nazionale che non è indipendente. Diverse associazioni stanno mandando per le strade osservatori di diritti umani per controllare la situazione, ma fuori da Santiago è più difficile sorvegliare”.

Sabato scorso il presidente Piñera aveva provato a sospendere l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico spiegando di aver “ascoltato umilmente” la “voce dei miei compatrioti”. Il giorno dopo però, vedendo che le proteste non si erano placate, ha definito i manifestanti “un potente nemico contro cui siamo in guerra”, e li ha paragonati a un’organizzazione criminale. “In realtà si tratta di ragazzi giovani, studenti del liceo o dell’università, ma anche donne, anziani e bambini – afferma Wehr –. Persone comuni, insomma, che vanno in giro allegre portando con sé la tipica pentola e il mestolo di legno per fare rumore, vestiti dei colori della bandiera cilena”.

E allora, cosa chiedono oggi i manifestanti? “L’aumento del costo del biglietto è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: è da 30 anni, da quando è finita la dittatura, che nessun governo è stato capace di ridimensionare le enormi disuguaglianze sociali che spaccano il paese – conclude Ingrid Wehr –. Le persone hanno problemi di accesso alla salute pubblica e pagano moltissimo per le forniture di acqua e elettricità, tanto che spesso lo stipendio non basta per pagarsi il cibo, i trasporti e i servizi essenziali.

Una vera piaga è quella del mercato privatizzato dell’acqua, che lascia gran parte della popolazione senza accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari di base, obbligando più di un milione di cileni a comprare a prezzi molto alti acqua in camion cisterna.

Nel frattempo, i grandi impresari corrotti non pagano le tasse, non rispettano la libera concorrenza e comprano voti: lo stato cileno funziona così, castiga i poveri e garantisce l’impunità a quelli in giacca e cravatta. Ma oggi la maggioranza dei cittadini è furiosa e non vuole arrendersi fino a che non otterrà cambiamenti reali, che garantiscano una maggiore dignità per tutti”.

Redattore Sociale

22 ottobre 2019

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