Noi che volevamo assaltare il cielo


Piero Piraccini


Noi che volevamo assaltare il cielo Volevano costruire una torre alta fino al cielo per arrivare a Dio, ma fallirono lo scopo perché Dio confuse i loro linguaggi, perché a lui si può giungere con lo spirito non con il corpo. Così Babele restò incompiuta. Anche Icaro, inebriato per la scoperta del padre Dedalo che […]


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Noi che volevamo assaltare il cielo


Volevano costruire una torre alta fino al cielo per arrivare a Dio, ma fallirono lo scopo perché Dio confuse i loro linguaggi, perché a lui si può giungere con lo spirito non con il corpo.

Così Babele restò incompiuta. Anche Icaro, inebriato per la scoperta del padre Dedalo che gli aveva fabbricato le ali, voleva raggiungere il dio del sole, ma il calore sciolse la cera che univa le ali al suo corpo e così precipitò nelle acque della Sicilia, dove si racconta sia possibile udirne la voce implorante. Prometeo salì di nascosto sull’Olimpo per rubare il fuoco agli dei e regalare agli uomini la tecnica, il mezzo per affrancarsi e costruire l’ancora impensato ma Zeus lo punì, lo legò a una rupe ai confini del mondo, dove ogni giorno un’aquila gli divorava il fegato che puntualmente ricresceva.

Anche la nostra civiltà si è cimentata per l’assalto al cielo partendo dalla terra. Da questa terra che l’homo sapiens abita da 100 mila anni e da 8 mila coltiva senza incidere più di tanto sugli equilibri ecologici globali.

Solo nel XX secolo, epoca della rivoluzione industriale, l’homo economicus si trasforma in attore ecologico globale, capace di modificare l’atmosfera e distruggere le specie.

Ci ricordava Ernesto Balducci ne “La terra del tramonto” che “ L’Occidente è un’immensa struttura dissipativa che assorbe da ogni angolo del pianeta energia viva e la restituisce degradata (…). La buona coscienza è finita per sempre e l’opulenza non può più durare senza crimini”.

Può essere che siamo capaci di scoprire orizzonti sempre nuovi, di raggiungere la Luna, Marte e altri pianeti avendo l’infinito come limite, e poi scontrarsi sulla Terra con l’invisibile che ci dice: basta! e l’intero mondo che abbiamo costruito si ferma annichilito, le nostre certezze beffate e sottomesse al nuovo Leviatano che però non è la risposta alle nostre paure essendo lui stesso paura?

Perché mentre siamo stati capaci di sezionare l’atomo, di perfezionare una tecnologia che ci connette da un capo all’altro del mondo in tempi infinitesimali, e di essere così folli da costruire armi che uccidono a migliaia di chilometri di distanza, seduti davanti ad un computer, o alla guida di un cacciabombardiere F35 indossando un casco da 400mila dollari, non abbiamo sufficienti maschere, tamponi, respiratori, posti letto per la rianimazione?

Cioè la politica è capace di pianificare la morte verso gli altri ma non la vita verso noi stessi.

E mentre si sospende l’attività di aziende che non producono beni essenziali “sono consentite le attività delle industrie dell’aerospazio e della difesa”.

Cioè il “Decreto Nuove misure per l’emergenza coronavirus” ritiene la produzione di armi attività essenziale, quando l’ONU chiede il cessate il fuoco in tutto il mondo, il volontariato si mobilita al soccorso dei più fragili, Cina, Cuba e Russia (toh? paesi comunisti o ex) ci sostengono con medici e materiali, famiglie con disabili non sanno a che santo votarsi.
Mentre i 3 (!) metri quadrati di cui ogni carcerato ha diritto – e nessun carcere li garantisce – non consente la distanza consigliata.

E noi avremo sì una delle migliori sanità del mondo, ma la dimensione della tragedia ci dice che essa è anche il frutto dei tagli operati nei decenni scorsi, del minor numero di ospedali, posti letto, medici, infermieri.

E la sanità Lombarda sarà una delle migliori d’Italia, ma proprio quella regione registra un numero pauroso di decessi, forse in parte motivato dall’aver favorito la sanità privata a scapito della pubblica e sguarnita quella di base (obsoleta per la Lega) intasando ospedali e pronto soccorso, per cui ai tanti infetti domiciliari è stata offerta un’assistenza inadeguata alla gravità della malattia, così come l’assenza di un’industria capace di produrre anche i più semplici dei presidi sanitari nelle quantità e nei tempi necessari, ha comportato la morte di medici e infermieri, loro che hanno il compito di curarci.

Andrà tutto bene, come si scrive in questi giorni, ma ce ne vorrà perché succeda.

Piero Piraccini

29 marzo 2020

 

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