3 ottobre: Lampedusa, porta d’Europa


Sara De Carli


Oggi è la prima Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione a tre anni dal tragico naufragio del 3 ottobre 2013, quando al largo delle coste di Lampedusa morirono 368 migranti.


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Adam ha 21 anni, è nato in Ghana e vive a Lampedusa, accolto da una famiglia del posto. Hanno un albergo, lui dà una mano e frequenta il quarto anno del liceo scientifico. «Ogni giorno prego per i ragazzi che stanno facendo la strada che ho fatto io, che non muoiano durante il viaggio», dice. Adam suo padre non lo ha mai conosciuto, è stato ucciso prima che lui nascesse. E aveva solo dieci anni quando i nemici di suo padre hanno iniziato a minacciare anche lui, che nulla sapeva. Sospira. Aveva 14 anni quando ha deciso di andarsene. Ha attraversato il deserto, «sapevo che era dura, ma non immaginavo così dura. Ma potevo morire anche restando a casa», dice. Il suo viaggio ha un copione ormai noto, i trafficanti, i soldi, la Libia, un barcone con troppe persone a bordo. «Siamo rimasti in mare per quattro giorni, senza sapere dove stavamo andando, con l’uomo al timone che non sapeva guidare la barca…», ricorda Adam. Il suo viaggio finisce a Pozzallo, due anni dopo aver lasciato il Ghana e la nonna. Lui ha 16 anni. Da Pozzallo va in una comunità per minori a Caltanissetta, riceve un permesso umanitario, nel 2013 viene trasferito a Lampedusa. «Sono fortunato, tanti ragazzi quando a 18 anni escono dalla comunità per minori si trovano per strada senza aiuto, senza parlare bene l’italiano, senza nessuno a cui chiedere nemmeno un piccolo consiglio. Io ho passato tante difficoltà, ma qui ora vivo in pace».

Per Adam la porta d’Europa si è aperta a Lampedusa. Su quest’isola, simbolo di un’accoglienza generosa e a volte persino eroica, celebrata in un Fuocoammare che si appresta a commuovere il mondo ma che qui non tutti hanno ancora visto, si riuniranno da questa sera a lunedì 3 ottobre oltre 200 studenti provenienti da tutta Europa, dalla Finlandia alla Grecia, nell’ambito di un progetto promosso dal Miur in collaborazione con il Comitato 3 Ottobre, dal titolo “L’Europa inizia a Lampedusa”.

Il 3 ottobre, infatti, l’Italia celebrerà la sua prima Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione: una giornata per rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo raggiungere il nostro Paese, sfuggendo alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria, una giornata per educare le giovani generazioni a raccogliere la sfida delle migrazioni.

Sono passati tre anni dal tragico naufragio del 3 ottobre 2013, quando al largo delle coste di Lampedusa morirono 368 migranti. Le immagini delle bare allineate nell’hangar dell’aeroporto di Lampedusa fecero il giro del mondo. “Mai più”, promisero allora le istituzioni europee. Mare Nostrum, l’operazione che nacque da quella tragedia, salvò in un anno 170.000 persone. Durò un anno soltanto, l’Europa poi non volle più farsene carico: da allora le navi della Marina Italiana, di altri Stati europei e di organizzazioni private hanno salvato secondo la Fondazione Migrantes altri 270.000 migranti. Nonostante tutto, però, il Mar Mediterraneo continua ad inghiottire vittime. Secondo Save the Children, che fa parte del Comitato 3 ottobre, sono più di 10.400 le persone – uomini, donne e bambini – morte o dispersi nel Mediterraneo dal 2014 ad oggi, nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare. Solo nei primi nove mesi del 2016 almeno 600 bambini hanno già perso la vita o risultano dispersi nel Mediterraneo.

I duecento ragazzi, insieme ai loro coetanei dell’isola, lunedì marceranno insieme verso la Porta d’Europa e con padre Mussie Zerai ricorderanno le vittime del naufragio insieme ai superstiti, poi un gruppo di loro salirà a bordo delle motovedette della Guardia Costiera, per una cerimonia in mare. Ma cosa c’è prima e dopo? È questo che conta davvero. “L’Europa inizia a Lampedusa” sarà una tre giorni di incontri, testimonianze, workshop e poi proseguirà per tutto l’ anno scolastico, nella certezza che – ha detto il ministro Stefania Giannini – «fenomeni globali come l’immigrazione non possono essere affrontati soltanto con politiche di sicurezza o di difesa. Dobbiamo preparare le generazioni di oggi e di domani a una cittadinanza globale che si fa a scuola senza confini, educando alla comprensione non solo delle storie individuali di ogni singola persona, ma delle dinamiche dei flussi migratori e delle ragioni geopolitiche che li alimentano. I 200 studenti venuti sull’isola da tutta Europa stanno vivendo un’esperienza educativa unica e sanno dove stare nella contrapposizione tra “aperto” e “chiuso” che caratterizza il nostro tempo. Grazie al loro entusiasmo, “L’Europa inizia a Lampedusa” lancia una sfida e un esempio culturale alle istituzioni e ai cittadini europei: pensare all’accoglienza come incontro intelligente tra popoli diversi».

Fanus invece di anni ne ha 21. È eritrea, come tutti quelli che erano stipati con lei su quella barca affondata il 3 ottobre 2013. È una sopravvissuta. Ora vive in Svezia. È tornata a Lampedusa ieri, per portare la sua testimonianza. L’ha accolta, come tre anni fa, Elisabetta Lampe, docente di lettere alle medie di Lampedusa. «È con altre due ragazze, una è incinta di quattro mesi, questa mattina hanno mostrato a mia madre il video del barcone incendiato», racconta la professoressa. Allora Fanus aveva 18 anni: «la prima volta che è entrata in casa mia è stato per il cenone dell’ultimo dell’anno, nel 2013. Avevo il desiderio di accogliere questi ragazzi, li vedevo in paese, in chiesa, così nelle vacanze natalizie ho chiesto a un signore della segreteria della scuola, che invece è sempre stato in prima fila nell’accoglienza, se era possibile invitare una ragazza a cena…», ricorda. «Fanus si presentò insieme a Tami, un ragazzo che avevo già invitato in classe per raccontare la sua esperienza ai miei alunni e che parlava bene l’inglese. Da lì con Fanus abbiamo stretto amicizia, lei dormiva al centro di accoglienza ma per il resto era di famiglia: in quel momento quei ragazzi avevano un enorme bisogno di affetto».

Un minore straniero non accompagnato, sbarcato a Lampedusa, la professoressa l’ha avuto anche in classe: Sedou. Veniva dal Senegal, aveva 16 anni e non aveva mai messo piede prima in una scuola: «lui è in affido a una famiglia di Lampedusa, è stato inserito nella mia terza di allora, è stata un’esperienza straordinaria per tutti. Adesso frequenta l’alberghiero». Ieri nelle classi della professoressa è stato Adam a portare la sua testimonianza: «lavoriamo da anni sul tema dell’accoglienza, per far capire che la migrazione è una costante della storia dell’uomo. L’anno scorso i ragazzi hanno realizzato una banconota, da un lato i nostri avi con le valigie di cartone, dall’altro la porta d’Europa con i migranti sui gommoni», ricorda. Ma il primo lavoro risale proprio a quell’ottobre 2013, quando una scuola di Ventimiglia contattò la scuola di Lampedusa, per sapere dalla viva voce dei ragazzi cosa stava succedendo e come loro stessero vivendo quei fatti epocali: «i ragazzi hanno scritto riflessioni bellissime, le loro emozioni nel veder scendere tutte quelle persone e quei bambini… l’anno dopo abbiamo continuato a lavorare insieme alle colleghe di Ventimiglia, abbiamo realizzato un libricino con una raccolta di poesie dei ragazzi sul mare, che è tomba e luogo in cui ci si diverte d’estate, si intitola “Mediterraneo. Poesie del mare che unisce”».

Sara, Marie Juliette, Giulia e Pietro sono invece i rappresentanti del Liceo Scientifico “Galilei” di Ancona, una delle scuole italiane selezionate per partecipare al progetto (nella foto a sinistra, sopra). «Ci siamo trovati a poter partecipare al bando perché avevamo da tempo percorsi didattici sulle migrazioni. La prima parte del nostro lavoro è stata individuale, ogni ragazzo ha riflettuto sulla polisemia del viaggio, non solo come dimensione fisica ma anche interiore», racconta la professoressa Silvia Pascucci. Nella seconda parte del progetto la classe ha realizzato dei prodotti creativi, due corti focalizzati su migranti o rifugiati che avessero segnato la storia o l’attualità: hanno scelto Nelson Mandela e Malala (il video è qui sotto). «Poter partecipare a questo progetto è una gioia, spesso i lavori meravigliosi che i ragazzi fanno restano nel chiuso della scuola. La notizia della partecipazione al progetto per esempio è stata il gancio che ha consentito a un’alunna di raccontare che lei stessa per un anno e mezzo ha ospitato una ragazza in casa sua, non l’aveva mai detto, la sua testimonianza ha dato un volto concreto a tutto ciò».

I materiali prodotti dalle scuole durante la preparazione alla giornata del 3 ottobre sono sul sito europalampedusa.it, una sorta di punto di incontro virtuale per tutti gli alunni e gli insegnanti. Nel corso della giornata del 3 ottobre sarà siglato un accordo tra il Miur, il Comune di Lampedusa e Linosa e il Comitato 3 Ottobre, per istituire la “sezione giovani” del neonato Museo della Fiducia e del Dialogo che ha sede nell’isola: l’intento è quello di raccogliere da tutta Europa i pensieri, le testimonianze e le opere creative dei più giovani su questi temi, che interpretino l’idea di solidarietà e di incontro tra i popoli, fondati sulla reciproca fiducia. Nel nome di Adam, Fanus e dei 368 fratelli che non ci sono più.

Fonte: www.vita.it

 

 

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