Tra le nebbie del Libro bianco spuntano le luci di Dpef e Tesoretto


Michela Trigari


Il commento di Giulio Marcon, membro del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) e portavoce della Campagna Sbilanciamoci.


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Tra le nebbie del Libro bianco spuntano le luci di Dpef e Tesoretto

Spuntano due fari nella notte della spesa italiana per la cooperazione allo sviluppo. Sono quelli del nuovo Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) e del “Tesoretto”, che vanno a rischiarare le coltri di nebbia dell’ultimo Libro bianco sulle politiche pubbliche in materia di cooperazione internazionale. Il commento di Giulio Marcon, membro del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) nonché portavoce della campagna Sbilanciamoci.

Marcon, che cosa ne pensa del Documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2011?
E’ senz’altro migliore del precedente, soprattutto per quanto riguarda la parte internazionale e quella relativa alla cooperazione allo sviluppo. L’impegno del governo è in crescita e comunque conforme alle promesse fatte finora. Ora aspettiamo che questa dichiarazione di intenti si traduca in qualcosa di concreto, vista la brutta esperienza del 2003. Ma vanno ricordati positivamente anche i 260 milioni di euro che il Tesoretto ha destinato al Fondo globale per la lotta all’Aids.

Quali sono i risultati dell’ultimo Libro bianco sulle politiche pubbliche di cooperazione allo sviluppo?
Bilanci illeggibili e poco trasparenti. Nel nostro Paese esiste un buco nero che rende difficile valutare quanto l’Italia spenda effettivamente per la cooperazione. Per l’aiuto pubblico allo sviluppo si attivano una moltitudine di soggetti tra ministeri e altre istituzioni, ma senza coordinamento, mentre il Ministero degli Affari esteri (cui dovrebbe far capo la politica attiva di cooperazione in base alla legge 49/87) gestisce non più del 25% delle risorse: gli altri fondi vengono dispersi in altri canali. In questi anni inoltre l’Italia ha speso, per l’aiuto multilaterale, più del doppio (cioè il 60% dell’intero bilancio) di quanto abbiano fatto gli altri paesi Ocse: questo significa non essere in grado di effettuare direttamente gli investimenti.

Cosa auspicate dalla riforma della legge 49/87, che disciplina la cooperazione internazionale in Italia?
Ci aspettiamo un rilancio politico della cooperazione allo sviluppo che dia autonomia gestionale al nostro Paese, la creazione di un’agenzia apposita, la nascita di un fondo unico e, ancora, che si rinnovino quello spirito e quella filosofia al servizio della pace, dei diritti umani e della solidarietà tipici della cooperazione internazionale, che deve cessare di essere (come a volte è) al servizio degli interventi militari e dell’economia italiana.

 

Il prossimo 4 luglio si terrà a Roma la presentazione della III edizione del Libro bianco sulla cooperazione allo sviluppo preparato dalla campagna Sbilanciamoci! Come ogni anno il rapporto analizza quante risorse vengono destinate (e come vengono utilizzate) all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), il funzionamento della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo, il rispetto degli obiettivi internazionali, l’aiuto umanitario.

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