Poligoni militari in Sardegna, il Pd ne chiede la chiusura


Monia Melis - Il Fatto Quotidiano


Questo il contenuto di una mozione del senatore Scanu. Se la proposta dovesse passare verrebbe rivoluzionato il contrastato rapporto della Sardegna con l’ingombrante presenza delle basi militari.


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Poligoni militari in Sardegna, il Pd ne chiede la chiusura

Per la Sardegna la richiesta è storica: chiudere e smantellare due dei tre poligoni e riconvertire il terzo, il più esteso, quello sperimentale interforze del Salto di Quirra. Dove, nel sud ovest dell’isola, gli eserciti stranieri e le multinazionali testano armi innovative: quella stessa base nota per l’inchiesta giudiziaria e per il tasso sospetto di morti di tumore e leucemie. Il proposito più volte caldeggiato dalle associazioni ambientaliste e dai comitati popolari arriva questa volta dal senatore Pd Gian Piero Scanu. Una proposta contenuta in una mozione che sarà presentata questa settimana a palazzo Madama. E che, se approvata, rivoluzionerebbe il contrastato rapporto della Sardegna che dura dagli anni ’50 con l’ingombrante presenza delle basi. Una presenza che copre l’80 per cento delle servitù militari nazionali, pari a 35mila ettari. Aree in cui puntualmente è vietata la pesca e dove le cooperative locali sopravvivono grazie agli indennizzi dello Stato e non per il loro lavoro. “Un’inaudita sproporzione per una sola Regione – afferma il senatore Scanu- da qui la richiesta di chiudere due basi. Niente di particolarmente impegnativo per il governo tecnico, anzi in linea. Sarebbero così ridotte le spese militari senza incidere sull’operatività della Difesa”.

L’idea del senatore Scanu è quella di far chiudere il poligono di Capo Frasca, in provincia di Oristano, e quello di Teulada, nell’estremo capo a sud della Sardegna. Il primo è sede di un distaccamento militare utilizzato dall’aeronautica e dalla marina militare italiana, tedesca e dalla Nato e occupa circa 14 chilometri quadrati distribuiti tra sei comuni oltre al territorio a mare che confina anche con un’area marina protetta. Il secondo si trova nel Sulcis, e lì da qualche tempo un comitato ha iniziato a fare la conta degli ammalati e delle morti sospette tra gli abitanti del piccolo centro di Teulada. Qui la base è arrivata nel ’56 ed è stato installato il secondo poligono d’Italia (7mila ettari di demanio militare) per esercitazioni di terra, aria e mare. Il degrado ambientale è grave anche qui, secondo Scanu che cita il poligono Delta all’interno dell’area “interdetto anche al personale della base e giudicato non bonificabile dalle autorità militari”.

Da qui sia gli allarmi sociali, sia i limiti delle prospettive alternative di sviluppo economico. Che non sono arrivate nemmeno nell’isola della Maddalena dopo l’addio degli americani nel 2008 alla loro base per sommergibili nucleari.

Il poligono sperimentale inteforze di Quirra. Per la base più estesa d’Europa (13.400 ettari) e nota per l’omonima sindrome la mozione prevede non la chiusura ma la conversione. Ossia il ripristino della sua destinazione originaria come luogo per la “ricerca tecnico-scientifica” e la sua riqualificazione ambientale, che significa bonifica. Tra Perdasdefogu e Villaputzu, i due centri maggiormente coinvolti, il ricatto occupazionale è particolarmente doloroso. Con le varie fasi dell’inchiesta giudiziaria del procuratore Fiordalisi si sono create spaccature tra gli stessi abitanti. Chi teme per la salute e chi per la busta paga. Oltre ai militari nelle due sedi lavorano i civili della multinazionale Vitrociset che supportano le sperimentazioni.

Ed è proprio su questi che punta il fisico Fernando Codonesu attualmente consulente della Comissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito di cui il senatore Scanu è membro: “Non ci possiamo permettere la chiusura e basta. Servono le bonifiche e un impegno per la ricerca nel campo aerospaziole, nell’elettronica e radaristica. Così si avrebbero nuovi posti di lavoro al di là dei 500 tra diretti e indiretti”. Nessuna conseguenza economica negativa, dice Scanu: “Semmai il contrario perché solo i posti di lavoro che le bonifiche saranno in grado di produrre costituiranno un grande vantaggio per i territori interessati”. Perché l’inquinamento c’è ed è grave, Codonesu ha curato per conto della Difesa, il piano di caratterizzazione sul Pisq di Quirra. “Sono circa mille gli ettari gravemente compromessi da metalli pesanti come piombo, cadmio più le sostanze radioattive come il torio – dice – per il resto il territorio si può sfruttare anche per il pascolo nelle aree di uso civico, come è successo finora”. Ma i soldi per le bonifiche? “Basterebbe che il governo rinunciasse a qualche aereo militare, i noti, F35 e si troverebbero i fondi”. L’ennesimo risarcimento da attendere.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/
5 Marzo 2012

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