Ad Hebron un tunnel per coloni israeliani


Emma Mancini - nena-news.globalist.it


Le autorità militari costruiscono un corridoio sotterraneo che collega le colonie alla Tomba di Abramo. Presto la confisca di un palazzo, casa per 65 famiglie palestinesi.


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L’occupazione di Hebron non si ferma mai. La Città Vecchia resta il target delle autorità israeliane: ultima novità, la costruzione di un corridoio lungo sei metri, in cemento, per assicurare ai coloni israeliani di raggiungere la Tomba di Abramo dalla colonia di Kiryat Arba e dai cinque insediamenti che circondano la città palestinese.

L’esercito israeliano è impegnato da decenni a confiscare edifici e pezzi di terra intorno alla Moschea di Abramo, cuore di Hebron e luogo di culto per ebrei, musulmani e cristiani. Come? Calpestando i documenti di proprietà palestinesi o procedendo con ordini di confisca. Oggi nel mirino di Tel Aviv c’è il palazzo Al Rajabi, un edificio grande 3.500 metri quadrati, posto sul lato Est della Moschea.

A renderlo noto è l’Hebron Rehabilitation Committee, organizzazione creata nel 1996 per volontà dell’Autorità Palestinese dopo la divisione della città in Area A e Area C e impegnata nella riabilitazione e ricostruzione della Città Vecchia di Hebron: “Se Israele occupa quell’edificio – ha spiegato il direttore Emad Hamdan – lo stesso palazzo diverrà una colonia e collegherà l’insediamento di Kiryat Arba con quelli all’interno della Città Vecchia”.

I proprietari palestinesi del palazzo Al Rajabi hanno presentato una petizione ad una corte israeliana che li ha riconosciuti titolari della proprietà e ha imposto lo sfratto dei coloni che avevano occupato l’edificio. Tuttavia, l’esercito di Tel Aviv ha dichiarato l’area “zona militare chiusa”. Immediata è esplosa la rabbia dei coloni che hanno dato fuoco a case palestinesi come forma di vendetta. Così, il tribunale ha rivisto la sentenza: l’edificio spetta ai coloni israeliani seppure privi di qualsiasi documento di proprietà.

L’Hebron Rehabilitation Committee promette di non arrendersi: “Faremo appello contro il verdetto, ingiusto e parziale. L’occupazione di quell’edificio metterebbe in grave pericolo la Città Vecchia di Hebron”. Oggi, infatti, il palazzo Al Rajabi è casa a 65 famiglie indigenti palestinesi, altrimenti prive di un tetto sulla testa.

Hebron (o Al Khalil, in arabo) è una delle più importanti città palestinesi in Cisgiordania. Per decenni, Hebron è stata una delle forze economiche trainanti in Cisgiordania, nel settore manifatturiero e tessile. E proprio tale centralità, economica e religiosa, ha trasformato Hebron in uno dei principali target dell’occupazione israeliana. Oggi la città vive una situazione unica: è la sola comunità della Cisgiordania dove i coloni israeliani vivono nella Città Vecchia. Una città divisa letteralmente a metà, tra palestinesi e coloni israeliani. Dopo il massacro del 1994 nella moschea di Abramo, quando il fanatico israeliano Baruch Goldstein uccise 29 palestinesi durante la preghiera del mattino, sopraggiunse il Protocollo di Hebron, parte degli accordi di Oslo del 1994. Così, la città è stata separata: H1, sotto controllo militare e civile palestinese, e H2, sotto quello israeliano.

Un caso senza eguali in tutta la Cisgiordania: la stessa città divisa in Area A e Area C. Nel centro storico vivono oggi circa 500 coloni (protetti da oltre 2000 soldati israeliani) in cinque insediamenti che spezzano in due la città e impediscono il collegamento diretto tra i quartieri palestinesi a Nord e quelli a Sud. La Città Vecchia è divenuta così una vera e propria “città fantasma”: in H2, infatti, oltre mille abitazioni palestinesi sono ora vuote, il 41,9% del totale.

A ciò si aggiunge la chiusura di migliaia di negozi per ordine militari, sbarrati dall’esercito e mai riaperti o abbandonati dai commercianti per la mancanza di clienti a seguito della chiusura alla popolazione palestinese della più importante via della città: Shuhada Street, la Via dei Martiri. Collegando i quartieri centrali di Hebron con quelli a Nord e a Sud, è stata il luogo dei più importanti e vitali servizi della città. Dalla stazione dei bus a quella dei taxi, dal mercato di frutta e verdura ai mulini per il grano, oltre a decine di negozi e alle più vecchie scuole della città.

Dal 2000 Shuhada Street è stata chiusa per ordine militare dall’esercito: a nessun palestinese è permesso l’ingresso, eccetto a coloro che risiedono ancora lungo la via. Nel 2006 l’Alta Corte israeliana ha imposto la riapertura della strada alla popolazione palestinese, ma la strada è ancora chiusa. Nulla è cambiato e quel pezzo di Città Vecchia, cuore commerciale e sociale, si è trasformato in una città fantasma.

L’obiettivo dei coloni e delle autorità israeliane è stato parzialmente raggiunto: rendere la vita impossibile ai palestinesi e costringerli ad abbandonare le loro case in centro: prima della divisione della città in H1 e H2, i palestinesi residenti nella Città Vecchia erano circa 10mila. A seguito del Protocollo di Hebron, dal 1997 in poi ben il 96% dei residenti palestinesi ha abbandonato l’area. Per diverse ragioni: perché le loro case sono state occupate dai coloni, perché l’esercito ha chiuso i loro negozi, perché le violenze subite li hanno portati alla fuga.

Fonte: http://nena-news.globalist.it
1 ottobre 2012

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