Berlinguer e Balducci, un comunista e un prete a 100 anni dalla nascita


Piero Piraccini


Quando fu chiesta a Berlinguer la qualità cui fosse più affezionato, la risposta fu: “Quella di essere rimasto fedele agli ideali della mia gioventù”. Più o meno le stesse parole, quelle di Balducci al giornalista che lo intervistava: “Non mi sposto di un capello dal mio asse evangelico”. E che non si fosse spostato lo […]


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Quando fu chiesta a Berlinguer la qualità cui fosse più affezionato, la risposta fu: “Quella di essere rimasto fedele agli ideali della mia gioventù”. Più o meno le stesse parole, quelle di Balducci al giornalista che lo intervistava: “Non mi sposto di un capello dal mio asse evangelico”. E che non si fosse spostato lo riconobbe Manfredi, il fabbro bestemmiatore e anarchico presso cui il garzone Balducci aveva lavorato prima di iniziare la vita ecclesiastica. Adulto, in preghiera sulla tomba dei genitori, una mano gli si pose sulle spalle. Era Manfredi che, come fosse passato un sol giorno, gli disse: “Bravo, Ernesto. I preti non ti hanno fregato”.

La loro gioventù – erano gli anni ’50 – fu vissuta in strutture profondamente ideologizzate (il PCI e la Chiesa, dunque la DC), ma quella coerenza ritrovata intatta negli anni successivi, poggiava su valori che andavano oltre la loro contingenza storica. “Quali furono gli obiettivi per cui è sorto il movimento per il socialismo? Il superamento di ogni forma di sfruttamento e di oppressione, di una classe sulle altre, dell’uomo sulla donna, di una nazione su un’altra. E poi la pace fra i popoli.

Chi potrebbe dire che questi obiettivi non sono più validi”? Berlinguer dedicò molte energie al nuovo movimento della pace – quello precedente, I Partigiani della pace, nato in un momento storico irripetibile, aveva sedimentato in gran parte della popolazione italiana il ripudio dell’arma atomica – offrendogli una sponda istituzionale e promuovendo incontri col mondo cattolico, così come pochi anni prima aveva proposto la candidatura di alcuni “cattolici del NO” (all’abolizione della legge sul divorzio). I candidati discussero sul che fare presso la Badia Fiesolana, la “casa” di Balducci. Accettata la proposta, il successo elettorale che ne seguì spezzò l’incomunicabilità fra mondi fino allora ostili. Ebbe a dire Balducci sulle sue amicizie extra-ecclesiali: “Ho riscoperto che c’è una presenza evangelica che non è quella delimitata in modo rigido e dogmatico dalla chiesa”. Nell’ottobre del 1983, in occasione di una marcia della pace organizzata dal PCI, Berlinguer incontrò i frati del Sacro Convento di Assisi. Il colloquio fu incentrato sulla figura di San Francesco, sulla sua contestazione radicale alla guerra e alla violenza e al tempo stesso, richiamando l’incontro fra il santo e il sultano – il feroce Saladino che feroce non era affatto – Berlinguer si soffermò sul primato della pace frutto della ricerca incessante del dialogo, sulle conseguenze della corsa al riarmo e di una guerra combattuta con le armi atomiche, sul legame fra guerre e strutture economiche. In perfetta sintonia – il loro orizzonte spiccava un salto profetico che andava oltre l’esistente – Balducci sosteneva che dopo Hiroshima ripudiare la guerra era la condizione per conservare la nostra specie.

Poi, richiamando Machiavelli, ammonì che nei tempi quieti (la pace) occorre potenziare gli argini dei fiumi per evitare che la pioggia produca catastrofi (la guerra) perché nessuna guerra è giusta e, dunque, necessaria.

E infine la guerra del Golfo nel ’91: Berlinguer era morto, Balducci morirà a Cesena l’anno successivo in seguito a un incidente stradale. Fu guerra, ancorché l’Italia l’avesse chiamata “operazione di polizia internazionale” stravolgendo la Costituzione. Nulla di nuovo sotto il sole: 30 anni dopo sarà Putin a chiamare “operazione militare speciale” la guerra all’Ucraina. Una truffa semantica giustamente vilipesa oggi da chi a suo tempo l’aveva condivisa. A guerra terminata, Balducci in un articolo su L’Unità scrisse che “Il tempo del pacifista è quello in cui esaurite le ragioni della forza devono entrare in campo le forze della ragione”. Il titolo era: “Vinceremo noi pacifisti. Fosse anche fra mille anni”.

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