Vaticano e Palestina: un lungo cammino di pace


Giorgio Bernardelli


L’incontro tra il Papa e Abu Mazen a oltre trent’anni dalla prima visita di Arafat. L’Accordo di attuazione dei principi sanciti nel 2000 al centro di un negoziato tuttora aperto. L’invito del presidente a Francesco.


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L’auspicio che la ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi porti a una  soluzione giusta e duratura del conflitto. E il riconoscimento del contributo che i cristiani portano alla società palestinese.

Quelli emersi oggi nell’udienza concessa da Papa Francesco ad Abu Mazen, sono i due cardini che scandiscono ormai da quasi vent’anni le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il mondo palestinese.

Il primo faccia a faccia ufficiale tra un Papa e i rappresentanti della Palestina avvenne in realtà già nel 1979, quando durante la visita al Palazzo di Vetro a New York Giovanni Paolo II incontrò i rappresentanti dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp).

Il 15 settembre 1982 arrivò, poi, la prima storica visita di Yasser Arafat in Vaticano e con Wojtyla ne seguirono poi numerose altre. Le relazioni diplomatiche con l’Olp furono istituite il 26 ottobre 1994; e un ulteriore passo molto importante arrivò il 15 febbraio 2000 con la firma dell’Accordo fondamentale tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Un atto che giunse alla vigilia del viaggio di Wojtyla in Terra Santa e che di fatto elevò il livello delle relazioni con l’Autorità nazionale palestinese allo stesso rango di Israele, Paese con il quale era già stato siglato un accordo analogo nel 1993.

L’Accordo fondamentale tra la Santa Sede e la Palestina contiene due punti molto importanti: il Vaticano esprime l’asupicio di «una giusta soluzione per la questione di Gerusalemme», basata su uno statuto internazionalmente garantito della Città Santa.  L’Autorità palestinese – da parte sua – si impegna a proteggere e tutelare l’esercizio della libertà religiosa da parte di tutti. L’Accordo fondamentale resta però una dichiarazione di principi che va tradotta in un quadro di norme che regoleranno concretamente una serie di aspetti legati alla presenza della Chiesa cattolica in Palestina.

Come per l’attuazione dell’Accordo del 1993 con Israele, però, anche con la Palestina il negoziato è tuttora in corso: la sessione più recente della commissione bilaterale si è tenuta in Vaticano a settembre e l’intesa è stata definita «in fase avanzata»; un nuovo incontro tra le parti è in programma a Ramallah all’inizio del 2014.

Ben sei sono stati gli incontri tra il presidente Abu Mazen e Benedetto XVI: cinque a Roma e uno in Terra Santa durante il pellegrinaggio del 2009. Tutti i palestinesi ricordano bene le immagini di Ratzinger a Betlemme nel campo profughi di Aida, con alle spalle il muro di separazione tra i Territori e Israele. Una sequenza che potrebbe ripetersi presto: anche Abu Mazen, come avevano già fatto prima di lui il presidente israeliano Shimon Peres e il re di Giordania Abdallah, ha invitato oggi ufficialmente Papa Francesco in Terra Santa per il viaggio atteso per la prossima primavera.

Vale la pena infine di ricordare che anche la Santa Sede – dopo il voto dell’Assemblea generale dell’Onu del 2012 – parla ormai espressamente di Stato della Palestina. E che al governo di questo Stato qualche mese fa il Vaticano ha effettuato una donazione di 100 mila euro come contributo per il restauro del tetto della basilica della Natività.

Fonte: http://vaticaninsider.lastampa.it
17 ottobre 2013

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