Una sentenza vergognosa: Rachel Corrie e la giustizia israeliana


Centro per la Pace e la Nonviolenza “Rachel Corrie” – Ovada


La morte di Rachel, schiacciata il 16 marzo 2003 da un bulldozer militare che stava distruggendo l’ennesima casa palestinese nel sud di Gaza, è stata definita dalla Corte un “deplorevole incidente”. Ma la sua morte non fu invano.


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Con una decisione sconcertante la Corte di Haifa  il 28 agosto ha respinto, dopo un giudizio durato circa 7 anni, la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dai genitori di Rachel Corrie nei confronti dello Stato d’Israele.

La morte di Rachel, schiacciata il 16 marzo 2003 da un bulldozer militare che stava distruggendo l’ennesima casa palestinese nel sud di Gaza, è stata definita dalla Corte un “deplorevole incidente”, il conducente del mezzo (un militare) è stato ritenuto non responsabile della sua morte, posto che Rachel, che insieme ad altri manifestanti si opponeva con il proprio corpo all’avanzata del bulldozer, avrebbe dovuto tenersi a distanza di sicurezza mentre il soldato non poteva vederla. Il Giudice ha sostenuto inoltre che lo Stato d’Israele non è responsabile dei danni poiché il Bulldozer  Caterpillar D9 che schiacciò Rachel  era “impegnato in un combattimento”.

Attribuire il termine “combattimento” all’attività di demolizione di case di civili disarmati è sintomatico: dopo avere dichiarato il sud di Gaza zona di guerra, l’esercito israeliano decise di “sterilizzare” per motivi di sicurezza una striscia di terra, il che significava demolire centinaia di case in cui vivevano migliaia di uomini, donne, vecchi, bambini, che si trovavano in quel luogo semplicemente perché quelle erano le loro case e non avevano altri posti dove andare. La definizione di “nemico” si estese facilmente fino ad includere pacifisti, osservatori internazionali e bambini palestinesi, e le regole di ingaggio dei militari divennero così ampie che chiunque poteva trasformarsi facilmente in un bersaglio – Rachel Corrie non fu certo l’unica vittima in quel periodo.

Giustizia non è fatta; i legali della famiglia hanno annunciato che ricorreranno alla Corte Suprema, i genitori di Rachel hanno manifestato con pacatezza tutto il loro dispiacere per il verdetto e continueranno a lottare per avere giustizia e soprattutto perché si affermi la verità.

Ancora una volta, lo Stato ed il Governo d’Israele (nel silenzio quasi generale dei media e dei governi occidentali), fanno prevalere la logica della forza, della violenza militare sui valori del diritto, della giustizia, della democrazia.

Non è Rachel ad essere oltraggiata da una sentenza vergognosa, ipocrita e servile; è Israele che, ancora una volta, si dimostra incapace di uscire dalla logica della guerra a cui ha affidato il suo destino, quasi che questa fosse l’unica lezione che ha appreso dai carnefici responsabili della Shoa.

Oggi più che mai siamo convinti che Rachel non sia morta invano: anche grazie a persone come lei, che frapposero i propri fragili corpi disarmati ai carri e ai bulldozer, due anni dopo la morte di lei vennero ritirati i militari dalla Striscia di Gaza e poco dopo la stessa casa che Rachel aveva tentato di proteggere venne ricostruita.

Centro per la Pace e la Nonviolenza “Rachel Corrie” – Ovada

 

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