Sri Lanka, il viaggio nel nome di Francesco


Roberto Pacilio - sanfrancescopatronoditalia.it


Siamo partiti in tre siamo tornati in migliaia.


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Dall'altra parte del mondo: 10.000 km di distanza, 25 ore di volo, 5 aerei e 14 ore di auto. Sono i numeri del nostro viaggio di un giorno in Sri Lanka, ma sono anche i numeri che abbiamo deciso di affrontare per toccare con mano quanto avevamo e quanto aveva fatto la solidarietà degli italiani. La raccolta di fondi promossa in occasione dell'evento di solidarietà che da 11 anni portiamo avanti è concretezza, speranza, vita per tantissime persone che da lontano necessitano di aiuti e che molte volte sono dimenticati da chi non riesce a guardare neanche dalla finestra del proprio appartamento.

L'arrivo
Arriviamo a Colombo, la capitale dello Sri Lanka, alle 18.30: il caldo è pesante, il cielo nero cupo, ma la gente che ci sfila di fianco è sorridente e desiderosa di abbracciare il proprio caro in arrivo all'aeroporto. La prima persona che incontriamo è un poliziotto della dogana che dopo aver chiesto la nostra provenienza e aver notato il Tau che indossavamo inizia a ridere e a chiamare i suoi colleghi, naturalmente rimaniamo di sasso e senza parole, quasi non capiamo.
"Siete di Assisi? Francescani?" – domanda il doganiere – alla nostra risposta affermativa il poliziotto ci spiega che è affascinato dalla figura di Francesco e che anche lui ha una croce simile al Tau. "Buon inizio" ci diciamo e dopo aver regalato una penna della Basilica di San Francesco (era l'unica cosa che avevamo al momento nel nostro bagaglio a mano) ci dirigiamo all'uscita dove ci attendono il Nunzio Apostolico Mons. Spiteri e il direttore della Caritas dello Sri Lanka, Fr. George.

L'accoglienza
Incontriamo il Nunzio. da subito avvertiamo che è una persona ospitale, profonda e cordiale…proprio una persona amabile, di quelle che quando le incontri nel tuo cammino difficilmente passano senza lasciarti qualcosa. Subito entriamo in macchina e senza prender fiato ci dirigiamo a Dambulla a circa 3 ore e 30 minuti dall'aeroporto. Ci guardiamo intorno e il nostro volto riflesso nei finestrini delle macchine esprime la sorpresa per un mondo che già dai primi chilometri ci mostra una realtà lontana anni luce da quella che viviamo ogni giorno. La stanchezza si fa sentire e a volte la nostra testa cade giù come un pero secco, ma fortunatamente la guida spericolata degli srilankesi ci riporta dritti e attenti sulla strada che stavamo percorrendo e "vivendo".

Il traffico
Traffico, buche, strade fantasma, fari abbaglianti, indicatori stradali improvvisati e clacson ci conducono finalmente al nostro alloggio immerso nella natura tra scimmie e uccelli di ogni tipo. Mangiamo alcuni piatti tipici del luogo e scambiamo quattro chiacchiere con il direttore della Caritas, una persona di gran cuore, e il Nunzio sul nostro viaggio e su quello che andremo a vedere l'indomani. Desiderosi del nuovo giorno e 'impauriti' del programma fittissimo ci addormentiamo carichi di quei volti incrociati sulle strade, tutti con sguardi e mani tese verso un bene atteso.

Religioni e culture diverse
Al mattino il sole splende forte, l'odore della terra e della natura che ci circonda è di quelli che non dimentichi facilmente. L'auto è pronta davanti all'albergo, il tempo di sistemare le attrezzature video, ci sediamo e macchina fotografica alla mano iniziamo a scattare una quantità di foto industriali. Ogni cosa o persona che incrocia il nostro sguardo diventa oggetto/soggetto di interesse. Buddisti, musulmani, indù, cingalesi, lavoratori, bambini che vanno a scuola, templi, scimmie, risaie…tutto attira la nostra attenzione e rimaniamo positivamente colpiti da come riescano a convivere religioni e culture così diverse. Trovare a pochi passi uno dall'altro una cappella cristiana e un tempio buddista ti lascia a bocca aperta, eppure qui le 'contaminazioni' le convivenze sono all'ordine del giorno, sono la realtà, la normalità.

Lo Sri Lanka
"In Sri Lanka i rapporti con le altre religioni – buddisti, indù e musulmani – sono sempre stati buoni eccetto qualche momento di tensione negli anni delle rivolte di 30/40 anni fa legate anche al conflitto civile che ormai è finito da 4 anni. Dopo la fine del conflitto – ci dice Mons. Spiteri – si lavora tutti insieme per la riconciliazione nel paese e in questa fase gioca un ruolo importante la religione. Proprio perchè è possibile condividere il rispetto della vita e dell'altro visto come fratello e sorella. Questo è l'impegno dei cristiani e dei leader della altre religioni. Abbiamo naturalmente bisogno anche dell'appoggio di fratelli e sorelle che sono negli altri paesi come il Sacro Convento di Assisi che permette di riconciliare il nord e il sud e le diverse etnie del paese. Per questo un ringraziamento particolare va ai frati della Basilica di San Francesco e a tutti gli italiani che hanno contribuito a realizzare il sogno di tante persone che vivono in questo Paese".

Una guerra durata trent'anni tra Cingalesi e Tamil. Case, biciclette e sorrisi per ripartire
Trenta anni di guerre hanno spezzato l'anima di questo paese, l'anima di queste persone, ma non la voglia di rinascere. Abbiamo donato case a chi aveva come tetto una baracca fatta di fango e lamiere; abbiamo donato biciclette per andare a scuola a chi aveva ormai abbandonato la speranza di avere un'istruzione; abbiamo donato sorrisi a chi non ne vedeva uno da anni; abbiamo donato abbracci a chi aveva ancora i segni della guerra e delle bombe sul proprio corpo. Una rivoluzione, quello dello Sri Lanka , durata quasi 30 anni. Un paese segnato da una lunga ed aspra guerra civile sprigionatasi alla metà degli anni ‘80 da tensioni etniche fra la maggioranza Cingalese e la minoranza Tamil nel nord-est del Paese. Più di 25 anni di violenze hanno portato alla morte di circa 70.000 persone. Sull’ultima fase della guerra civile, nel 2008-2009, esperti dell’Onu hanno chiesto di aprire un’inchiesta internazionale per violazioni dei diritti umani commesse dalle due parti. Il conflitto ha fortemente danneggiato l’economia del Paese, e uno dei suoi settori più importanti, il turismo, ma le persone da queste parti sono forti.

I loro volti, le loro domande, il loro affetto ha 'trafitto' il nostro cuore
Essere accolti con ghirlande di fiori, banda musicale, studenti, abbracci e saluti non è una cosa da tutti i giorni. Abbiamo visitato: le loro case…fango, mattoni e paglia; le loro cucine…due mattoni e un tizzone ardente a riscaldare l'unico pasto della giornata; le loro camere da letto…materasso a terra e panni stesi. Una delle cose che più ci ha colpito sono stati i loro volti, i loro sguardi un mix di sentimenti che ti arrivano dritto al cuore: speranza di rinascita, di tornare a vivere, ma anche terrore di rivivere il passato.

Le tappe
Ci dirigiamo a Omanthai, zona Tamil e cuore della rivoluzione, incontriamo in un villaggio il Vescovo di Mannar, Mons. Rayappu Joseph, e circa 70 vedove di guerra e lì ascoltiamo il racconto di una di loro, 35 anni, il braccio martoriato dalle schegge di una bomba e un figlio da accudire e crescere: "Per anni ho vissuto sulla mia pelle e nel mio cuore il peso della disperazione, il terrore dei colpi di mortaio e i lampi di fuoco che si avvicinavano…".
Ci rechiamo in un villaggio distante pochi km, ma lungo la strada decidiamo di fermarci a salutare una famiglia, madre e tre figlie, alla quale abbiamo donato una bicicletta per recarsi a scuola…inutile dire la felicità e la gioia visibile nei loro volti e nei nostri cuori.
Arrivati al villaggio veniamo accolti con ghirlande di fiori, con un 'banda musicale' e da tantissimi bambini e famiglie del luogo, qui avviene la distribuzione delle biciclette ai ragazzi ex-profughi di guerra celebrata con riti e danze locali. Qui abbiamo avuto modo di parlare e ascoltare i bambini presenti e quando abbiamo chiesto ad uno di loro se fosse sicuro di usare la bici solo per andare a scuola e non per portare in giro la fidanzatina ci ha risposto con un sorriso.
I tempi sono serrati e decidiamo di ripartire alla volta di Vavuniya (dove sono presenti tutti i gruppi etnici e religiosi) qui incontriamo le suore del posto e dopo aver vissuto la celebrazione eucaristica pranziamo con piatti tipici dello Sri Lanka. Il pasto è semplice e veloce a tal punto che in un batter d'occhio siamo di nuovo sulle nostre auto direzione Mihintale, zona Sinhalese, per la consegna di una delle case costruite con le donazioni dell'evento di solidarietà che ogni anno facciamo ad Assisi. Incontriamo il Vescovo di Anuradhapura, Mons. Norbert M. Andradi, e le famiglie che hanno ricevuto le nuove case, in zone rurali devastate dalle inondazioni. Le case che abbiamo donato sono semplici ed essenziali il capo famiglia ci conduce, tenendoci per mano, nella sua vecchia casa, una baracca di lamiera e paglia, e con un sorriso carico di sofferenza e gratitudine ci dice: "non avremmo mai potuto permetterci una casa nuova, non sarebbe bastato il lavoro mio, di mia moglie, dei miei figlie e dei miei nipoti. Oggi ci avete regalato un sogno, ma soprattutto ci avete ridato la nostra dignità".
Ultimo incontro con la comunità diocesana di Chilaw di Mons. Valence Mendis, che aveva assistito all'evento "Con il cuore", che si trova sulla strade del rientro in una delle zone piu' cattoliche dell'isola.

Il ritorno
Un viaggio che diventa preghiera nel cuore della notte sulla tomba di San Francesco per un giorno di luce atteso da milioni di persone. Partiti in tre siamo tornati in migliaia. Tra occhi lucidi, carezze e semplici sorrisi portiamo a casa un'esperienza che ci ha lasciato senza fiato e che ci ha permesso di toccare con mano la vita e la voglia di non fermarsi. Noi continuiamo ad andare avanti, se vi va, fatelo con noi.
Chi soffre non è poi così lontano.

Fonte: http://www.sanfrancescopatronoditalia.it
18 maggio 2013

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